di Gabriele Carchidi
Oggi per me ma più in generale per tutti i cosentini è un giorno molto triste. La scomparsa di Giuseppe Milicchio, valente giornalista e impareggiabile radio-tele-cronista del Cosenza Calcio ha rattristato tutta la Città, indistintamente. Anche coloro che non sono appassionati di calcio. Milicchio ha attraversato sempre da protagonista almeno 50 anni di storia rossoblù, Personalmente ho vissuto con Giuseppe quasi 30 anni di passione rossoblù in giro per l’Italia, dietro a un microfono o dietro a una telecamera. Adesso, superate le prime ore di lacrime, amarezza e tristezza, è venuto il momento di raccontare perché Giuseppe vuole questo, ha passato tutta la sua vita a raccontare ed è un riconoscimento che in tanti gli dobbiamo, io per primo. E per iniziare questa lunga storia trentennale – che divideremo in puntate – bisogna partire dagli anni Settanta.
A metà degli anni Settanta il tifo calcistico cosentino si divideva tra due passioni. Il Cosenza, l’indiscussa prima squadra della città, reduce da due storiche promozioni in Serie B e cinque campionati nella serie cadetta tra il 1946 e il 1964. E la Morrone, la squadra che faceva crescere i “ragazzi” dei quartieri, ispirata al mito granata del Grande Torino, intitolata a un giovane portiere – Emilio Morrone – che aveva perso tragicamente la vita sul campo di Scalea e che era riuscita quasi incredibilmente ad arrivare in Serie D e quindi a giocare un derby che per decenni era stata solo una sfranata fantasia popolare. Il Cosenza giocava allo stadio San Vito, detto anche “stadio dei ventimila”, lungamente agognato per decenni ma che per un beffardo scherzo del destino non era riuscito a realizzare il tanto sospirato ritorno in Serie B. Quella Serie B che invece aveva trovato spazio e passione nel vecchio stadio “Emilio Morrone” ubicato in pieno centro, a via Roma, dove invece continuava a giocare la Morrone.

Per noi ragazzi nati agli albori degli anni Sessanta e che per ovvi motivi anagrafici non avevamo potuto vedere la Serie B perché eravamo neonati… i primi ricordi di calcio vissuto risalgono proprio a quei derby tra Cosenza e Morrone della stagione calcistica di Serie D 1974-75, che si giocarono entrambi al San Vito. Io tifavo per la Morrone perché ci aveva giocato mio zio e abitavo in centro, e quindi appena potevo scappavo al “Morrone” a rifare per i granata. Ma quel giorno tutti i ragazzini della mia età erano al San Vito e anche se non ci accompagnavano i nostri padri, riuscivamo ad entrare chiedendo agli adulti di “infilarci” con loro.

Prima dell’inizio del derby si giocava una partita del settore giovanile e tra quei ragazzini c’era anche Giuseppe Milicchio. Giocava nella squadra del quartiere di via degli Stadi-San Vito che si chiamava Friends – in inglese “amici” – ma il cui nome veniva pronunciato alla cosentina e quindi storpiato in “Frienz”. L’allenatore Armando Spera detto “la volpe” era anche il magazziniere del Cosenza. E Giuseppe era tra quei ragazzini – aveva 13 anni – che giocarono prima del derby. invidiati ovviamente da noi tutti che a malapena eravamo riusciti ad entrare nello stadio. Giocarono solo venti minuti per non rovinare il campo perché pioveva ma quel ricordo – che poi con Giuseppe abbiamo rievocato più volte – non svanirà mai e non sarà mai ingiallito dal tempo. Anche se dovessero passare cent’anni.

Quella è stata la prima volta che ho visto quel ragazzino che poi sarebbe diventato mio grande amico e collega. Il Cosenza vinse per uno a zero con gol di Rigoni. Ricordo indimenticabile. Giuseppe poi con gli altri ragazzini aveva fatto il raccattapalle e aveva visto da vicinissimo i calciatori. Quel giorno – era il 6 ottobre del 1974 – al San Vito c’erano 15.000 spettatori e uno spettacolo del genere noi ragazzini non lo avevamo mai visto.
Nel 1977 una disastrosa nuova retrocessione in Serie D era stata accompagnata da una altrettanto sciagurata invasione di campo al San Vito. La Lega aveva squalificato il campo per un anno e mezzo (poi ridotta a un anno) e di conseguenza il Cosenza – che aveva sempre avuto un grande seguito popolare – avrebbe dovuto giocare tutto il campionato successivo in campo neutro. Proprio in quell’anno si affacciavano alla ribalta le prime radio libere cosentine e le prime forme di tifo organizzato. A Cosenza il “capopopolo” era Gigino Lupo, un poliziotto in pensione, che era una sorta di “totem” per tutta la tifoseria rossoblù già da tempo. 
E sarebbe toccato a lui organizzare i “torpedoni” per andare a vedere le partite del Cosenza in campo neutro tra Paola, Catanzaro e Vibo Valentia. Nel frattempo, nasceva l’emittente Teleuno (che trasmetteva le partite in differita) e quella radiofonica Radio Cosenza 2, alla quale era affidato il compito di trasmettere le prime radiocronache in diretta. Giuseppe Milicchio, ad appena 16 anni, faceva già parte di quel gruppo storico insieme ad altre voci storiche del tifo e del giornalismo cosentino come Franco Cretella e Vito De Marco.

Nel 1978, finito il campionato in esilio con un ripescaggio in Serie C1, il Cosenza ritornò al San Vito e nacque il Commando Ultrà Prima Linea 1978, antesignano degli Ultrà Cosenza e dei Nuclei Sconvolti. L’anno successivo arrivò anche la fusione di fatto tra Cosenza e Morrone perché il presidente della società granata, Elio Spadafora, rilevò quella rossoblù, si portò dietro i migliori calciatori ovvero D’Astoli, Reggiani, Missiroli e Tucci e naturalmente anche tutta la tifoseria granata. Me compreso.

Ecco, nel campionato di Serie C2 1979-80, il giovanissimo Milicchio era diventato il punto di riferimento per i tifosi che volevano partire in trasferta e per quelli che volevano ascoltare la partita in diretta. Roberto Costabile lo aveva portato in una radio nascente, che si chiamava Radio Montescuro, e gli aveva dato in mano le chiavi della redazione sportiva. Giuseppe aveva imparato bene come si faceva attraverso i cavi telefonici a montare l’attrezzatura per consentire a quel telefono “truccato” di arrivare fino a Cosenza. Ovviamente non si trasmetteva dallo stadio ma dall’abitazione di qualche famiglia del posto dove si giocava che metteva a disposizione il balcone o la finestra dalla quale si vedeva il campo e chiaramente anche la linea telefonica. E ogni domenica di trasferta si ripeteva il “miracolo”. Da Brindisi, da Pagani, da Siracusa, da Potenza, da Squinzano o da… casa del diavolo Milicchio trasmetteva la sua radiocronaca.
Per tutti noi era il “Magico Cosenza”. La formazione guidata dal leggendario allenatore Nedo Sonetti la ricordiamo ancora oggi a memoria: Lattuada, Tortelli, D’Astoli, Ranieri, Rocco, Reggiani, Rappa (o Liguori), Missiroli, Perrotta, De Chiara, Tucci. Fu un campionato indimenticabile perché, per noi ragazzi degli anni Sessanta, era stata la prima promozione vissuta veramente “da dentro” e Giuseppe era stato uno degli “eroi” di quell’annata avendola raccontata in diretta radiofonica. Intanto, erano finalmente iniziati gli anni Ottanta…
1 – (continua)









