Cosenza, il blitz di Gratteri. Il ruolo del sindacalista Cisl Gianluca Campolongo: è accusato di estorsione a “La Cascina”

I clan confederati di Cosenza e Rende hanno preso di mira anche “La Cascina Global Service”, società dedita al servizio di mense presso istituti scolastici e ospedali. Ai danni dei titolari Bonifacio Sancineto detto Fabio e Giovannino Stigliano e dell’addetto alla contabilità Enzo Albanese viene consumata un’estorsione documentata da intercettazioni, servizi Ocp e perquisizioni.

Gli indagati non sono soltanto uomini d’ambiente come Adolfo e Massimo D’Ambrosio, Fabio Ciranno e Ivan Montualdista ma c’è anche un sindacalista, il cui coinvolgimento nell’inchiesta è stato tenuto praticamente “nascosto” fino ad oggi, anche per timore di sempre possibili omonimie. Oggi possiamo invece affermare con sicurezza che c’è un sindacalista coinvolto nella retata e si tratta di Gianluca Campolongo della Cisl. Ma prima di addentrarci nel suo “ritratto”, vediamo di che cosa viene accusato dalla Dda di Catanzaro.

Fabio Ciranno era assunto presso “La Cascina” mentre gli altri indagati non avevano rapporti formali con le vittime dell’estorsione, che ne potessero giustificare le diverse interlocuzioni avute. Il 6 settembre del 2018 veniva captata una conversazione tra Massimo D’Ambrosio, che si presentava come “sindacalista” e Bonifacio Sancineto. Il 21 settembre 2018 il Montualdista veniva contattato da Michele De Rose, amministratore unico della cooperativa sociale denominata “Mac”, vicepresidente dell’associazione “Nemesi”, e tesoriere dell’associazione Calabria, il quale gli chiedeva il numero di quello della mensa. Poco dopo il Montualdista contattava il Sancineto per avvisarlo che aveva vinto l’appalto e che volevano contattarlo.

Dalla conversazione di qualche mese prima, il 18 maggio 2019, tra Massimo D’Ambrosio e il Montualdista emergono i primi elementi sul rapporto tra gli indagati e le vittime. Il D’Ambrosio si premurava infatti di ricordare al Montualdista che avrebbe dovuto pretendere denaro o assunzioni da Sancineto e Stigliano, poiché gli appalti vinti, e quelli che vinceranno, erano chiara conseguenza del loro “interessamento”. Le disposizioni del D’Ambrosio al Montualdista erano chiare, ed erano anche riferite alla citazione del fratello Adolfo e alle conseguenze che si sarebbero verificate in caso di rifiuto.

Nel corso della conversazione del 22 maggio 2019 tra Massimo D’Ambrosio, Ivan Montualdista e Gianluca Campolongo, il D’Ambrosio esplicitava in maniera diretta la natura dei rapporti e delle pretese estorsive nei confronti delle vittime.

“… Che siamo a Cosenza, una chiamata falla, sempre dolce dolce, ci abbiamo fatto prendere certi lavori a La Cascina… Vagli a dire che vogliamo due assunzioni per queste cose che gli stiamo facendo fare se no quando arriva il ìbomber poi gli deve dare le assunzioni e pure i soldi…”.

Nel prosieguo gli interlocutori discutevano su come dovevano raggiungere il luogo di incontro con il Sancineto, ipotizzando accorgimenti per eludere eventuali indagini in corso. In particolare, il D’Ambrosio suggeriva al Montualdista di non usare la sua auto.

Gianluca Campolongo partecipa attivamente alla discussione e, secondo l’ordinanza, “è pienamente inserito nelle questioni del gruppo e consapevole delle spartizioni delle estorsioni nel territorio cosentino”, Inoltre, annuncia di voler mettere a disposizione anche il suo veicolo.

Il 24 maggio 2019 il monitoraggio dell’auto del Montualdista confermava che questi aveva adoperato lo stratagemma suggerito dal D’Ambrosio avendo lasciato il suo veicolo in un punto preciso per poi recarsi in altro modo all’appuntamento con le vittime.

In data 23 agosto 2019 veniva captata un’altra conversazione tra il Montualdista e il D’Ambrosio Adolfo, nel corso della quale il primo raccontava della raccomandazione minatoria fatta al Sancineto… Il principale riferimento all’estorsione da parte degli indagati ai danni delle persone offese viene conferito da Adolfo D’Ambrosio, il quale, durante la conversazione del 14 settembre 2019, in modo diretto esplicitava non solo l’estorsione in corso ma anche l’importo che richiedeva alle vittime: “… Ditegli a Giovannino e a Fabio che si fanno male tutti e due con la risposta che mi hanno mandato… che poi ci vado… io sono consapevole che mi vado a fare la galera, loro devono essere consapevoli che si fanno male tutti e due… mi devono dare 1.500 euro di più del breakfast e del bar…”.

Per queste estorsioni, esistono anche effettivi riscontri. Dal monitoraggio delle conversazioni, sono emerse diverse dazioni di denaro, a titolo di pizzo, da parte delle vittime riscontrate anche da altri atti di indagine, quale ad esempio la perquisizione di Fabio Ciranno che veniva trovato in possesso di 1.000 euro in contanti posti all’interno di una busta. Dalla conversazione tra il Montualdista e il Ciranno del 6 dicembre 2019 emerge non solo la scadenza del pagamento del pizzo da parte del Sancineto ma anche il lungo periodo di durata dell’estorsione, ossia sei/sette anni.

In data 20 dicembre 2019 il Ciranno veniva sottoposto a perquisizione, all’esito della quale si rinvenivano: un involucro contenente la somma in danaro di 3.000 euro in contanti; una busta da lettera chiusa con nastro adesivo contenente la somma di 1.000 euro in contanti; un portafoglio contenente la somma di 130 euro in contanti.

Le ragioni del possesso di tale ingente quantitativo di denaro in contanti che già risulta collegato alle estorsioni viene chiaramente spiegato dal Ciranno nel corso del suo sfogo con la moglie, allorquando riferiva: “… Fai piaceri agli altri… mi hanno fermato, mi hanno sbunnato, macchine… addosso… mi hanno trovato con cinquemila euro in contanti… e questa è la prima e ultima volta che gli vado a prendere i soldi… ora l’ho chiamato e non mi risponde… ora vado e gli dico “tieni qua, a me non mi rompere più i coglioni…”.

Dalle indagini emerge anche la spartizione dei proventi dell’estorsione ai danni de La Cascina, di cui una parte era destinata al clan Lanzino-Patitucci.

Alla luce di quanto esposto, questa è una delle estorsioni con maggiori riscontri e indizi di colpevolezza dell’intera inchiesta. I quattro indagati hanno ciascuno un proprio ruolo, compreso il sindacalista Campolongo, che è pienamente partecipe di quanto avviene per anni. Le minacce proferite, le continue chiamate e convocazioni delle parti offese, nonché tutti gli accorgimenti utilizzati per eventuali indagini, non lasciano dubbi in ordine allo svolgimento dei fatti così come contestati dal pm.

La durata significativa delle estorsioni subite da “La Cascina” manifesta un’allarmante gestione delinquenziale da parte del gruppo D’Ambrosio rispetto al quale, dunque, vanno aggiunte tutte le aggravanti tanto del metodo quanto dell’agevolazione mafiosa. Quanto al metodo è sufficiente rilevare come il D’Ambrosio proferiva minacce gravi veicolandole tramite i suoi adepti e tali minacce risultano amplificate da una forte carica intimidatoria proprio perché provenienti da un soggetto la cui caratura criminale era ben nota alle vittime. Quanto all’agevolazione, invece, basta ricordare la conversazione relativa alla spartizione dei proventi dell’estorsione, poiché delinea in modo cristallino la finalità agevolativa del delitto commesso rispetto al gruppo. Nell’ordinanza si fa specifico riferimento al “concorso” da estendere pienamente anche al sindacalista Gianluca Campolongo, che infatti è stato arrestato.

Gianluca Campolongo, originario di Terranova da Sibari, classe 1977, è un sindacalista della Cisl ormai da oltre vent’anni ed è impegnato in più settori. Ricopre attivamente incarichi regionali e si occupa principalmente di igiene ambientale, sanità e trasporti. Il suo rapporto con “La Cascina” riguarda certamente la sua attività sindacale. Chi lo conosce, riferisce che è un personaggio molto influente e molto “rispettato” all’interno della Cisl. Tra gli altri incarichi del Campolongo, ci sono anche quelli che lo vedono spesso protagonista delle alterne vicende della raccolta dei rifiuti a Cosenza e provincia. Campolongo, in particolare, spesso ha difeso a spada tratta i suoi amici Pulignano, patron dell’azienda Ecoross di Corigliano-Rossano.