Nel giorno dello sciopero generale Cosenza, come tante altre città italiane, risponde alla grande. Sin dalle prime ore del mattino la piazza comincia a riempirsi: gruppi di studenti, lavoratori, famiglie, bandiere che spuntano agli angoli delle strade. Alla partenza del corteo sono già migliaia, e il colpo d’occhio è quello delle grandi occasioni. Né i vili tentativi di boicottare lo sciopero, né i precetti, le minacce o le intimidazioni sono riusciti a fermare questa marea che cresce di giorno in giorno.
Avanzando per le vie del centro, il corteo si carica di significato. Non è solo una protesta, ma il segno che la coscienza civile vince sulla disumanità. È la dignità collettiva di chi rifiuta di essere complice di uno sterminio sistematico, che non risparmia nessuno, neppure i bambini. L’onda umana si muove compatta e colorata: è la Cosenza dei valori, quella che mette insieme pace, solidarietà e spirito di giustizia. Le bandiere della Palestina sventolano accanto a quelle dei sindacati promotori, in un abbraccio che profuma di fratellanza con un popolo martoriato, sterminato, umiliato. Il passo è deciso, ma il clima resta pacifico: cori, canti e striscioni riempiono l’aria, trasformando le strade in un fiume di voci.
E poi il momento che resterà impresso. Quando il corteo passa davanti alla scuola di via Roma, dalle finestre spuntano mani, cartelli, applausi. I bambini salutano i manifestanti e alzano fogli con una sola parola: “Pace”. La folla risponde con un boato di emozione. Resta negli occhi quell’immagine che nessuna retorica potrà cancellare: i bambini affacciati alle finestre, con cartelli improvvisati e un’unica parola sulle labbra: “Pace”. Un grido semplice, disarmante, che pesa come un macigno. Ogni applauso che saliva dalle finestre era un filo invisibile che univa i piccoli studenti di Cosenza ai loro coetanei palestinesi. Oggi il coro più bello è stato quello che si è levato dalle aule dei piccoli studenti: un coro vero, sincero, pulito, che di certo è arrivato fino a Gaza.









