Cosenza, il “laboratorio della droga” della questura: ennesima soffiata a Spina

Comprendiamo la necessità del questore Spina, poliziotto integerrimo, di comunicare ai cosentini la quotidiana azione di contrasto al crimine messa in campo dal suo ufficio, ma da un professionista come lui, che di operazioni antidroga è uno specialista, ci saremmo aspettati, nella comunicazione, più serietà. O meglio: meno enfasi, meno suggestioni, e più verità. È di oggi la notizia del ritrovamento di un “laboratorio della droga” situato a Città 2000, a due passi dal centro cittadino. A leggere la velina che il questore ha inviato alla stampa locale – i giornali hanno titolato: “scoperto a Cosenza laboratorio della droga” –  tutti hanno capito e pensato ad una scoperta sensazionale per la città. Un laboratorio di droga è roba pesante, tipo i marsigliesi a Palermo durante gli anni di Totò Riina, o i laboratori della camorra a Scampia. Non è “roba” che si scopre tutti i giorni. E poi l’esistenza di un laboratorio della droga a Cosenza è indice anche di una certa potenza dei narcos locali, il che rende la scoperta del questore importante soprattutto sotto il profilo investigativo. Che a Cosenza si consuma e si spaccia cocaina in ogni dove lo sanno tutti, ma nessuno avrebbe mai pensato all’esistenza di un laboratorio casereccio per produrre direttamente la droga. Perché in un laboratorio della droga si produce la droga. E questo lo sa bene Spina che di laboratori della droga ne ha smantellati parecchi.

Sa bene Spina che in un “laboratorio della droga” si trasforma, chimicamente, la pasta di coca in cocaina, vedi Bogotà, l’oppio in eroina, come avviene nel triangolo d’oro del sud-est asiatico (Birmania, Thailandia e Laos), e poi nei laboratori della droga si produce una infinità di droghe sintetiche: polverine e pasticche di tutti i colori e per tutti i gusti. Diciamolo: a Cosenza un laboratorio della droga non se l’aspettava nessuno. Questa volta il questore ha fatto centro, una medaglia non gliela leva nessuno, almeno così tutti hanno pensato. Ma è bastato leggere fino in fondo la velina per capire che l’operazione del questore altro non è che l’ennesimo sequestro di fumo, spacciato, ed è proprio il caso di dirlo, come laboratorio della droga.

La velina suggestiva inviata dal questore alla stampa descrive così la brillante operazione: gli investigatori, dopo aver notato strani e sospetti movimenti di alcuni personaggi dediti allo spaccio e noti alle forze dell’ordine, nei pressi delle loro abitazioni, e dopo aver “espletato ogni tipo di accertamento info-investigativo” hanno deciso di intervenire, arrestando tre persone. Con l’ausilio delle unità cinofile della Questura di Vibo Valentia, gli agenti hanno fatto irruzione nell’appartamento sito a Città 2000, in uso a uno degli arrestati, scoprendo un vero e proprio “laboratorio della droga”.

All’interno del laboratorio gli agenti hanno rinvenuto una ingente quantità di droga: un chilo e mezzo di fumo e mezzo chilo di erba. E per meglio rendere l’idea del “laboratorio” Spina, che di laboratori della droga ne capisce, ha inviato ai giornali le foto che rappresentano l’operatività produttiva del laboratorio clandestino di droga. Che non “immortalano” però alambicchi, provette, reagenti, ma contenitori e bustine di plastica, usati per la conservazione del fumo e dell’erba. C’è persino un frigorifero, e qui la suggestione raggiunge l’apice, dentro il quale veniva conservata la droga. Uno “strumento” indispensabile che si trova in tutti i laboratori che trattano “sostanze” che vanno conservate a certe temperature. La prova provata che in quella casa si produce, chimicamente, l’erba e il fumo. Conservare l’erba in una busta sottovuoto in frigo serve a conservarla meglio, così come si fa con tanti altri prodotti che consumiamo ogni giorno.

Il laboratorio delle droga scoperto dal dottor Spina, di fatto non esiste. A meno che il dottor Spina, che di droga ne capisce, non consideri la buona conservazione del prodotto, in questo caso fumo e erba, come il risultato di un processo di produzione chimica degli spinelli. Tutti sanno che l’erba è un vegetale come il pomodoro, e non ha bisogno di essere assemblata in un laboratorio. Cresce come tutti gli altri vegetali, e come il pomodoro produce i suoi “frutti” alcuni si mangiano altri si fumano. Anche la produzione del fumo non necessita di un laboratorio, basta saper raccogliere il “kief” dopo aver sbattuto le cime di marijuana. Più che un chimico, come serve nei veri laboratori della droga, per produrre l’erba, serve un buon contadino. Ma nonostante ciò, Il questore Spina ha inteso pubblicizzare la scoperta enfatizzando un aspetto che non esiste. Forse ha problemi a ridurre tutto al classico sequestro. E questo lo si capisce anche dalla sottolineatura, nella velina, del “lavoro investigativo”. Come a dire: non solo posti di blocco, ma anche pedinamenti, appostamenti, intercettazioni, in una parola: intellingence. La ciliegina sulla velina del questore. Solo che, e questo lo hanno capito tutti, più che di lavoro investigativo, anche questa volta, siamo di fronte all’ennesima soffiata proveniente da ambienti malavitosi che hanno deciso di sbarazzarsi della concorrenza. Una pratica diffusa tra i pusher locali. Ma il questore non può certo raccontarla così, perciò enfatizza e crea suggestioni, che non servono solo a dare l’idea di un impegno investigativo ad alti livelli, bensì a dare un senso professionale, al quale è abituato, alla sua presenza, a scadenza, alla guida della questura di Cosenza. Una sorta di iniezione di autostima, in momento delicato, per capirci. E noi lo comprendiamo (il questore). Speriamo solo che il dottor Spina non esageri però, non vorremmo leggere, domani, sui giornali di tutto il mondo, che il triangolo d’oro è diventato un quadrilatero d’oro, con l’aggiunta di Cosenza.