Cosenza, chi si nasconde dietro Giovanna Petrocca?

di Ferdinando Gentile 

Nonostante la forte presa di posizione dell’intera città, sindaco in testa, che ha bollato come assurda la multa inflitta agli attivisti del “Comitato Piazza Piccola”, responsabili, secondo la questura, di passeggiata abusiva nel centro storico, la dottoressa Petrocca, questore della città, invece di fare un leggero passo indietro con annessa mea culpa, fa un balzo in avanti e rilancia con un altro atto che dire vergognoso è dire veramente poco.

La sezione anticrimine della questura di Cosenza su pressione del questore Petrocca ha emesso due richieste di “sorveglianza speciale” nei confronti di due giovani attivisti cosentini, Jessica e Simone. I motivi esplicitati nella richiesta, per lo più pretestuosi, ricordano molto, le ordinanze “di confino” emesse dai tribunali fascisti nei confronti dei dissidenti, ed evidenziano, a questo punto e senza più ombra di dubbio, tutto l’astio, l’odio, e la voglia di vendetta del questore Petrocca, o chissà cos’altro, nei nostri confronti che, con le nostre denunce e pacifiche proteste abbiamo fortemente evidenziato lo scarso impegno della questura nei confronti dei reali problemi che attanagliano la città. E questo, come evidentemente dimostra il feroce accanimento nei nostri riguardi, ha creato non poco imbarazzo al questore che ha inteso, abusando del proprio potere, farcela pagare.

Ed infatti, e a riprova di questo oramai conclamato rancore, c’è da dire che la sezione anticrimine di Cosenza, passata alla storia della città come quella che faceva colazione con la malavita (vedi anni ottanta, novanta, duemila, e 2021), non emetteva una richiesta di “sorveglianza speciale” (generalmente applicata a pluripregiudicati malavitosi, socialmente pericolosi), da oltre 30 anni. E questo perché a Cosenza, come tutti sanno, di malavitosi pluripregiudicati in giro a chiedere tangenti, a strozzare famiglie, ad intrallazzare con la politica e le forze dell’ordine, non ce ne sono.

Cosenza, per il questore Petrocca, è un’isola felice, dove il massimo della malandrinaggine è espresso da due giovani studenti universitari impegnati nel sociale (Cosenza solidale, Terra di Piero, Prendocasa, Ambulatorio medico sociale, FEM.IN.) e per questa loro grave colpa, in mancanza di altri gravi reati, devono essere puniti. Creare coscienze critiche a Cosenza equivale a “sovvertire l’ordine costituito del sacro intrallazzo e della santa corruzione”, che devono regnare sovrane, e chi osa opporsi alla devota paranza, riceve la “visita” dei gendarmi al loro servizio. Stato e malaffare a Cosenza sono la stessa cosa.
Ora, la domanda che mi pongo, di fronte a questo ennesimo abuso di potere da parte delle istituzioni in questa che oramai pare essere una città a “statuto speciale” (stilato ad uso e consumo del malaffare), è questa: perché la dottoressa Petrocca ce l’ha così tanto con chi, seppur in maniera vivace, ma sempre pacifica, manifesta il proprio dissenso rispetto alla dilagante corruzione massomafiosa presente in città?

Mi permetto di suggerire alcune possibili risposte: forse perché è fascista e non ama il libero e pacifico dissenso? Oppure glielo ha ordinato qualcuno, tipo che so, i Morrone, i Gentile, iGreco, gli Occhiuto, il procuratore, i servizi segreti, qualche oscura lobby massomafiosa, il clero? O è solo antipatia nei nostri confronti?