Ormai lo hanno capito tutti i cosentini, compresi quelli che lo hanno votato: la sindacatura di Franz Caruso si sta rivelando una delle peggiori che la città di Cosenza abbia mai conosciuto. Dal momento in cui si è insediato, l’incappucciato Franz ha dimostrato soltanto due cose: arroganza e servilismo. Arrogante verso chi osa rivendicare diritti senza passare attraverso il meccanismo del favore; servile nei confronti della paranza politica che lo ha piazzato su quella poltrona. Che Franz Caruso sia una marionetta manovrata da Nicola Adamo ormai lo sanno persino i bambini. Non c’è alcun dubbio: tutta la sua azione politica ruota intorno agli interessi di Nicola Adamo e del suo entourage. Il metodo è sempre lo stesso: assegnazioni a ditte amiche, cottimi fiduciari, somme urgenze, corsie preferenziali negli uffici comunali, con la solita compiacenza di qualche dirigente connivente.
Ma il servilismo di Franz verso Nicola Adamo non si ferma qui: tutto ciò che riguarda la cultura cittadina e i relativi finanziamenti è stato affidato a Rita Adamo, figlia di Nicola. È lei, dall’alto di quali competenze non si capisce, che decide cosa è cultura e cosa non lo è a Cosenza. È sempre lei a stabilire quali murales possono restare e quali debbano essere cancellati, quale artista possa esibirsi e chi invece debba essere escluso. Decide chi deve lavorare e chi no.
Nel frattempo, la città sprofonda nell’abbandono: sporcizia ovunque, strade impraticabili, la “città vecchia” che, nonostante i proclami, continua a cadere a pezzi. Il welfare è praticamente inesistente, gestito da un assessore palesemente inadeguato, Buffone. I trasporti funzionano a singhiozzo, l’ospedale è allo sbando, e l’economia cittadina sembra ormai in stato di coma irreversibile. Questo è il bilancio, sotto gli occhi di tutti, dei primi tre anni di Franz Caruso, meglio conosciuto come la “marionetta”. Naturalmente, Franz non poteva fare tutto da solo. Per questo Nicola Adamo, con la sua esperienza, ha pensato bene di affiancargli qualcuno che potesse svolgere il lavoro sporco: Giuseppe Mazzuca, il presidente del consiglio comunale. Mazzuca è una figura mediocre, che da sempre si barcamena nel sottobosco politico per sopravvivere. È un opportunista che approfitta del bisogno altrui per racimolare qualche voto con promesse che sistematicamente si rivelano false. Da sempre al servizio dei grandi capibastone politici, ha imparato bene l’arte di prendere in giro la gente. Un perfetto guapp’e cartone.
È stato Nicola Adamo a scegliere Giuseppe Mazzuca per ricoprire il ruolo di presidente del consiglio comunale, proprio per le sue qualità di quaquaraquà. Abbassa la testa senza discutere e si accontenta di qualche briciola, nascondendosi dietro un’apparenza fatta di vestiti eleganti e una retorica vuota sulla legalità. Il suo vero incarico, però, è chiaro: favorire gli amici degli amici che Nicola e soci indirizzano verso il suo ufficio. Non è un caso se persino gli emissari dei clan si sono rivolti a lui. Nicola e compari lo usano proprio per la sua scarsa intelligenza, affidandogli il lavoro sporco. Non serve neanche convincerlo troppo: basta fargli credere di essere un grande politico e promettergli nomine che non arriveranno mai. Nella sua lunga carriera politica, Mazzuca non ha mai raggiunto un risultato degno di nota. Si crede un personaggio di spessore, ma nella gerarchia delle paranze politiche non è altro che “un ladro di sterei” (mestiere ormai in disuso) che si sente Arsenio Lupin. In sostanza, un guapp’e cartone, pericoloso proprio perché vigliacco. Alla prima difficoltà, è pronto non solo a fuggire, ma anche a scaricare le sue responsabilità sugli altri.
Franz Caruso, quello dell’operazione verità sui conti comunali, che blatera di legalità e poi permette a un attenzionato dalla DDA di fare l’usciere davanti al suo ufficio, è sempre stato al corrente del ruolo reale di Giuseppe Mazzuca. Si potrebbe dire che sia suo complice. Ha sempre fatto finta di non vedere il via vai di personaggi strani nell’ufficio di Mazzuca e nei corridoi comunali. D’altronde, eseguire il volere di Nicola Adamo è un imperativo per entrambi. Ed è per questo che Nicola li ha accoppiati, sono il duo perfetto: il burattino incappucciato e il guappo di cartone, che giocano a fare i politici in pubblico ma in realtà si limitano a eseguire gli ordini dei loro burattinai. Hanno passato tre anni a recitare una farsa tragicomica, con pose da statisti e manovre da dilettanti, mentre dietro le quinte tirano i fili quelli che comandano davvero, costringendo i cittadini di Cosenza cittadini a sopravvivere tra disastri amministrativi e un copione politico da commedia dell’assurdo. Se questi tre anni fossero un film, sarebbe una produzione a basso costo, con attori pessimi e una trama scontata. E se la città non si sveglia saremo costretti a vedere anche gli ultimi due anni di questo orrendo film.