Prima di ogni altra considerazione voglio esprimere la mia piena e sincera solidarietà all’ assessore Francesco De Cicco, vittima l’altra sera di un odioso atto intimidatorio, concretizzatosi con l’incendio della sua autovettura. Un classico degli avvertimenti. Del resto a Cosenza quello di incendiare le auto ad imprenditori e politici è una prassi consolidata che non ha mai portato in galera nessuno. Nell’era del questore Liguori molti sono stati gli incendi di autovetture rimaste senza un colpevole; quella del sindaco di Rende, l’avvocato Manna, quella dell’architetto Cundari, quella degli imprenditori di viale della Repubblica, eccetera giusto per citarne alcuni. Ed anche in questo caso penso sarà così.
Ma perché hanno incendiato l’auto all’assessore De Cicco? Di che natura è questo attentato? E soprattutto chi è stato?
Domande alle quali sono chiamati a dare una risposta gli investigatori della Digos che conducono le indagini. Una indagine che come le altre sarà di difficile conclusione. In questi casi o si ha una testimonianza oculare, o immagini di video sorveglianza, oppure risalire all’autore materiale del gesto è impossibile. Ma speriamo non sia così.
Qualche settimana fa avevo avuto modo di scrivere un articolo proprio sull’assessore De Cicco invitandolo ad uscire fuori dallo stereotipo di “stippa tombini” che lui stesso si era creato. Incoraggiandolo a produrre azioni anche di natura politica, visto il suo ruolo, e la natura del suo movimento “Cosenza Libera”.
Un primo possibile “movente” dell’infame gesto di ieri, potrebbe derivare proprio da questo. Fino a che si è occupato solo di stippare tombini, non c’è stato nessun problema, nel momento in cui ha deciso di intervenire politicamente su fatti di cui è meglio non occuparsi è arrivata l’intimidazione.
Mi riferisco all’iniziativa promossa dall’assessore De Cicco: la “Consulta dei Comitati di Quartiere”, che giorno 18 dicembre ha visto la partecipazione del questore Conticchio, e diversi dirigenti della questura. Un incontro, con i cittadini per parlare delle problematiche dei quartieri legati alla sicurezza. Un invito che forse non è piaciuto a qualcuno che non ama la legalità e la Legge. Come a dire: già abbiamo i problemi nostri con retate e pentiti, mo’ ci mancavi solo tu De Cì, ca puarti pura a bagna aru quartiari. Qualcuno non ha gradito la richiesta di legalità espressa dall’assessore, e così ha deciso di mandargli un avvertimento: continua a stippare tombini e lassa sta l’atri cosi.
Ma c’è chi non è d’accordo con questa tesi, e pensa che i motivi siano da ricercarsi altrove. Ad esempio nelle frequentazioni dell’assessore, anche suo malgrado, con elementi malavitosi del quartieri, e di conseguenza a qualche promessa non mantenuta. O qualche patto non rispettato nella “distribuzione” del lavoro di manutenzione. O peggio qualche sgarro a qualche pezzotto della mala che governa l’intero quartiere di via Popilia.
Nessuno che non fosse “autorizzato” avrebbe mai commesso questo attentato. Perché in quella zona si sa che nessuno si muove senza autorizzazione. Specie se devi bruciare l’auto di un assessore sapendo le conseguenze che un azione del genere si porta dietro in termini di repressione, e presenza di polizia sul territorio. E se così è, vuol dire che l’avvertimento non era più rimandabile, al punto di rischiare di accendere i fari della legge proprio su chi preferisce il buio e il silenzio.
Quale che sia il motivo, quello di ieri resta un gesto grave che merita una soluzione giudiziaria, che purtroppo non arriverà mai. Basta ricordare l’incendio dell’allora sede del PSE in vi Popilia, per capire che quando c’è di mezzo la politica e le sue possibili commistioni, la tendenza è sempre quella di occultare, anche quando si è a conoscenza del colpevole.
GdD