Cosenza, il presidente Ciarcia e le luminarie di somma urgenza: una sentenza “illuminata”

In attesa di leggere le motivazioni della sentenza emessa ieri al termine del travagliato processo per gli “appalti spezzatino” alle ditte mafiose e amiche di Occhiuto, dal collegio giudicante del Tribunale bruzio composto dal presidente Carmen Ciarcia e dai giudici a latere Stefania Antico e Iole Vigna, che ha assolto ex dirigenti, funzionari comunali e imprenditori, accusati dalla procura di corruzione, falso e abuso di ufficio (25 capi d’imputazione), sorgono spontanee alcune riflessioni, a caldo, che di seguito esponiamo.

L’inchiesta nasce nel lontano 2016. Ad aprire “il fascicolo” la dottoressa Marisa pettinabambole Manzini. Era il tempo dello “sciacqua Rosa e bive Agnese”, al quarto piano di Palazzo dei Bruzi. Le determine dirigenziali agli amici degli amici viaggiavano alla velocità della luce. E su sollecitazione della stampa, e del senatore Morra che le aveva promesso un futuro radioso (ma non aveva fatto i conti con l’oste Gattopardo Spagnuolo), Marisa prende il toro per i boccoli e mette sottosopra gli uffici comunali. Nel mentre Morra presentava esposti sugli appalti, sul canile di Donnici e su tanto altro. Armata di forbici e pettine, Marisa ipotizza un sistema truffaldino utilizzato dall’amministrazione Occhiuto per bypassare le gare d’appalto, spezzettando i servizi per affidarli direttamente, utilizzando la procedura del cottimo fiduciario, alle “ditte amiche” e spesso in odor di mafia. Ma l’impeto di Marisa, decisa a pettinare tutti, finisce presto, ed è costretta alla fuga a Roma insieme al suo amico Morra, lasciando l’inchiesta nelle mani del Gattopardo, noto difensore degli affari di Occhiuto. Qualche dubbio su “come è stata condotta questa inchiesta”, è più che legittimo. Approfondiremo presto – ma non adesso – questo aspetto, ovvero il rapporto tra la Manzini e Morra.

Quello che vogliamo capire dalle motivazione della sentenza è quale logica ha usato la dottoressa Carmen Ciarcia nell’assolvere, ad esempio, il proprietario della ditta Med Labor Antonio Scarpelli. Quello delle luminarie per capirci. Siamo veramente curiosi di capire come il presidente Ciarcia ha giustificato l’evidente rapporto privilegiato (leggasi monopolio) tra l’amministrazione Occhiuto e la Med Labor, attraverso l’uso illegale dello strumento del cottimo fiduciario e della somma urgenza. La Legge a riguardo è chiara e dice che le assegnazioni dei lavori sotto la soglia dei 40.000 sono regolate da una turnazione delle ditte iscritte “all’albo comunale”. E invece la Med Labor, è l’unica ditta che prende tutto senza mai “turnare”. E a dirlo sono le carte che di seguito esponiamo, documenti che avrà letto sicuramente la dottoressa Ciarcia, ed è per questo che non vediamo l’ora di leggere cosa ha scritto la corte per giustificare quello che nessuno al mondo può smentire: il rapporto di clientela illegale tra l’amministrazione Occhiuto e la Med Labor.

Ecco le “carte”. La Med Labor una volta aveva sede sulla costa tirrenica. Nel 2012 decide di “sbarcare” a Cosenza, e dal quel giorno iniziano anche le sue fortuna. Prima del 2011 arrancava. Infatti fatturava meno di 10 mila euro all’anno, una ditta, diciamolo, sull’orlo del fallimento. Ma dal 2012 in poi il suo fatturato sale vertiginosamente fino a fatturare per un intero quinquennio quasi 200 mila euro all’anno. Una specie di miracolo, che è subito spiegato: la Med Labor fattura solo al Comune di Cosenza e al Comune di Fuscaldo, stabilendo anche un record: in 39 mesi ha ricevuto da Occhiuto 40 determine, tutte affidate direttamente, in palese barba alla regola della turnazione, e tutte rigorosamente sotto la soglia dei 40.000 euro. Una al mese: come se mettere le luminarie fosse cosa urgente al pari della rottura di qualche condotta dell’acquedotto. E così facendo, la Med Labor si è vista liquidare 595 mila euro tra il 2012 e il 2014.

Ma è sul Lungofiume che la coop offre i suoi servizi migliori: solo nel 2013 ha noleggiato illuminazione artistica, palco e gruppo elettrogeno, occupandosi anche del service per audio e luci. Un duro lavoro, ma ne è valsa la pena: nelle casse, infatti, si è ritrovata, pochi mesi dopo 120.832 euro. In realtà gliene sarebbero spettati 122.416 ma uno sconto a un cliente affezionato si fa sempre, no? Tanto più se poi, l’anno successivo, te ne fa guadagnare altri 221 mila e rotti.

Solo nei primi due mesi e mezzo del 2015 Palazzo dei Bruzi ha impegnato oltre 170 mila euro che sono andati alla Med Labor per il Carnevale (19.520), i “Saldi di Alarico” (2.440), le “Buone Feste” (22.800), la festa di San Giuseppe (48.190) e quella patronale (47.580) e la Fiera (29.820). E mancano i conteggi rispetto al Lungofiume Boulevard.

Ecco, questi sono fatti messi nero su bianco. Se questo non è un rapporto di “monopolio illegale clientelare”, tra Occhiuto e Scarpelli diteci voi: che cos’è? O meglio, aspettiamo di leggere come spiegherà questo “strano rapporto” di forniture di materiale non urgente, ma fatto passare per tale, in totale e certificato regime di monopolio tra la pubblica amministrazione e la Med Labor, la dottoressa Ciarcia.