Cosenza, città unica. Quando un “No” suona meglio di un “Sì”

QUANDO UN “NO” SUONA MEGLIO DI UN “SÌ” 

 

Una fusione dovrebbe essere il frutto di servizi che vanno in sintonia da una città all’altra: è come una sinfonia delicata che va a legarsi ad altre melodie formandone una. Una città unica viene prima creata nei fatti e dopo nelle parole, non viceversa.

Nessuno, infatti, può contestare il fatto che la grande città unica sia davvero essenziale per il futuro della nostra Terra, e questo è conclamato anche dalle parole che molti sindaci in passato hanno pronunciato, ben consapevoli di questo grande passaggio amministrativo.

Ecco, appunto, “grande”. Infatti, prima che la città diventi a tutti gli effetti unica in ogni suo aspetto, servirebbe un momento di transizione che possa portare ogni servizio ad essere integrato in modo indissolubile fra una comunità e l’altra.

Partire prima dai servizi, tipo i trasporti, per poi passare alla viabilità, alla sanità, all’istruzione, alla sicurezza e ad ogni aspetto del quotidiano dei cittadini.

Porsi degli obiettivi – anno dopo anno – per arrivare poi alla scelta di una città unica che non avrebbe nessuna incognita dietro, ma solo la sicurezza di avere già unito vari segmenti della propria quotidianità.

In questo modo ogni cittadino non avrebbe paure di ciò che gli spetterebbe, né ci potrebbero essere bastian contrari e detrattori di ogni dove.

Prima si crea il tessuto d’unione e poi si passa alla formalizzazione della città unica. Un percorso in divenire dal grande nesso logico.

Quello che abbiamo davanti, invece, è un processo all’incontrario che confonde tantissimi cittadini, anche quelli più favorevoli a una città più grande ed efficiente.

Non possono sorprendere, per questo, parole come “imposizioni dall’alto”; “scelte dittatoriali”; “assalto alla democrazia”: sono tutte frutto di un’elaborazione politica che di politico ha ben poco, basti pensare al referendum che non è vincolante – se qualcuno lo ha dimenticato – ma consultivo. Ciò comporta prospettive drammatiche per la democrazia: anche con una vittoria del no, le parti chiamate in causa potrebbero continuare nel loro progetto di unificazione. E poi c’è forse l’aspetto più rilevante della questione referendaria: basarsi sul voto totale e non su quello delle singole comunità è un atto autoritario e antidemocratico.

Ne viene fuori, in questo modo, uno spaccato quasi fantozziano dove il più grosso schiaccia comunque, in ogni caso, i due contendenti più deboli.

Parliamoci chiaro: Cosenza ha più potere d’azione in questo referendum, ecco perché molti storcono il naso e ci vedono qualcosa di poco chiaro. Se unificazione deve essere, allora credo sia giusto che ogni singola comunità abbia a tutti gli effetti un’indipendenza nella sua scelta referendaria.

Ma le mie sono solo chiacchiere di un semplice cittadino con un suo parere personale sulla questione.

Spero che alla fine di tutto sia il popolo a dire l’ultima, ma viste tutte queste premesse, credo proprio che siamo tutti ai piedi di una salita troppo ripida per poterne vedere davvero il suo lieto fine. Come canta Max Pezzali, non vorremmo correre “il rischio di passare la – nostra – vita sopra un Peugeot che arranca in salita mentre – quelli con il Fifty ci sorpassano, ridono e se ne vanno”.

Davide Beltrano, giornalista e scrittore