di Battista Sangineto
Voglio rivolgermi agli elettori del Pd e del centrosinistra di Rende, di Castrolibero e, in particolar modo, di Cosenza per invitarli a votare NO all’unificazione delle tre città per una serie di motivi, almeno 8, che sono sicuro essere vicini alla loro, alla nostra sensibilità politica, sociale e culturale.
- Il processo che è stato messo in moto e portato a termine solo dal Consiglio regionale e dal suo presidente è, sebbene sia costituzionale, del tutto autoritario perché in nessun’altra unificazione è stato usato questo metodo, introdotto a seguito, purtroppo, della modifica del Titolo V della Carta costituzionale. Tutte le altre unificazioni di questo Paese sono sempre partite dalle popolazioni interessate e dalle assemblee comunali elette dal popolo.
2. Molti studi hanno dimostrato (Vandelli e Tubertini 2014, in generale) e dimostrano (Mercuri 2024, proprio per Cosenza, Rende e Castrolibero) che le unificazioni superiori ai 10.000 abitanti recano svantaggi amministrativi e diseconomie e non, come hanno falsamente ripetuto, vantaggi ed economie di scala.
3. I finanziamenti aggiuntivi non esistono se non in misura molto limitata e trascurabile: dal 2022 al 2024 sono stati conferiti, alle unificazioni più popolose, al massimo 2 milioni di euro complessivi per 15 anni e, ovviamente, nessun finanziamento europeo. Una somma irrisoria rispetto ai 3 bilanci di Cosenza, Rende e Castrolibero.
4. L’ingrandimento delle città è un fenomeno tipico del neoliberismo che ha fatto diventare luogo comune l’idea che la grandezza, la BIGNESS come la chiama Rem Koolhaas, delle città garantirebbe alla nostra società, in un mondo di città sempre più grandi e globalizzate, prosperità e benessere. Secondo questa ricetta neoliberista le agglomerazioni urbane e le loro più o meno sterminate periferie-‘sprawl’, farebbero della dimensione in quanto tale (attraverso le economie di scala e gli effetti di rete) un fattore che innescherebbe di per sé il successo delle città sempre più grandi.
La ‘Bigness’ e l’urbanizzazione delle campagne circostanti alle città, invece, non è altro che uno dei tanti modi che il neoliberismo ha trovato per estrarre più ricchezza dalle città sempre più grandi trasformando lo spazio in merce e aumentando, per mano della speculazione edilizia, la diseguaglianza sociale ed economica (come scrivevano e scrivono Lefebvre, Koolhaas, Harvey, Settis, Montanari, La Cecla et cetera).
Una visione politica e culturale di sinistra ci spinge a considerare, invece, che il successo di una città non deve misurarsi né dalla sua grandezza né dalla sua capacità di competere con altre città di egual dimensione, ma, piuttosto, dalla sua capacità di distribuire al proprio interno beni e servizi che possano garantire la vita civile del più gran numero possibile dei suoi cittadini (Engelen, Johal, Salento, Williams 2017).
5. Credo che, ormai, tutti abbiate compreso che la vera ragione per la quale tutti i partiti del Parlamento, da Sinistra Italiana a Fratelli d’Italia, votano per il sì è la voglia di espandere la speculazione edilizia che ha già cementificato quasi tutto il territorio di Cosenza che, secondo le statistiche ISTAT del ’23, ha il 21% di case vuote (ben 7561), mentre Rende il 17% (4931) e Castrolibero ha 332 case vuote.
Tanto è vero che i dati ci dicono che Cosenza ha una superficie comunale di 37 Kmq. con 1.676 abitanti per Kmq.; Rende 55 Kmq. con 663 abitanti per Kmq.; Castrolibero 12 Kmq. con 790 abitanti per Kmq.
Non è evidente anche a voi che -dopo aver occupato tutti gli spazi edificabili a Cosenza (via Popilia, via degli Stadi, Corso Umberto, via Rivocati, via Parisio, via Alimena etc.) – gli speculatori vogliano espandere la metastasi cementizia verso le colline più appetibili di Castrolibero e, soprattutto, verso la pianura di Rende?
6. C’è, anche, un’altra questione, che per un elettore di sinistra dovrebbe essere rilevante e dirimente, ed è quella che riguarda la presenza del Pubblico e dello Stato nelle città. Se si fondono più uffici comunali in uno solo per ‘migliorarne’ l’efficienza, si verificherà uno dei fenomeni tipici di questo nostro tempo: la diminuzione dei presidi del Pubblico e la ritrazione dello Stato dai territori attraverso l’accorpamento degli uffici ed il taglio inesorabile e progressivo della pianta organica dei dipendenti comunali e statali. Si verificherà, di nuovo, la diminuzione dei dipendenti pubblici che, in Italia, sono, ormai, solo il 14% rispetto alla media del 16% degli altri paesi europei: meno Stato per tutti.
7. Un’altra fondamentale questione è posta dall’unificazione di quest’area urbana imposta dal presidente di Regione che comporterebbe la forzata omogeneizzazione delle nostre città cancellandone, inoltre, le differenze, le peculiarità e la memoria storica in nome di un modello unico di pensiero neoliberista. Non vi rendete conto che è un altro grave errore omologare forzatamente le identità di 3 città che hanno una storia molto diversa l’una dall’altra solo perché sono geograficamente contigue?
8. La questione più importante di tutte è, purtroppo, che sorge il fondato sospetto che la fusione sia stata ideata dal fratello presidente di regione per l’ex sindaco di Cosenza, il senatore Mario Occhiuto. Un’annessione vera e propria creata per permettere all’architetto Occhiuto di essere incoronato come nuovo sindaco della Grande Cosenza e consentirgli di mettere nelle sue mani anche i territori di Rende e Castrolibero dopo la lunga sindacatura di Cosenza che ha conseguito i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Il modello al quale bisognerebbe ispirarsi è, invece, quello della piccola e media città storica italiana, quello delle 100 città italiane del Medioevo e del Rinascimento che ci è stato invidiato e copiato in tutta Europa per secoli. La piccola e media città nella quale si va a piedi, si può andare in bicicletta in un reticolo urbano denso e pluristratificato dal punto di vista funzionale, sociale ed economico, con una corposa densità abitativa ed una armoniosa compattezza architettonica che permette tragitti brevi ed elevata funzionalità sociale.
Un modello che non è solo architettonico e urbanistico, ma che rappresenta anche l’unica possibilità di restituire a tutti il ‘diritto alla città’ perché per i cittadini la priorità non è che la loro città diventi più competitiva e più di successo di altre, ma che sia un luogo nel quale la vita quotidiana sia più gradevole e più equa per coloro che vi abitano.