Cosenza. Controllo del territorio, il fallimento del piano del questore Spina

La strategia adottata dal questore, con data di scadenza entro e non oltre dicembre 2023, in sinergia con le altre forze di polizia, per il controllo del territorio, non funziona. A poco è servita l’esperienza del dottor Spina, maturata in tanti anni di lotta al crimine con numerosi successi all’attivo, inviato a Cosenza, a pochi mesi dalla meritata pensione, con un preciso compito: impegnare il personale di polizia in un serrato e continuo controllo straordinario del territorio. Che è quello che sa fare il dottor Spina, accerchiare il crimine… di strada, non certo quello dei colletti bianchi. Cinturare i pusher di quartiere, per costringerli alla resa, è la sua specialità, una tecnica che ha già attuato con efficacia a Scampia smantellando importanti piazze di spaccio, ma che a Cosenza non ha funzionato. E questo perché Cosenza non è Scampia, e lo spaccio in città segue altri canali che non sono le “piazze di spaccio”. Infatti i serrati controlli del territorio e delle “aree sensibili” organizzati dal questore hanno prodotto, in termini di sequestro di sostanze stupefacenti, poco e niente: minori trovati in possesso di pochi grammi di erba e fumo, e pusher di serie Z con qualche grammata di finta coca (cocaina tagliata all’ennesima potenza). Questi i risultati a fronte di un consumo medio mensile di coca che, a detta della Dda e dei pentiti, si aggira, nella sola area urbana, attorno agli 8 chili.

Come tutti possono capire, continuare a perquisire scuole e a presidiare l’Autostazione, per quanto giusto sia, non risolve il problema dello spaccio e del consumo di cocaina a Cosenza e provincia. Se l’attività di presidio del territorio non è accompagnata da una seria e minuziosa azione investigativa mirata a scoprire “le fonti di approvvigionamento dei capizona”, fermare la capillare e sempre arzilla rete di spaccio, che da noi si muove fuori dalle “piazze”, è impossibile. E chi sostiene il contrario mente sapendo di mentire. Se le investigazioni si limitano solo al sequestro di qualche grammo in giro per la città, i narcos, da questi controlli, non hanno niente di cui preoccuparsi. Infatti è proprio l’investigazione, o l’approfondimento dei fatti, e non ce ne voglia il dottor Spina, che manca alla questura di Cosenza.  E non per mancanza di professionalità, serietà, e onestà nel personale, ma perché ai bravi investigatori è impedito di andare oltre una “certa soglia”. C’è una strana e evidente volontà che arriva dall’alto (di chissà che cosa) nel tenere lontano, da certi ambienti, capaci poliziotti che vorrebbero fare fino in fondo il proprio mestiere. E quando qualche “ficcanaso” lo fa, tutto finisce a tarallucci e vino.

La manovra a tenaglia messa in atto dal dottor Spina contro le forze del male, purtroppo, non ha attanagliato il crimine cosentino. E la colpa non è certo del valido questore che di professionalità ne ha da vendere. È l’approccio al problema che è sbagliato. Per quanto socialmente allarmante, la cosiddetta criminalità di strada, a Cosenza, non è mai stata un “fenomeno preoccupante”. Bastano i controlli ordinari per tenere a bada qualche ladruncolo e certi spadaccini di quartiere, personaggi per lo più arcinoti a tutte le forze dell’ordine. Non è certo con uno straordinario controllo del territorio che si combatte la vera criminalità a Cosenza e provincia.

Perché a Cosenza il primo problema è la cupola massomafiosa che governa la città e che garantisce, tra le tante cose, l’impunità ai grossi narcos locali. Dopo vengono i pusher. Invece a Cosenza le cose funzionano al contrario, si accerchiano e si arrestano i pusher di serie Z, subito rimpiazzati dai capizona, nel mentre i narcos importano e spacciano chili di coca in ambienti mai attenzionati dai blitz di Spina. Che fa quello che sa fare e quello che gli è stato chiesto, dai suoi superiori, di fare. Non tocca a lui investigare sui narcos o di approfondire talune poco chiare dinamiche interne agli uffici della questura, la sua azione deve limitarsi al controllo straordinario del territorio. È stato chiamato per questo. Altro non deve fare. Anche perché non ne avrebbe il tempo, impegnato com’è, oltre che a organizzare posti di blocco, a scoprire chi fornisce informazioni sullo straordinario dei poliziotti alla stampa.

Il fallimento dell’operazione Spina – e di chi magari ha pensato di strumentalizzare la sua professionalità e il suo alto senso del dovere inviandolo a Cosenza a coprire un buco, o meglio una poltrona che scotta, in attesa di trovare la persona giusta disposta ad occuparla -, non sta solo nel non aver minimante intaccato il vero traffico di droga in tutta l’area urbana, che dopo l’operazione Reset è diventato ancora più forte, ma anche nel “controllo del territorio”. Negli ultimi giorni ad esempio, senza citare gli episodi incendiari avvenuti in provincia, più di qualcuno, tra Cosenza e Rende, ha dato fuoco a 5 macchine. Due in pieno centro cittadino a Cosenza. Segno evidente che chiunque può aggirarsi per le vie della città a notte fonda e incendiare quello che gli pare. Altro che controllo del territorio! Il perché di questi atti non è ancora chiaro. I motivi, quando si tratta dell’incendio di un auto, possono essere tanti: vendetta, gelosia, invidia, richiesta di pizzo, o magari il gesto folle di qualcuno in guerra con il mondo intero. Il perché ce lo diranno gli investigatori, se mai lo scopriranno. Resta il fatto, però, che il piano ideato dal dottor Spina per rendere sicura la città, fa acqua da tutte le parti…  acqua che per non essere sprecata può essere utilizzata per spegnere le fiamme… così qualcuo può dire che in fin dei conti il piano di Spina ha funzionato. Solo che Spina fa il questore e non il pompiere.