Anche gli ultrà del Cosenza hanno dato l’ultimo saluto a Giuseppe Milicchio, valente giornalista e impareggiabile radio-tele-cronista del Cosenza Calcio, che ha attraversato da grande protagonista almeno 50 anni di storia rossoblù. E lo hanno fatto alla loro maniera, sul campo. A Latina, dove ieri ha giocato il Cosenza, hanno voluto omaggiarlo con uno striscione molto bello sul quale c’era scritto: “Ciao Giuseppe “Fedelissimo” in eterno” ricordando anche il nome dello storico club del quale – ancora giovanissimo – era stato tra i fondatori.
Anche noi stiamo ricordando degnamente e per come merita raccontando questa storia in diverse puntate. Prima gli anni Settanta, poi i primi anni Ottanta. Quindi la storica promozione in Serie B del 1988. E ancora il primo anno di quella Serie B attesa per 24 lunghissimi anni.
Fino agli anni Novanta e al memorabile campionato di Alberto Zaccheoni.
di Gabriele Carchidi
Da Zaccheroni alla retrocessione di Padova. In meno di due anni, dal 1995 al 1997, tutto il lavoro svolto faticosamente per ridare slancio al Cosenza Calcio è andato clamorosamente in fumo. Insieme a Giuseppe Milicchio siamo stati testimoni di questi due anni difficili per il Vecchio Lupo ma una premessa è doverosa. Da quando era stato richiamato a Cosenza per lavorare da direttore generale, Gianni Di Marzio, oltre alla geniale idea di chiamare Zaccheroni e al “miracolo sportivo” del recupero della penalizzazione di 9 punti, aveva dato un assetto credibile alla società in termini di organizzazione e aveva continuato a rafforzare il settore giovanile. Tra l’inizio e la metà degli anni Novanta il vivaio del Cosenza conosce la sua stagione migliore. Era dai tempi di Ciccio Marino, Tonino Posa, Andrea Spinelli, Walter Mirabelli e Luca Altomare che i giovani cosentini non conoscevano la soddisfazione dell’inserimento in pianta stabile in prima squadra.
Stefano Fiore e Franco Florio riescono nell’impresa disputando entrambi 11 partite nella stagione successiva allo straordinario exploit della “Berretti” rossoblù Campione d’Italia con al timone Enzo Patania e Teobaldo Delmorgime. Stefano viene ceduto subito, all’alba della stagione 1994-95, al Parma per oltre un miliardo di vecchie lire. Ma i suoi compagni d’avventura rimangono in rossoblù e saranno tutti lanciati da Zaccheroni – con la supervisione e l’assenso di Di Marzio – in prima squadra. Da Fabio Di Lauro a Franco Florio, da Giovanni Paschetta a Salvatore Miceli, da Luca Perrotta ad Antongiulio Bonacci: forse mai come allora tanti ragazzi del vivaio hanno giocato in prima squadra. Il Cosenza, peraltro, giocava stabilmente con le “big” del calcio italiano e internazionale al Torneo di Viareggio e sotto la guida di mister Patania ma anche di Alberto Canetti, ingaggiato da Di Marzio per i ragazzini ancora più piccoli, sarebbero emersi ancora altri talenti. Ne citiamo tre per tutti: Mario La Canna, Pasquale Apa e Stefano Morrone.

Giuseppe Milicchio e chi vi scrive hanno sempre seguito il settore giovanile rossoblù praticamente in perfetta solitudine, visto e considerato che i media più importanti snobbavano i ragazzi. Andavamo insieme nel corso della settimana nei campetti di via Popilia (che poi sarebbero diventati tutti scuole calcio) a vedere i loro progressi e anche ad intervistarli e non mancavamo mai alle loro partite del sabato pomeriggio o della domenica mattina tra Primavera, Allievi e Giovanissimi. Di Marzio aveva completato il lavoro svolto in precedenza e aveva creato i presupposti per il lancio del tanto agognato Centro Sportivo del Cosenza Calcio, che il nuovo presidente Pagliuso avrebbe voluto portare nel “suo” Hotel Virginia in Presila. “Cosenzello” lo chiamavamo noi scherzando ma non troppo sull’onda del celeberrimo “Milanello” del mitico Milan di Silvio Berlusconi.
Pagliuso e Di Marzio a quell’epoca, nonostante i risultati positivi, non si amavano. Di Marzio, infatti, era stato chiamato da Serra e Lamacchia quando ancora il patron non aveva preso in mano le redini del Cosenza. Il neopresidente, tuttavia, era troppo intelligente per non capire che dargli il benservito avrebbe significato solo iniziare col piede sbagliato la sua avventura al timone del Cosenza. Superata la bagarre dei 9 punti di penalizzazione, la convivenza si rivela subito problematica. All’ombra di Pagliuso, infatti, si nasconde la sfrenata ambizione del giovanissimo rampollo, Luca – ma lo chiamano tutti Peppuccio – che medita già di soffiare la poltrona a Di Marzio, protetto dall’amministratore delegato pagliusiano Aldo Perna. Già all’inizio della stagione 1995-96 esplodono malumori e tensioni. Giiuseppe Milicchio, manco a dirlo, si schiera subito dalla parte di Di Marzio, che rivendica chiarezza e autonomia, ma lo stesso Pagliuso, che in fondo è “vittima” del figlio, ha problemi a mediare tra le diverse posizioni.
Il patron, tuttavia, ci mette anche del suo, ci mancherebbe altro… La sua figura di “salvatore della patria” per l’intervento risolutivo nella ben nota vicenda dell’iscrizione al campionato precedente e per la successiva decisione di prendere in mano la famigerata “patata bollente” della società al posto di Lamacchia sbiadisce ben presto. Pagliuso non vede l’ora di cedere a suon di miliardi Marco Negri. Intavolerà una trattativa-fiume col patron del Perugia Luciano Gaucci e alla fine ne uscirà trionfatore con 5 miliardi di vecchie lire in contanti e due giovani promesse da rivendere al più presto con altri lauti guadagni: Cristiano Lucarelli e Stefano Gioacchini. In molti parlano di altri soldi versati in nero da Gaucci a Pagliuso e la circostanza non era certo una novità a quei tempi (ma forse anche oggi). Il punto è che, a fronte di tanti soldi incassati, il presidente non investe praticamente nulla nella costruzione della nuova squadra, che rimane sostanzialmente invariata. E Zaccheroni viene sostituito dal cavallo di ritorno Fausto Silipo, che – secondo le voci di corridoio e che Giuseppe raccoglie al volo – era in credito di parecchi milioni dalla vecchia proprietà. Silipo “resiste” solo tre giornate e viene in pratica immediatamente esonerato suscitando la rabbia e la reazione scomposta del succitato Aldo Perna, che dopo l’esonero del tecnico catanzarese rende pubblica una lettera di fuoco a Pagliuso, tutta contro Di Marzio.
Quella lettera Giuseppe l’aveva letta prima di tutti i colleghi e l’aveva fatta leggere anche al grande Gianni, il quale in una memorabile serata in un locale alle porte della città, l’aveva commentata da par suo. Perna, in pratica, accusava Di Marzio di aver fatto di tutto per silurare Silipo perché non lo aveva scelto lui e confermava quello che si vociferava in città ovvero che Perna e altri congiurati avevano deciso di cacciare Di Marzio: “… Perché le ripetute promesse fatte a Silipo non erano state mantenute? Noi avevamo dato il benservito a Di Marzio su tua ampia delega, ma tu sei tornato incredibilmente sui tuoi passi, facendomi cadere nel ridicolo…”. Dietro le quinte, Giuseppe Milicchio aveva lavorato per Di Marzio, che informato in anticipo della “congiura”, era andato a gridare da Pagliuso, che non aveva potuto fare altro che confermarlo e dargli mandato di trovare il nuovo allenatore. Ma anche oggi l’abbiamo fatta troppo lunga. A domani…










