Franz Caruso è un uomo distrutto dentro. Frustrato, umiliato, annientato ogni giorno da una realtà che è costretto a vivere e che non può cambiare: quella di essere un servo, il cameriere personale di Nicola Adamo. È il prezzo che ha consapevolmente accettato di pagare pur di indossare il tanto agognato pennacchio da sindaco.
Ogni mattina, quando si guarda allo specchio, vede un burattino. Un servo travestito da sindaco. Sa perfettamente che dovrà continuare a recitare un ruolo, fingere autorevolezza, spacciarsi per ciò che non è. Perché Franz non è il sindaco della città: non governa, obbedisce. E chi obbedisce senza dignità non è un sindaco. E per quanto poco ne abbia, di dignità, non può certo negare a se stesso – guardandosi allo specchio – di essere un servo nelle mani di Capu i Liuni. I frustrati sono consapevoli della loro sudditanza. Non possono negare la loro insoddisfazione, perché è come un tarlo che li rode dentro, li devasta, li svuota. E la necessità di sfogarlo su qualcuno diventa impellente.
Franz sa benissimo di non contare nulla dentro il Comune. Su tutto ciò che realmente decide il destino della città – appalti, soldi, incarichi, urgenze gonfiate, servizi – la voce è una sola: Nicola Adamo. Franz si limita a firmare. Vive una condizione di frustrazione da quando si è seduto sulla sedia da sindaco. Frustrazione che ha saputo abbinare perfettamente alla sua vigliaccheria. E i vigliacchi come lui, si sa, per sembrare coraggiosi e determinati agli occhi dei cittadini, sfogano la propria frustrazione su bersagli facili. E i bersagli facili sono sempre i deboli.
È con chi non ha santi in paradiso, come Nicola Adamo, che Franz scarica le sue nevrosi da sindaco represso, in cerca di un tono pubblico che non gli appartiene. Sfratta i poveri, ma permette ai morosi malandrini che si sono impadroniti del patrimonio sportivo pubblico di restare. Cancella ogni forma di servizio sociale e massacra gli ultimi commercianti che ancora resistono, mentre consente ai palazzinari di costruire dove vogliono, come vogliono, senza versare un euro di oneri. Gioca al duro e decisionista con lo spostamento della statua di Giacomo Mancini, uno che la fascia da sindaco la rispettava e la onorava, ma si accuccia davanti a chi ogni giorno umilia la città. Fa il legalista con chi vende frutta per strada, con chi occupa uno spazio pubblico per necessità, con chi protesta per la mancanza di servizi essenziali, con chi pretende risposte dalla pubblica amministrazione. Poi però finge di non vedere il viavai di malandrini e intrallazzatori davanti alla porta del suo ufficio.
Non può fare il duro con loro. Non può permetterselo. Sono gli amici di Nicola, e servirebbe coraggio. Quel coraggio che un codardo come lui non avrà mai. Ecco perché Franz il frustrato si accanisce sui simboli, sui deboli, sui più fragili. Perché è solo contro chi non può difendersi che può illudersi di avere potere. Ma è un potere finto, di cartone. Un’autorità messa in scena davanti ai deboli, dopo aver strisciato davanti ai forti.
Franz è un sindaco che finge di comandare, ma ha paura di chi comanda davvero.
Colpisce chi non può reagire, perché è troppo codardo per sfidare chi lo comanda.
E anche quando sembra che lo faccia, annunciando di sostenere Principe a Rende, è solo un teatrino al quale non abbocca nessuno.