Cosenza. Ciao Giuseppe, 50 anni di storia rossoblù: Mai più prigionieri di un sogno

Ieri nel Santuario del Santissimo Crocifisso della Riforma, Cosenza ha dato l’ultimo saluto a Giuseppe Milicchio, valente giornalista e impareggiabile radio-tele-cronista del Cosenza Calcio, che ha attraversato da grande protagonista almeno 50 anni di storia rossoblù. Lo stiamo ricordando degnamente e per come merita raccontando questa storia in diverse puntate. Avantieri gli anni Settanta, ieri i primi anni Ottanta. Oggi è la volta della storica promozione in Serie B del 1988. 

di Gabriele Carchidi

Nell’estate del 1985 Giuseppe Milicchio rompe gli indugi e apre un’altra pagina indimenticabile della storia delle radio libere cosentine. Lascia Federico Bria e Radio Libera Bisignano e decide di fondare una nuova radio insieme a Pino e Silvana Manna, che aveva conosciuto ai tempi di Radio Queen. Si chiama Radio Incontro e ha la sede a Rende, in via Po. E chi se la dimentica… Giuseppe mi disse se volevo seguirlo e io non ci pensai neanche un attimo: ero già lì con lui. Iniziammo fin dal calciomercato e persino dalle amichevoli precampionato. All’epoca non esistevano ancora le radiocronache e le telecronache a due voci e così io avevo il compito di “fare lo studio”, di introdurlo e di passargli la linea, di intrattenere gli ascoltatori durante l’intervallo e di chiudere la “diretta”. Ma in compenso si lavorava insieme per tutta la settimana tra giornali radio, trasmissioni infrasettimanali e persino le canoniche “dediche” delle canzoni. Praticamente stavamo tutto il giorno insieme appresso a una passione che, letteralmente, ci divorava.

Intanto, prima Tonino Parise, quello degli autobus, e poi l’avvocato Peppino Carratelli avevano preso in mano la società rossoblù e Giuseppe, dopo le contestazioni a Morelli per la cessione di Marulla, era ritornato a pieno ritmo a curare i rapporti con la tifoseria. Non solo con gli ultrà ma anche con il neonato Centro Coordinamento Clubs dentro il quale c’era ancora il mitico Gigino Lupo con l’inseparabile Gianni Bruno da Domanico e muovevano i primi passi Tonino Domma, Mario Costabile e tutti gli altri più “grandi” di noi ma solo… d’età.

All’inizio della stagione 1986-87 in una delle stanze di Radio Incontro Giuseppe mi chiama da parte, chiude la porta e mi dice con il suo consueto decisionismi: “Da quest’anno devi fare lo speaker allo stadio, devi dare tu le formazioni. Franco Segreto (che era stato speaker per diversi anni, ndr) ha impegni col “Corriere dello Sport”, io e Federico dobbiamo fare le radiocronache e tocca a te”. Per me, abituato a vedere le partite in Curva con gli ultrà, era una mazzata e sulle prime gli dissi che non avrei resistito molto, poi è andata a finire che sono rimasto nella “cabina radio” come la chiamavamo una volta per 11 anni, gli anni più belli del Cosenza tra la promozione in B e otto grandi campionati nella serie cadetta, fino alla retrocessione del 1997.

I due anni di Radio Incontro sono stati tra i più belli della mia “carriera”. Giuseppe intanto finalmente era riuscito a comprarsi una macchina per macinare chilometri ed era una Opel Kadett lunga e verde, che sarebbe stata la nostra “ammiraglia” per un bel po’ di tempo. Per non farmi stare sempre in studio e darmi soddisfazione, si era inventato la radiocronaca a due voci e così mi aveva coinvolto nei suoi esaltanti racconti e mi aveva portato a Reggio Calabria (la prima trasferta con la radiocronaca a due voci: pareggiammo 1-1 con gol di Messina all’87’ servito da un grande Urban) e ancora a Brindisi, a Pozzuoli, a Foggia, a Nocera Inferiore… Poi, alla fine del girone d’andata, l’allenatore Franco Liguori, dopo la sconfitta in casa con il Monopoli, fu esonerato e arrivò Gianni Di Marzio.

Non avevamo mai visto niente di simile. Gianni Di Marzio, che aveva vissuto da grande protagonista il calcio che conta a Catanzaro, a Napoli e a Catania, era venuto a Cosenza con un solo obiettivo: quello di riportarci in quella Serie B che stavamo inseguendo senza successo ormai da più di 20 anni. E Di Marzio non lasciava nulla al caso, fin dal primo giorno che mise piede a Cosenza e si trovò ad affrontare un “mezzo ammutinamento” della squadra, che non avrebbe voluto l’esonero di Liguori.

Il mister capi subito che Giuseppe era la persona giusta per diventare il suo factotum e gli costruì attorno una specie di “task force” con Mimmolino Corrente, il dottore Enrico Costabile. il professore Giancarlo Rao, i magazzinieri Roberto Loria e Alfredo Rende e naturalmente la segretaria di tutte le… segretarie ovvero Anna Brogno (nella foto sotto insieme a Giuseppe mentre stanno correndo da me per darmi le formazioni). Una “squadra fortissima” che stava sempre sul pezzo, pronta ad eseguire tutti gli ordini dello “stregone” Di Marzio, che con la sua testa vulcanica aveva conquistato tutta la città e aveva coinvolto ognuno di noi per realizzare il sogno della Serie B.

L’esperienza di Radio Incontro finì dopo l’estate del 1987 e Giuseppe – figurarsi se si fermava! – era già pronto per intraprenderne non solo un’altra ma addirittura… due. Eh sì, perché nel frattempo erano esplose anche le televisioni private. A dire il vero, televisivamente parlando, avevamo preso due strade diverse. Io ero andato a lavorare a Cam Teletre, la “televisione dei preti”, come la chiamava lui perché era stata fondata dai Padri Ardorini e aveva un legame stretto con la diocesi e naturalmente con la Democrazia Cristiana attraverso Ciccio Dinapoli, vero e proprio deus ex machina dell’emittente. Lui invece aveva accettato di entrare nella squadra di Rete Alfa, dove c’erano anche i suoi grandi amici di Radio Queen Federico Bria e Attilio Sabato. E il “capo” era un napoletano che un po’ somigliava a Di Marzio e si chiamava Luciano Achito. Ma se in televisione lavoravamo per due squadre diverse, in radio era arrivata la proposta che ci aveva messo insieme ancora una volta dopo Radio Incontro ed era quella della radio più importante della città, che fino a quel momento non si era voluta “buttare” nelle vicende calcistiche e verificando l’entusiasmo dilagante intorno al pallone aveva deciso di chiamare Giuseppe e anche me per le radiocronache: era Radio Cosenza Centrale!

Iniziammo quando il campionato stava per entrare nel vivo, a marzo e fu un crescendo entusiasmante: Pozzuoli, Ischia, Teramo, Francavilla… e poi finalmente Salerno, 17 aprile 1988, la “madre di tutte le partite” con le tifoserie separate da una rivalità ormai antichissima e preparata in ogni minimo dettaglio da Di Marzio, che per tutta la settimana aveva caricato la squadra dicendo che dovevamo andare a giocarcela come una guerra con tanto di “elmetti”.

Quel giorno nessun tifoso “organizzato” riuscì ad andare al vecchio Vestuti perché la questura di Cosenza – con la collaborazione determinante del Comune e in particolare dell’assessore Frammartino – aveva bloccato ogni possibile partenza e le radiocronache di Giuseppe a RCC e di Federico a RLB impazzavano per tutta la città e per tutta la provincia. Quando passai la linea a Milicchio, capii subito che era riuscito a trovare la “postazione” giusta fuori dallo stadio su uno dei suoi fantasmagorici “balconi” e quindi poteva anche gridare alla sua maniera nonostante si trovasse nella £fossa dei leoni”. Bria invece aveva deciso di fare la radiocronaca da dentro lo stadio. E così, quando al 26′ del primo tempo Michele Padovano segnò il gol della vittoria e in pratica il gol che ci regalava la Serie B, Giuseppe urlava come un dannato e Federico era costretto a restare quasi impassibile nonostante la gioia irrefrenabile che si era scatenata in tutta Cosenza e provincia.

I festeggiamenti andarono avanti praticamente per un mese intero, la città era tutta imbandierata e piena di striscioni, c’era un’atmosfera da città sudamericana che nessuno di noi dimenticherà mai anche se dovessero passare cent’anni. Anche quella formazione è diventata un mantra: Simoni Marino Lombardo Castagnini Schio Giovanelli Galeazzi Bergamini Lucchetti Urban Padovano… con l’aggiunta di De Rosa, Presicci e Giansanti, che furono protagonisti come e forse anche più degli altri. E in cima a tutti naturalmente lo “stregone” Gianni Di Marzio.

Il 29 maggio al San Vito per Cosenza-Nocerina andò in scena la coreografia più bella degli ultrà con la frase che ancora oggi fa venire i lucciconi agli occhi a tutti: Mai più prigionieri di un sogno. E poi, il 5 giugno, l’apoteosi dell’ultima giornata a Monopoli. Io ero con lui naturalmente nell’ammiraglia Opel Kadett. Per descrivere Monopoli, la parola passa direttamente a Giuseppe.

“Monopoli è Monopoli. Ricordo la mia giornata. Di Marzio mi diede una commissione da fare. Mi mandò a Frosinone per prendere una videocassetta perché doveva vederla coi calciatori nel ritiro di Monopoli. Quindi parto da Cosenza il sabato mattina, vado a Frosinone, poi a Monopoli. Riesco a dare la cassetta a Di Marzio, che poi non visionò. Era simbolico il gesto. La sera tornai a Cosenza e la mattina successiva andai di nuovo a Monopoli. Poi la festa del dopo-partita è stata incontenibile fino allo stadio a montare le amplificazioni e far risuonare il “Lupi Alè” di Gianfranco De Lio e Tonino Lombardi”.

3 – (continua)