Cosenza, la battaglia vincente di Antonio Tenuta: il Consiglio di Stato gli riassegna il programma di protezione

Antonio Tenuta è un testimone di giustizia noto per aver denunciato il clan mafioso degli Abbruzzese di Cosenza e dalle sue rivelazioni sono nati importanti processi trani quali il noto “Testa di Serpente”. Prima di intraprendere la propria strada da testimone di giustizia era proprietario, insieme alla moglie, di una società di portierato che gestiva la security nei supermercati cittadini con servizio di vigilanza senza armi.

Oggi dichiara quanto segue:

“A seguito di quanto è stato pubblicato su alcune testate giornalistiche locali in data 12.11.2024, è doveroso precisare quanto segue al fine di ristabilire la violata verità dei fatti.

E’ stato erroneamente scritto che io mi sarei reso responsabile di una serie di rifiuti del trasferimento intimatomi dal Servizio Centrale di Protezione mentre la verità è ben altra: ho sempre accettato “con riserva” ogni proposta di trasferimento.

Tale precisazione è essenziale poiché intendo difendere la correttezza della mia condotta anche pubblicamente, ragion per cui non posso consentire che passi sui media una versione dei fatti gravemente alterata, che mi vedrebbe quale responsabile delle mie vicissitudini.

Pur senza entrare nel merito, almeno in questa sede, delle azioni giudiziarie che mi riservo a tutela della posizione soggettiva mia e dei miei familiari, mi preme unicamente precisare che ritengo di essere vittima di un’ingiustizia e di aver subito un trattamento non consono rispetto a chi ha fornito un contributo determinante allo Stato ai fini delle indagini e dei processi che da quelle indagini sono scaturite.

Mi sembra invece opportuno precisare fin d’ora che l’accettazione con riserva rispetto ai trasferimenti proposti di volta in volta dipendeva unicamente da una serie di valutazioni svolte con consapevolezza e comunicate al Servizio Centrale di Protezione in riferimento ad un fatto preciso: la regione individuata dal Servizio ai fini del trasferimento era controindicata poiché vi risiedevano numerosi amici e parenti.

Nonostante tale precisazione il Servizio Centrale seguitava comunque – e ciò è accaduto per ben 5 volte – a reiterare la medesima proposta, nel mentre sono stato destinato in un territorio ove conosco molte persone e sono da esse conosciuto, ragion per cui non mi sento affatto di versare in condizioni di sicurezza.

Tanto è vero quanto precede che in una circostanza comunicavo al personale in servizio presso il Ministero la presenza di un soggetto scambiato per un soggetto di mia conoscenza, visto peraltro da mio figlio, che si trovava tra il pubblico sugli spalti in occasione di una trasferta del Cosenza Calcio.

A causa di tale circostanza il Servizio Centrale disponeva un trasferimento d’urgenza per motivi di sicurezza e soltanto in questa occasione (unica e sola!) mi opponevo motivando che mancavano i presupposti per il trasferimento poiché il soggetto visto allo stadio rassomigliava semplicemente alla persona da me effettivamente conosciuta.

E’ altresì da riferire che ad aprile 2024 uno dei miei legali di fiducia, inviava una pec al Servizio Centrale di Protezione richiedendo di posticipare il trasferimento in parola poiché mio figlio era avrebbe dovuto affrontare l’esame di stato ed effettuare un trasferimento a fine aprile avrebbe fatto sì che lo stesso sarebbe stato bocciato.

Ed anche in questo caso la soluzione prospettata non appariva idonea alle esigenze familiari poiché avrei dovuto lasciare, di fatto, mio figlio da solo e recarmi in altra regione con i restanti componenti del nucleo convivente.

In ultimo è da rammentare che ho effettuato numerosi richieste di essere audito dalla Commissione Centrale ex art. 10, senza, ad oggi, esservi in alcun modo riuscito e ritengo che tale occasione sarebbe stata invece fondamentale al fine di poter esporre le mie ragioni e la difficilissima condizione in cui mi trovo.

Né, tantomeno, sono riuscito ad ottenere la realizzazione del “progetto vita”, necessario per ricominciare con una nuova attività e dare un futuro diverso alla mia famiglia, nonostante la formale richiesta risalisse a quattro mesi prima della revoca.

Io e la mia famiglia abbiamo subito una serie di condizioni che hanno minato profondamente la nostra serenità, l’equilibrio dei rapporti familiari stessi e qualsiasi opportunità professionale e di reinserimento socio-lavorativo è stata vanificata.

Sono disposto a ribadire la verità in ogni sede ed a confrontarmi con chi probabilmente non è a conoscenza dei fatti e pretende di raccontare versioni di comodo o addirittura alterate.

Pieno di traumi e di dolori ma con la coscienza in pace posso asserire che la ‘ndrangheta mi ha ferito ma alcuni comportamenti di una parte dello stato mi hanno ucciso.

Ciò nonostante conservo piena fiducia nella maggior parte delle istituzioni dello Stato e nella giustizia in primis, alla quale mi rimetterò per la tutela dei miei diritto.

Nelle ultime ore un ricorso al Consiglio di Stato ha “congelato” la revoca dello speciale programma di protezione, evidenziando che esiste ancora un grave pericolo per la sua incolumità. La battaglia continua!”.

Antonio Tenuta