Da poche ore Cosenza ha dato l’ultimo saluto a Giuseppe Milicchio, valente giornalista e impareggiabile radio-tele-cronista del Cosenza Calcio, che ha attraversato da grande protagonista almeno 50 anni di storia rossoblù. Lo stiamo ricordando degnamente e per come merita raccontando questa storia in diverse puntate. Prima gli anni Settanta, poi i primi anni Ottanta. Quindi la storica promozione in Serie B del 1988. E ancora il primo anno di quella Serie B attesa per 24 lunghissimi anni.
di Gabriele Carchidi
All’alba degli anni Novanta, Giuseppe Milicchio lascia Radio Cosenza Centrale e battezza l’ingresso nell’agone calcistico di Radio Sound Cosenza, l’emittente dei fratelli Amedeo e Carlo Pecora che a quei tempi si distingueva dalle altre per l’assenza degli speaker. Ma con Giuseppe si apre la strada alle voci e come sempre sarà un successo. E’ la stagione del celeberrimo spareggio di Pescara contro la Salernitana deciso dal leggendario gol di Gigi Marulla al 6′ del primo tempo supplementare. All’Adriatico c’eravamo tutti e la festa fu grande per la gioia di aver conservato seppure in extremis il patrimonio della Serie B e per ripartire con entusiasmo.
Per farvi capire qual era il clima mediatico intorno al Cosenza, all’inizio della stagione 1991-92 erano addirittura cinque le emittenti che trasmettevano le radiocronache delle partite del Cosenza. Radio Bisignano con Federico Bria, Radio Sound con Giuseppe Milicchio, Radio Cosenza Centrale con Osvaldo Morisco, Radio Queen con Franco Rosito e all’ultimo giro anche Radio Cosenza Nord con chi vi scrive.
Giuseppe aveva mollato anche Rete Alfa e nel 1992 aveva fondato Teleuropa 52, un’altra delle sue avventure che aveva lasciato il segno nell’etere cosentino con il Cosenza Calcio sempre grande protagonista. La squadra di Edy Reja regalò tante soddisfazioni e fino all’ultima giornata cullammo ancora il sogno della Serie A anche se Giuseppe, quando ci incrociammo nella fatal Via del Mare di Lecce nel muro umano dei diecimila cuori rossoblù, aveva detto chiaramente che non dovevamo avere molte speranze. E così fu. A quei tempi andare in Serie A, con le società che non erano neanche a scopo di lucro, era un azzardo e la società non poteva fare il passo più lungo della gamba. La situazione debitoria era già pesante e nel gruppo dei soci c’era stato lo strappo di Paolo Fabiano Pagliuso, che aveva manifestato già allora il desiderio di prendere in mano le redini del club.
Alla fine di quel campionato Giuseppe, come sempre nei momenti topici, mi aveva preso da parte e mi aveva chiesto ufficialmente di passare insieme a lui a Radio Sound per animare la sua radiocronaca dallo studio e per dare il via all’informazione con i radiogiornali. E così finalmente dopo qualche anno tornavamo a lavorare insieme. Mi pesava non partire con i suoi ormai mitici treni speciali ma in compenso ero onorato di ritornare a fargli da spalla in radio come qualche anno prima.
Tra il 1994 e il 1995 la crisi economica della società era esplosa e l’iscrizione a quel campionato era stata travagliatissima e sarebbe culminata in una maxi penalizzazione di 9 punti. Nel frattempo, Serra e Lamacchia avevano ceduto la “patata bollente” a Pagliuso e nel ruolo di direttore generale era stato richiamato Gianni Di Marzio. L’intuizione di chiamare in panchina Alberto Zaccheroni era stata tutta sua, nonostante nella stagione precedente a Bologna avesse “toppato”. Di Marzio sapeva bene che dopo qualche mese dall’inizio del campionato sarebbe arrivata la “mazzata” della penalizzazione e quando arrivò l’annuncio, nella notte tempestosa dell’Epifania, tra il 5 e il 6 gennaio del 1995, chiamò tutto l’ambiente e tutti i giornalisti – senza nessuna distinzione – all’unità per salvare ancora una volta la Serie B. Avevamo 21 punti ed eravamo in una zona di centroclassifica e improvvisamente scendemmo a 12 punti, al penultimo posto in classifica. Serviva un miracolo ma anche molta pazienza e in questa “operazione” Giuseppe si mise di nuovo al fianco del suo e del nostro “maestro” con una dedizione assoluta. A dire il vero avevamo legato parecchio anche col tecnico romagnolo, che era davvero un “compagnone” e che aveva scelto proprio un cosentino come “braccio destro” cioè Maurizio Guido, grandissimo atleta e fine conoscitore dei segreti del pallone. Pensate che spesso e volentieri Guido giocava con noi giornalisti nelle partitelle di pallone che organizzavamo per divertirci insieme e lui, che di ruolo era… portiere, segnava gol a raffica al centro e ai lati dell’attacco. Che bei tempi!
Dopo qualche settimana di assestamento, quel Cosenza spiccò il volo come uno splendido airone, trascinato dai 19 gol del capocannoniere Marco Negri (che solo “Zac” riusciva a gestire e che non parlava mai con i giornalisti…) ma anche dalle invenzioni di quel geniaccio di Buonocore, dalle accelerazioni di Checco Palmieri (oggi ds del Sassuolo), dalla grinta di Luciano De Paola, Salvatore Miceli e Aldo Monza, dalla grande voglia di emergere di Giovanni Paschetta e Fabio Di Lauro ancora giovanissimi, dalle parate di Giacomo Zunico e – dulcis in fundo – dall’esperienza di quei tre “vecchiacci” che rispondevano ai nomi di Gigi Marulla, Gigi De Rosa e Ugo Napolitano. Morale della favola: da penultimi che eravamo, con uno straordinario filotto di cinque vittorie consecutive (record tuttora imbattuto) eravamo arrivati a ridosso della “zona Serie A”. Vincemmo a Venezia, a Verona e a Cesena e al San Vito eravamo una vera e propria “ruspa”. Se non avessimo perso in casa con l’Ancona (sarebbe stata la sesta vittoria di fila) forse avremmo lottato fino alla fine per la Serie A ma dovemmo “accontentarci” di una salvezza tranquilla. E con 9 punti di penalizzazione fu veramente un altro miracolo.
A proposito di Zaccheroni, Giuseppe ci raccontava sempre un aneddoto che riguardava loro due. Appena arrivò, “Zac” – evidentemente indottrinato da Di Marzio – aveva chiamato Milicchio nel ventre del San Vito e gli aveva detto con chiarezza: “Tu che sei tra i giornalisti più esperti della città puoi fare e dire quello che vuoi ma ricordati che negli spogliatoi comando io!!!”. Perché gli aveva detto questo? Ma perché allora noi giornalisti praticamente stavamo sempre a strettissimo contatto con la squadra, potevamo entrare addirittura negli spogliatoi… c’era un clima di condivisione assoluta che tuttavia poteva creare qualche problema all’allenatore. Di Marzio, che lo sapeva benissimo perché era stato allenatore fino a pochi anni prima, ci lasciava fare ma chiaramente prendeva le sue contromisure e come al solito aveva avuto ragione. Quella stagione resta negli annali del calcio cosentino come una delle migliori. Era il primo anno dei 3 punti per la vittoria, una “rivoluzione” epocale e noi con 51 punti (42 effettivi + i 9 di penalizzazione) avevamo fatto qualcosa di incredibile. Ancora oggi Zaccheroni dice a tutti che quello fu il campionato che… gli riuscì meglio. Meglio ancora dello scudetto che ha vinto. E scusate se è poco.












