Cosenza, la storia dell’ex hotel Jolly

L’edificio dell’ex Jolly non è bello: un parallelepipedo di cemento armato, troppo alto e sgraziato, edificato ai piedi dello straordinario scenario del bimillenario centro storico di Cosenza. Non era bello neanche negli anni ’40 quando, in preda a quella incontenibile voglia di ricostruzione post-bellica, fu eretto per ospitarvi uno degli alberghi della moderna, modernissima, prima catena alberghiera italiana: la Jolly Hotels S.p.A., modellata su quelle americane che tanto piacevano a Gaetano Marzotto, il suo fondatore. A differenza di quel che comunemente si pensa, gli edifici che ospitavano i Jolly non erano tutti eguali, alcuni sono stati costruiti, come quello di Milano per esempio, in stile “brutalista”, altri vagamente “alla Le Corbusier” disegnati come scatole in cemento a vista, vetro ed acciaio, altri, come quello di Roma, in “stile industriale” ed altri ancora come quello di Cosenza: un banale quanto disarmonico scatolone.

(Battista Sangineto, “Glorificazione di un invasore”)

Quasi cinquant’anni fa, da un cielo minaccioso e cupo, piovevano le prime gocce d’acqua. Era l’inizio dell’alluvione, uno degli eventi più catastrofici che si siano mai abbattuti su Cosenza. Per la precisione, il violento nubifragio avvenne nella notte tra 24 e 25 novembre 1959. Il bilancio fu pesante: tre morti, centinaia di dispersi e sfollati, miliardi di danni, interi quartieri sommersi dal fango, duemila senza tetto. Oltre alla città dei Bruzi, la tragedia colpì diversi centri del Mezzogiorno.

I primi acquazzoni si verificarono intorno alle metà di novembre. Improvvisamente, nella notte del 24, un boato da terremoto fece vibrare il sistema nervoso degli abitanti della valle del Crati. Poi, il buio. Il fiume aveva abbandonato il suo corso, dilagando impazzito ai piedi del colle Pancrazio. Una scena simile a quella del disastro di Sarno. Piazza Valdesi, lo Spirito Santo, Corso Telesio, vennero ricoperte da una gigantesca onda di fango, mentre la gente cercava scampo rifugiandosi nei piani alti dei palazzi. In località Garruba, un grosso tronco di pioppo sradicato dalla furia delle acque sfondò la saracinesca di un ufficio postale, disperdendo il denaro in essa custodito. Riuscì a mettersi in salvo il ministro dell’Agricoltura jugoslavo Omar Slabko che si trovava a Cosenza in visita ufficiale ed era alloggiato proprio all’hotel Jolly. Accortosi che il fango del Crati stava invadendo l’albergo, si allontanò precipitosamente dopo aver abbandonato la sua Mercedes che in breve tempo venne inghiottita dalle acque.

(Claudio Dionesalvi, Inviato da Nessuno)

Gli alberghi della catena Jolly, in tutta Italia, rappresentavano, architettonicamente, la voglia di ricostruire e di ricominciare a vivere, i nuovi modi di viaggiare e, soprattutto, la modernità, il cui simbolo principale era costituito, un po’ alla americana, dalle piscine che vi si costruivano accanto. Fu l’arcivescovo di Cosenza, monsignor Aniello Calcara, negli anni Settanta, il primo a scagliare le sue invettive: a suo avviso, la piscina dell’albergo e, più direttamente, le eventuali clienti in costume da bagno sarebbero state un attentato alla morale dei nostri devoti concittadini. Oggi tutto questo può far sorridere, specie se paragonato alle ben più irrazionali discussioni sull’edificio.Quella dell’ex hotel Jolly è una storia tanto lunga quanto ricca di polemiche. Nato per risolvere alcuni problemi, primo tra tutti lo spostamento del centro della città verso Nord ed il conseguente impoverimento della zona del centro storico, ne creò subito altri, l’orrido Hotel Jolly che dagli anni Quaranta offende la vista del centro storico. L’amministrazione ha cercato a lungo un pretesto per tirarlo giù e risistemare le sponde fluviali su cui affaccia.

(Claudio Giuliani, ex hotel Jolly: ecco la soluzione risparmia e cumparisci)

Correva l’anno 2000 quando, in qualità di Presidente dell’Ordine degli architetti di Cosenza, l’attuale sindaco Mario Occhiuto firmava un accordo con l’allora primo cittadino Giacomo Mancini affinché venisse demolito quell’ecomostro che sorge ai piedi del centro storico e che è conosciuto come l’ex albergo Jolly, che nel frattempo era diventato la sede dell’Aterp ovvero l’ex Istituto Autonomo Case Popolari (IACP). Un edificio che stona col paesaggio e ne deturpa la bellezza ostacolandone la suggestiva visuale proprio alla confluenza dei fiumi.

Oggi, dopo oltre due lustri da quella firma, la demolizione del Jolly, un palazzone completamente fuori dal contesto naturalistico in cui si trova, è realtà, dopo la firma di un atto notarile che finalmente ne stabilisce la proprietà del Comune, e che, subito dopo l’abbattimento, porterà poi alla realizzazione del Museo di Alarico sull’area finalmente “liberata”.

Era stato lo stesso sindaco Mario Occhiuto nel 2013 a dare comunicazione ufficiale del passaggio di proprietà, ormai sancito, dell’ex hotel Jolly dall’Aterp al Comune di Cosenza, nel corso di una conferenza stampa convocata all’ultimora per consentire ai giornalisti di partecipare alla firma dell’atto che decretava il nuovo percorso e consentiva all’Esecutivo Occhiuto di procedere all’abbattimento e alla conseguente costruzione del progetto museale che riguarda pure la riqualificazione delle sponde e una pista ciclabile.

“L’attuazione del programma politico-amministrativo che ha come obiettivo quello di rendere Cosenza una città più bella e più vivibile – ha dichiarato Mario Occhiuto – va regolarmente avanti. Sono orgoglioso di poter dire che sotto la mia guida sarà abbattuto un simbolo dell’edificazione irrazionale e che daremo respiro a uno degli scorci più belli di Cosenza”. Ma sono passati cinque anni e non solo non è stato abbattuto nulla ma quell’ecomostro rappresenta adesso il simbolo della voracità dei politici. 

FOTO DI FABRIZIO LIUZZI

A nessuno piace. In tanti si sono dilettati a scattare foto dello ‘scatolone’ e a modificarle facendo sparire il Jolly. Sempre in tanti hanno esaltato il panorama restituito virtualmente ai cittadini senza il mastodontico fabbricato. Il problema verte sul fatto che il Jolly è considerato un obbrobrio in mezzo a ‘tanta architettura storica’. Ma il suo abbattimento cosa restituirà alla vista del cittadino e del turista?

Un panorama poco edificante. Avete provato a superare l’area del Jolly, proseguendo verso la Massa per un centinaio di metri circa? Sulla destra, in prossimità dello slargo della parte posteriore della Casa delle Culture, si ergono vecchi e fatiscenti palazzi che conferiscono alla zona un’aria spettrale.

Abbattere il Jolly per godere della visuale mostrata dalle foto è stato un assurdo spreco: i fondi stanziati per la demolizione potevano essere usati per il recupero del patrimonio in rovina. È opinione comune, tuttavia, che il Jolly ‘stoni’ nell’area in cui è situato. Ma non costituiscono anche una ‘stonatura’ le nuovissime costruzioni realizzate nel quartiere Rivocati o in via Monaco, accanto a palazzine risalenti ai primi del ‘900? Nessuno dice, in questo caso, di abbatterle né ci si chiede perché non sia stata rispettata l’architettura originale della zona. Due pesi, due misure. In perfetto stile cosentino.