Cosenza. Chi è Antonio Molinari, ricco e potente boiardo di stato legato a doppio filo a Occhiuto

La procura di Cosenza ha affidato all’ingegnere Fausto Carelli Basile l’incarico di coordinare gli accertamenti tecnici irripetibili disposti sulla Volkswagen Up finita fuori strada dai pm Donatella Donato e Mariangela Farro dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di Mario Molinari con l’ipotesi di reato di omicidio stradale per il presunto incidente del 25 agosto a Lorica costato la vita alla giovane cosentina Ilaria Mirabelli

L’ingegnere Fausto Carelli Basile ha ormai una collaudata esperienza nel campo ed è stato incaricato più volte dalla procura nel ruolo di Ctu e in molte circostanze il suo lavoro – come per esempio nel caso di un complicato incidente a Rogliano – è stato determinante per stabilire chi fosse alla guida delle auto coinvolte negli incidenti. E anche in questo caso il primo quesito posto dai pubblici ministeri era proprio quello di chiarire se a guidare la Volkswagen Up di proprietà di Antonio Molinari fosse il figlio Mario oppure Ilaria Mirabelli. L’ingegnere Carelli Basile ha esperienza anche nel campo della decifrazione dei dati delle centraline air bag e di altri dati sensibili che si possono tirare fuori dalle autovetture danneggiate.

La famiglia di Ilaria Mirabelli ha nominato come consulente l’ingegnere Fabrizio Coscarelli, esperto in infortunistica stradale, che ha già collaborato con una sua perizia alla formulazione della denuncia contro Mario Molinari. La famiglia di Molinari invece ha nominato l’ingegnere Angelo Costa, che non ha una particolare esperienza nel campo ma evidentemente gode della fiducia dei familiari dell’indagato.

L’ingegnere Carelli Basile, unitamente ai medici legati Bernardo Cavalcanti e Vannio Vercillo, ha depositato il 17 dicembre 2024 la perizia tanto attesa, che ha dato i risultati sperati dalla famiglia di Ilaria: a guidare l’auto, di proprietà del padre, era Mario Molinari e non Ilaria Mirabelli. Ma abbiamo dovuto attendere ancora un mese e mezzo prima che le pm si decidessero – bontà loro – a chiedere l’arresto di Molinari. E adesso chissà quanto aspetteremo perché la procura dichiari chiuse le indagini preliminari… D’altra parte Mario Molinari non è uno qualsiasi, è il figlio di Antonio Molinari, professione boiardo di stato. 

CHI E’ ANTONIO MOLINARI 

C’è una presenza incombente sul luogo del presunto incidente del 25 agosto a Lorica, che è costato la vita a Ilaria Mirabelli. Una presenza che si manifesta fin dai primi momenti successivi ai fatti. Mario Molinari chiama subito suo padre Antonio, che per quanto se ne sa accorre subito a Lorica per verificare quanto è accaduto. Non passa molto tempo ed ecco che si manifesta al suo fianco un’altra presenza incombente, quella del vicecomandante della stazione dei carabinieri di San Giovanni in Fiore, Luca Pagliara. Non possiamo sapere cosa si siano detti e magari cosa abbiano fatto, ma sappiamo per certo che dalle 16,15-16,30 e fino alle 18,20 la scena del presunto incidente è dominata dal carabiniere, che evita qualsiasi tipo di rilievo e misurazione e non scatta neanche le foto rituali. Che invece verranno scattate dagli uomini dell’Anas arrivati due ore dopo. Antonio Molinari e Luca Pagliara sono senza dubbio i “grandi registi” delle ore immediatamente successive al fattaccio di Lorica. E se abbiamo iniziato a raccontare le “prodezze” di Pagliara, è arrivato il momento di delineare il profilo di Molinari padre.

CHI E’ ANTONIO MOLINARI, RESPONSABILE DEL SETTORE FINANZIARIO DELLA PROVINCIA E DIRETTORE GENERALE A 150 MILA EURO ALL’ANNO

Antonio Molinari, classe di ferro 1950, è un uomo molto potente a Cosenza. Laureato in Scienze Bancarie ed Amministrative con Master di Formazione in Management e Strutturazione della Leadership Trasformazionale (Livello2) tenuto dalla Gemut Consulenza e Formazione, ha al suo attivo un lungo e prestigioso curriculum ed una serie di esperienze di grande qualità e professionalità. Al culmine della sua carriera i poteri forti cosentini lo scelgono per un incarico di spessore: Molinari è a lungo responsabile del settore finanziario della Provincia di Cosenza, direttore della Ragioneria per dirla in maniera più semplice e dalla sua scrivania passano molte pratiche importanti e finanziamenti di livello. Molinari è tenuto in massima considerazione dal potere politico e nel 2011 diventa direttore generale della Provincia di Cosenza nominato dall’allora presidente dell’ente, Mario Oliverio, con il quale ha un rapporto privilegiato e di reciproca stima.

Tra le tante attività da lui svolte, quelle di presidente e componente di diverse commissioni di Gara e Concorsi, relatore e formatore in vari convegni e seminari su tematiche di contabilità e gestione (Patto di Stabilità, Controllo di Gestione, Finanziaria, eccetera). In sostanza, Molinari gode di grande stima negli ambienti economici e finanziari interni ed anche esterni alla nostra regione e non solo alla provincia di Cosenza. Del resto, la sua posizione gli consente guadagni molto elevati. Guardare per credere. Oltre 150 mila euro all’anno: siamo ai livelli dei nababbi…

LA CHIACCHIERATA ASSUNZIONE DI MARIO MOLINARI ALLA PROVINCIA

E risale proprio al periodo immediatamente successivo alla sua nomina a direttore generale della Provincia la chiacchieratissima assunzione del figlio Mario nell’ente provinciale ovviamente avallata da Mario Oliverio ma ispirata dal paparino che ha bisogno di sistemare il rampollo. Il contratto a tempo determinato con il quale era entrato qualche anno prima diventa contratto a tempo indeterminato in circostanze tutt’altro che chiare e a dirla tutta anche illegittime sulle quali, ai tempi, ci furono anche denunce e polemiche politiche, sollevate dagli oppositori di Oliverio. Fu l’allora assessore provinciale Ferdinando Aiello a forzare la mano per conto di Oliverio “scavalcando” in maniera clamorosa e spregiudicata la dirigente che si rifiutava di firmare ed entrando addirittura con la sua password e in sua assenza nel computer per portare a termine il “blitz“. Un argomento che merita un approfondimento particolare e che non mancheremo di analizzare. Anche perché è un’altra prova del “potere” di Molinari sulla procura di Cosenza che ovviamente insabbiò il tutto nonostante la circostanziata denuncia della dirigente.

Oggi, a circa 10 anni di distanza, Mario Molinari continua a lavorare alla Provincia ed è inquadrato nel settore della Previdenza, per come è facile documentare, con un lauto stipendio assicurato non certo dalle sue capacità ma dalla potenza del paparino… Questi sono i “profondi” principi della Cosenza bene. 

MOLINARI A PALAZZO DEI BRUZI CON OCCHIUTO 

Alla fine del 2014, quando Oliverio diventa presidente della Regione, Molinari lo segue al leggendario decimo piano della Cittadella e resta al suo fianco da dirigente e con guadagni ancora maggiori fino al 2016, quando matura la pensione e inizia un nuovo percorso, che lo porterà nelle stanze dei bottoni del Comune di Cosenza nella qualità di capo di gabinetto del sindaco Mario Occhiuto, con il quale instaurerà un rapporto simile a quello che aveva con Mario Oliverio. La celeberrima legge Madia gli consentirebbe di restare solo per 6 mesi ma Mario il cazzaro aggira agevolmente gli ostacoli e lo tiene al suo fianco fino a quando, a ottobre del 2019, viene dichiarato il dissesto finanziario e i collaboratori dello staff del sindaco vengono cacciati da Palazzo dei Bruzi.

Se ne andranno via una ventina tra dirigenti esterni e consulenti dello staff del sindaco: Giuseppe Nardi, Francesco Converso, Giovanni De Rose, Giampaolo Calabrese, Mario Campanella, Angela Carbone; Roberta Santelli; Luigi Vircillo; Eva Catizone; Roberto Albano; Vincenzo Pezzuto, Emanuela Gagliardi, Federico Totera, Marcello Falbo, Massimo Bozzo, Giuseppe De Rose, Antonio Molinari, Iole Perito. Non era più possibile garantire stipendi luculliani (per Molinari circa 170 mila euro all’anno) ai clienti del sindaco…

MOLINARI… A TITOLO GRATUITO

Ma Occhiuto aveva deciso che la collaborazione con Molinari doveva andare avanti e anche in questo caso gli aneddoti rasentano il grottesco. Il consiglio comunale di Cosenza non aveva ancora preso atto del dissesto finanziario a ottobre 2019 che già i primi effetti si registravano, soprattutto sul fronte dei fornitori. Molti fornitori sapevano bene che sarebbero stati “bruciati” e così qualcuno aveva pensato di andarsi a prendere la merce fornita, almeno fino a quando era possibile.

È il caso di una impresa di arredi di Aprigliano che su  richiesta dell’amministrazione Occhiuto aveva fornito una serie di arredi all’ufficio tecnico. Una fornitura della quale, tra l’altro, non c’è traccia nelle carte. A gestire l’acquisto proprio il capo gabinetto del sindaco, Antonio Molinari… Negli articoli dell’epoca lo definivamo “una vecchia conoscenza della burocrazia di potere cosentina. Ai tempi di Oliverio alla Provincia, infatti, fu uno stretto collaboratore del Governatore, successivamente invece, passato armi e bagagli alla corte del primo cittadino bruzio…”. Sembrava che Mario Occhiuto volesse recuperare Molinari con una nomina in giunta ad assessore al Bilancio, ma gli venne invece un’altra idea.

DICEMBRE 2019 L’ultima chicca del sindaco di Cosenza è la nomina “a titolo gratuito” di Antonio Molinari, pensionato, già super dirigente alla Provincia di Cosenza e capo di gabinetto di Occhiuto al Comune di Cosenza. La lettera di nomina porta la data del 18/11/2019 prot. 089809, dove si prevede il “rimborso delle spese, autorizzate e comprovate” per missioni o altro. Insomma il lupo perdeva il pelo ma non il vizio e insieme alla complicità del Segretario Generale aveva “confezionato” un’altra “boiata amministrativa” che non faceva altro che aggravare la già precaria situazione finanziaria dell’Ente. Insomma Antonio Molinari, che era uscito dalla porta perché decaduto, era rientrato dalla finestra perché ripescato dal cazzaro.

La nomina, fatta ad una settimana dalla delibera di dissesto, era stata giustificata per l’enorme mole di lavoro a cui il Comune e il sindaco devono far fronte. Tutte le condizioni possibili e immaginabili però non giustificavano la nomina.

LA NOMINA ILLEGITTIMA

Una sentenza chiara molto recente della Corte dei Conti recitava: “Dunque, pur comprendendo le istanze dell’Ente, deve ribadirsi che la disciplina generale in merito alla gestione del personale pubblico è informata e plasmata da principi sistematici tali che non consentono l’utilizzo di personale a titolo gratuito, quali quelli sopra espressi, legati alla tutela della dignità del lavoro e al rispetto della normativa generale in materia, oltre che alla necessità di evitare l’esposizione degli enti pubblici a rischi legali e di contenzioso e, quindi, finanziari per le ricadute sul bilancio in caso di soccombenza (cfr. SRC Campania n. 213/2015/PAR_9/11/2016 n. PAR/244/2016)”.

Una delle motivazioni previste nella “letterina” del cazzaro, e qui si sfiorava il ridicolo, era la possibilità prevista dalla delibera della Giunta del Comune di Cosenza n. 77 del 24/06/2011 che prevedeva “la nomina del Capo Gabinetto” e di “collaboratori di comprovata fiducia e in possesso di specifici requisiti personali e professionali, potrà avvalersene, nelle forme di legge, a titolo gratuito, al di fuori della suddetta dotazione”. Peccato che la Delibera n. 77 del 24/06/2011 sia tra quelle “incriminate” e quindi nulla, per aver creato un danno erariale da 800.000 euro! Morale della favola: Molinari restava con Occhiuto fino alla conclusione del mandato. E tutti vissero felici e contenti.

MOLINARI BOIARDO DI STATO

Antonio Molinari

Chi è allora Antonio Molinari? E’ un alto dirigente di ente economico pubblico, uno di quelli che vengono etichettati come boiardi di stato, i manager statali che esercitano un potere continuo e duraturo, che ha trapassato le ere geologiche dell’economia pubblica, della società e della politica italiana. Dalla Prima repubblica dei partiti, sono infatti trasmutati nella Seconda repubblica e sono arrivati fino a noi, uomini di primo rango del management con “dante causa” politici a seconda delle loro esigenze. Molinari, dunque, fa parte a tutti gli effetti di quella lobby di burocrati che si sono arricchiti a dismisura e hanno determinato il disastro delle casse degli enti nei quali hanno avuto modo di mettere le mani.

“Boiardo” è una parola ricca di storia, la cui radice si perde nella nebbia dei secoli, e che dipinge una figura ancora attuale.

‘Boiardo’, nell’ultimo millennio, è stato il nome di una variegata compagine di nobili slavi, specie latifondisti, che con alterne fortune ebbero incarichi amministrativi e militari nella più gran parte dei regni dell’est Europa. Nelle contingenze delle cronache storiche il boiardo indica di volta in volta una figura specifica: i boiardi della Bulgaria del X secolo erano aristocratici; nella Russia del XIV secolo erano alti funzionari; nella Romania del XIX, possidenti terrieri con una forte rappresentanza politica. Ma nell’uso attuale che si fa di questa parola non resta che una suggestione sintetica, in cui è distillato uno scorcio dei caratteri che nei secoli hanno accomunato, con una certa approssimazione, i boiardi.

Quando oggi si parla di ‘boiardo’, l’immagine che si vuole rendere è quella dell’amministratore pubblico ricco e potente, del dirigente posto incontrastatamente al vertice di organismi colossali. Una figura fin troppo consueta: perciò questa parola resta imprescindibile; perché indicare con spregio elegante questi personaggi aberranti, collocandoli al sommo di un immaginario elefantiaco, le segna e le inquadra al loro posto. Un buffo, caotico passato di regni e imperi.

I boiardi hanno attraversato in scioltezza prima, seconda e terza repubblica rimanendo sempre in piedi, diventando anzi sempre più forti grazie all’esperienza specifica in un mondo dove le regole del gioco non cambiano mai.

I boiardi sono i manager a cui i partiti politici consegnavano e consegnano ancora la gestione delle finanze che è stata fino a metà degli anni Novanta grande e potente come e forse anche più di quella privata.
Le cosiddette “partecipazioni statali” erano aziende di proprietà dello stato i cui manager prendevano ordini dai politici in modo formale, esisteva anche un apposito ministero delle Partecipazioni statali. L’idea che lo stato dovesse supplire all’inadeguatezza della borghesia industriale è stata di Benito Mussolini che negli anni ’30 fondò l’Iri.
Nel dopoguerra il regime democristiano ha sviluppato fino all’esagerazione il sistema: lo stato finanzia l’industria pubblica che genera primati tecnologici e industriali (per un bel po’ lo ha fatto), posti di lavoro (anche attraverso il salvataggio di aziende decotte, la cosiddetta irizzazione) e finanziamenti per i partiti. Il meccanismo è codificato.

Con “Mani pulite” la politica forte si dissolve, Andreotti finisce a processo per mafia, Craxi latitante in Tunisia, Arnaldo Forlani processato e condannato per il caso Enimont. E così i boiardi si trovano all’improvviso senza padrini politici, ma anche senza padroni. E paradossalmente sguazzano ancora di più. E tutti sanno che politici come Mario Oliverio e Mario Occhiuto hanno gestito milioni e milioni di euro e se si sono affidati entrambi al “boiardo” Molinari un motivo ci sarà stato e il “boiardo” se n’è avvantaggiato a più non posso arricchendosi in maniera smisurata come tutti i suoi colleghi, sia chiaro.

Perché la politica, passata dai leader della prima repubblica in mano dapprima a seconde linee inadeguate e poi a terze linee incapaci – e Oliverio e Occhiuto sono a tutti gli effetti seconde e terze linee – non ha più la capacità né la forza di dare ordini ai boiardi. Semmai chiede favori. E Molinari di favori ne ha fatti tanti, talmente tanti che tutti sanno a Cosenza quanto sia ricco e potente e in grado di far “chiovari e scampari” per ogni sua particolare esigenza. La politica è ai suoi piedi ma anche il sistema giudiziario e il porto delle nebbie di via Sicilia, dove la leggenda narra che sia già intervenuto con autorità, qualche tempo fa, per togliere il rampollo da un altro guaio simile a quello di oggi. Garantisce Molinari, il ricco e potente boiardo di stato legato a doppio filo a Oliverio e Occhiuto.