Cosenza corrotta: di giorno Bruni tesseva, la notte Luberto disfaceva e proteggeva gli Occhiuto

L’onestà è tornata di moda dappertutto tranne che a Cosenza. E il perché, come scriviamo da sempre, sta tutto nella mancanza di Giustizia e dalla corruzione che ne consegue. Cosenza – almeno finora – non è stata toccata, troppi e ben consolidati sono stati gli intrecci massonici/mafiosi/politici che ogni azione giudiziaria proposta, da qualche pm onesto, è risultata sempre “inapplicabile” perché se davvero vuoi fare pulizia a Cosenza, i primi da mandare in galera dovrebbero essere i tanti pm e giudici che da sempre hanno fornito impunità e coperture a tutti i massomafiosi di un certo livello, in testa i politici corrotti. E questo a Cosenza – sempre finora – non è stato possibile. Giudice non arresta giudice. Anche perché toccare un pm o un giudice è pericoloso: sono i detentori dei tanti segreti della “paranza”, e se dovesse parlare qualcuno di loro sarebbero guai seri per tanti. Un giudice canterino potrebbe scatenare un effetto domino.

Cosenza, ricordiamolo, è stata interessata da diverse inchieste sul voto di scambio e la corruzione, mai arrivate a conclusione. Le prove dell’esistenza dell’inchiesta sono tante, a cominciare dalle due operazioni della Dda a Rende e Castrolibero. Operazioni scaturite dalle dichiarazioni dei pentiti Adolfo e Ernesto Foggetti. Gli stessi che, oltre a chiamare in causa Sandro Principe e Orlandino Greco, accusano pesantemente l’ormai ex sindaco Occhiuto, il sindaco Manna, l’avvocato Paolini e i loro gregari, di voto di scambio. Ma per loro nessuna azione giudiziaria è stata mai posta in essere. Strano, le cosche di Cosenza vanno in giro per l’hinterland cittadino a chiedere soldi, servizi e posti di lavoro in cambio di voti, ma non osano farlo nella loro città. Intrallazzano con tutti i politici, tranne che con quelli di Cosenza.

Se questo non bastasse, tra il 2015 e il 2016 diverse sono stati le persone interrogate dall’allora titolare dell’inchiesta su Cosenza, il pm Bruni (oggi procuratore capo a Paola), tra cui diversi politici cosentini, a cominciare dai consiglieri comunali, sugli imbrogli in comune e le “affinità con la malavita”. La prova provata dell’esistenza di un fascicolo e di una inchiesta, altrimenti perché interrogare politici e consiglieri con domande precise sulla corruzione e il voto di scambio Cosenza?

E non finisce qui, alle dichiarazioni dei Foggetti si aggiungono quelle di Lamanna e Bruzzese che confermano la commistione politica/mafiosa. Addirittura il Bruzzese racconta di incontri e “tavolate” con consiglieri comunali durante la campagna elettorale, dove si stabilirono gli accordi: attacchinaggio, contributi, favori al comune, concerti, e mmasciate varie in cambio di voti. Si narra addirittura che l’operazione era pronta a “scattare” nel 2016 ma qualche pezzotto l’ha fermata.

Questo lo sanno bene i candidati a sindaci del Pd della tornata elettorale del 2016 in città, ai quali era stata garantita l’elezione certa perché l’operazione avrebbe decimato il centrodestra cittadino con in testa Occhiuto. Notizia che arrivava direttamente dalle stanze romane del potere. Questo a confermare l’esistenza dell’operazione e che Cosenza non si tocca. Anche Gratteri, che resta un magistrato spocchioso ma onesto, si è dovuto adeguare a questo, è stato costretto a bloccare tutto, con la scusa di rivedere tutto il lavoro “mal svolto” da Bruni prima di passarlo al pm  Falvo e successivamente all’aggiunto Capomolla.

Ma chi è che ha osteggiato l’operazione? Oggi più di ieri siamo in grado di dirvi che tutto è riconducibile alla figura dell’ormai ex pm antimafia Luberto. La carriera di questo magistrato è strettamente legata alla figura dell’ormai defunta Jole Santelli. È stata lei, ai tempi del sottosegretariato alla Giustizia, a “portarlo” avanti.  E da allora Luberto ha avuto sempre un occhio di riguardo per lei e i suoi amici. Il vizietto di legarsi alla politica, il pm Luberto, non l’ha mai perso, ed è nota a tutti la sua stretta amicizia anche con l’ex deputato del Pd Ferdinando Aiello, a sua volta legato al procuratore capo di Cosenza, Spagnuolo, ormai per tutti il “Gattopardo” del porto delle nebbie. 

Fin da quando era entrato in servizio presso la procura antimafia della Dda di Catanzaro, Luberto, com’è noto a tutti, nel periodo di “convivenza lavorativa”, è sempre stato in conflitto con il pm Bruni, nonostante non avesse nessuna competenza su Cosenza. Una situazione che lo stesso Gratteri ha dovuto affrontare appena insediato. È chiaro che il motivo delle liti furiose tra i due era l’inchiesta di Bruni su Cosenza. Il coinvolgimento di esponenti politici nell’inchiesta di Bruni, (Occhiuto, Manna, Paolini, e non solo. Bruni chiede a molti degli interrogati “notizie” anche su Ferdinando Aiello, Ennio Morrone, e su alcuni imprenditori in odore di mafia), a cui Luberto “doveva” qualcosa, l’oggetto del contendere.

Su evidente pressione politica – ovvero dopo aver ricevuto tanti piaceri dalla politica è arrivato il momento di restituirne qualcuno – Luberto si adoperava in tutti i modi a boicottare il lavoro del pm Bruni: non sa lavorare, non fa i riscontri, la sua è una inchiesta raffazzonata, e gli spifferi sulle indagini soffiavano che era una meraviglia. Fughe di notizie, verbali tanto al chilo, polpette avvelenate. La situazione era talmente fuori controllo che l’ex procuratore capo Lombardo è stato costretto ad intervenire pubblicamente annunciando una severa inchiesta sulla fuga di notizie. Inchiesta che non è mai iniziata. Figurati!

Una guerra continua e giornaliera: di giorno Bruni tesseva e la notte Luberto disfaceva. Una pressione talmente forte che da Roma qualcuno si preoccupò di dare un consiglio al pm Bruni: se vuoi quel bel posticino di procuratore capo nella tranquilla e balneare Paola, forse è il caso di ascoltare Luberto. E così è stato. Bruni “trasferito” e fascicolo Cosenza “imboscato”. Cosenza la faceva franca ancora una volta. E questo spiegava il perché la Dda ha toccato tutti, Castrolibero, Rende, Acri, dove ad operare sono cosche di Cosenza, tranne che la città dei Bruzi.

Del resto, l’ammanicamento di Luberto con la politica e la sua “voglia” di tutelarli sarebbero uscite fuori, in tutta la loro evidenza, dall’operazione Frontiera, inchiesta contro il clan Muto condotta proprio da Luberto. Ebbene, com’è noto a tutti, nonostante un’intercettazione dei Ros che  inchiodava alle sue gravi responsabilità il senatore Magorno – fatta arrivare alla stampa, dove il senatore Magorno in auto con un pezzotto della sanità locale si vantava dell’appartenenza al clan Muto e si diceva disponibile a ogni tipo di favore nei loro riguardi –  dal fascicolo dell’inchiesta Frontiera, spariscono magicamente sia il senatore che l’intercettazione che lo riguarda. Chi ha fatto sparire l’intercettazione dal fascicolo, apparsa poi magicamente su un giornale on line? Un ci vo zingara

La conclusione di questo racconto è semplice è unica: fino a che c’è stata la presenza di Luberto nella Dda di Catanzaro, Cosenza è rimasta un covo di pirati che godevano non solo di privilegi, ma anche di una vergognosa impunità.

E però anche adesso che Luberto è rimasto prigioniero dei suoi démoni e Jole Santelli non c’è più, Cosenza – e soprattutto gli Occhiuto – non si toccano. L’unica “concessione” è la testa di Manna, che è sempre meglio di niente ma – così come accade a Catanzaro col suo omologo e “capo” Pittelli – non può chiarire veramente gli equilibri di forza e di potere della massomafia calabrese. E Gratteri complessivamente non ci fa una bella figura, anzi, stando così le cose, passerà alla storia come il procuratore sotto la cui guida Forza Mafia ha vinto due volte (su due!) le elezioni regionali e l’eliminatore “ufficiale” del povero Palla Palla.