C’era una volta l’Annunziata, per tutti i cosentini semplicemente u Spitali. Un simbolo dell’emancipazione sanitaria di un’intera provincia: lo spartiacque tra il sapere empirico di un tempo, la medicina popolare, e la nascente medicina moderna. La storia moderna dell’Annunziata comincia nel 1936, quando a Cosenza iniziarono i lavori del nuovo edificio ospedaliero destinato a sostituire le vecchie strutture ormai inadeguate. Tre anni dopo, nel 1939, l’opera fu completata e inaugurata con il nome di Ospedale Principe di Napoli. E per quanto all’inizio si presentasse come un piccolo nosocomio che accoglieva poveri, infettivi e partorienti, e i malati venivano portati su carretti trainati da muli, la costruzione du Spitali fu accolta dai cosentini come un presidio di salvezza.
Erano gli anni in cui si moriva per una polmonite, se non eri già morto in guerra, e l’accesso alle cure e ai farmaci era roba da ricchi. Trovare anche un minimo di conforto medico, per i tanti che erano ancora costretti a rivolgersi alle magare per curarsi, fu un momento di liberazione — una liberazione sanitaria che, simbolicamente, accompagnò anche quella dal nazifascismo.
Con la ricostruzione, anche Cosenza — tra fame e speranze — cominciò a scoprire la modernità: l’acqua nelle case, la corrente stabile, i primi “postali” che permettevano gli spostamenti. U Spitali cresceva con la città, un mattone alla volta: piccoli reparti iniziavano a prendere forma con la presenza di qualche medico “specializzato”. E anche se la gran parte delle cure avveniva ancora in pochi e scarni ambulatori, e il medico condotto restava l’unico punto di riferimento sanitario per quasi tutti, la presenza dell’ospedale cominciava a cambiare il modo stesso di percepire la malattia: dal mistero delle formule magiche e dei decotti alla concretezza della scienza.
Con l’arrivo del boom economico l’Annunziata avviò un gradualissimo adattamento alle nuove esigenze sanitarie pubbliche: maggiori infermerie, l’introduzione di reparti specializzati e un incremento dell’attività medico-chirurgica, diventando sempre più il cuore della sanità cosentina, e trasformandosi — lentamente ma inesorabilmente — da luogo di assistenza e carità in una vera struttura pubblica di cura.
Il salto definitivo arrivò nel 1978, con la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, che segnò la fine dell’assistenza per pochi e l’inizio del diritto alla salute per tutti. Fu per tutti l’alba di una nuova era: lo Stato che si prendeva finalmente cura dei suoi cittadini, la medicina pubblica come garanzia di uguaglianza. Da quel momento, l’Annunziata divenne il principale punto di riferimento sanitario dell’intero territorio, accogliendo pazienti da ogni angolo della provincia. Per qualche anno sembrò davvero che le cose potessero cambiare, che la sanità pubblica diventasse il simbolo di uno Stato vicino ai cittadini. Poi, lentamente, quella promessa cominciò a sbiadire. Quello che doveva essere l’espressione più alta di uno Stato giusto e solidale finì per trasformarsi nel più lucroso affare della politica corrotta — un sistema in cui le cure divennero merce e i malati, numeri. L’Annunziata fu presto assorbita dalle logiche delle clientele politiche: infornate di raccomandati, appalti truccati, forniture gonfiate, speculazioni di ogni tipo. Le prestazioni sanitarie iniziarono a non essere più un diritto, ma un favore da restituire — e, per molti, una fonte di profitto: lauti utili per i faccendieri della sanità.
Corsie e uffici cominciarono a riempirsi di medici scelti più per appartenenza che per merito, e ogni reparto divenne un piccolo feudo da presidiare, utile solo ai politici più che ai pazienti. Da simbolo di emancipazione sanitaria, u Spitali diventò presto l’incubo dei cosentini. Spogliata di ogni dignità clinica e medica, l’Annunziata iniziò ad ammalarsi: reparti fatiscenti, attese infinite, pazienti smarriti, barelle parcheggiate nei corridoi, ambulanze in fila con i pazienti a bordo per ore, infermieri stremati e primari più devoti al “sistema” che al giuramento di Ippocrate. Una malattia accompagnata da una lenta agonia che non ha trovato alcuna cura. Ed oggi, dopo essere stata spolpata, umiliata, offesa, vilipesa, l’Annunziata ha cessato di esistere. E al suo capezzale oggi piangono proprio coloro che ne sono stati la causa: chi ha contribuito al suo abbrutimento e chi ha alimentato la sua nomea — quella di un luogo di sofferenza più che di cura.
Una reputazione che non nasce dal nulla, ma da esperienze vissute e condivise: racconti di parenti, notti passate nei corridoi, episodi di malasanità che non si contano più. Non sono dicerie, ma ferite collettive: storie che hanno trasformato u Spitali da speranza di cura a emblema della corruzione. Ma le colpe non stanno solo nei palazzi. Per anni, i cosentini hanno tollerato e perfino alimentato il saccheggio della sanità, garantendo con il voto i posti di potere proprio a chi ha succhiato il sangue dell’Annunziata — e non solo, ovviamente — fino all’ultima sacca. E tutto questo nonostante disfunzioni croniche, attese infinite, mancanza di cure adeguate e un degrado sotto gli occhi di tutti. È solo oggi, che siamo ridotti a sopravvivere in un sistema che non cura e che ci costringe a rivolgerci alla sanità privata a pagamento, che ci accorgiamo di quanto sia tutto uno schifo. Se hai i soldi ti curi, altrimenti arrangiati. La sanità convenzionata è la nuova frontiera dell’intrallazzo, il nuovo Eldorado per chi da anni lucra sulla disperazione e fa affari sulla sofferenza. Dopo aver spolpato fino all’osso la sanità pubblica, corrotti e marpioni hanno spostato il business tra cliniche, laboratori, cooperative e centri diagnostici privati. Una miniera d’oro che oltre a spennare il Sistema Sanitario Nazionale, spenna anche il cittadino. Tutto questo è il “giusto prezzo” che i cosentini stanno pagando per anni e anni di indifferenza, di silenzi e di voti dati al peggiore offerente. Chi è causa del suo male, pianga se stesso.
Ora che l’Annunziata non c’è più, non resta che sperare nella nascita del nuovo Spitali, capace di restituire ai cosentini la fiducia che l’Annunziata seppe dare quando venne costruita. E se nascerà a Rende, ben venga — purché serva a curare le persone, e non le carriere o gli interessi di chi ci metterà piede, nella speranza che non faccia la stessa fine dell’Annunziata: logorata dai poteri corrotti e tradita da chi doveva salvarla. E comunque vogliano chiamarlo — nosocomio, ospedale, policlinico o centro di cura — per i cosentini resterà sempre u Spitali. Con buona pace dell’Annunziata che dopo tanta sofferenza forse merita finalmente di riposare in pace.









