Cosenza, l’evasione di Amadou e le magagne del vecchio carcere “Sergio Cosmai”

“Inizieremo a lavorare per capire esattamente se qualcosa non ha funzionato”. Così si è espresso il Comandante dei carabinieri di Cosenza dopo il clamoroso smacco dell’evasione dalla casa circondariale “Sergio Cosmai” del ventenne nordafricano Amadou Coulibally, che arrampicandosi sul tetto del deposito e poi scavalcando il muro di cinta ha messo in ridicolo (perché di questo si tratta…) tutto il sistema di sicurezza della struttura.

La verità è che il carcere di Cosenza comincia ad essere “vecchio”, visto che è in funzione dall’ormai lontano 1982 e non è certo la prima volta che si parla di un suo “trasferimento” in altro sito più idoneo alla sua funzione. Naturalmente mai nessun media di regime e neanche i politici “addomesticati” che abbiamo (compresi quelli di Lega e M5s) solleverà il problema ma la realtà è sotto gli occhi di tutti e il ragazzo africano che è riuscito a scappare è solo la punte dall’iceberg.

COLLE TRIGLIO

Il vecchio carcere di Cosenza era a Colle Triglio, nel centro storico. Non aveva le mura di cinta e le celle si affacciavano sulla strada, permettendo il collegamento con l’esterno. All’inizio degli anni Ottanta a Cosenza era in pieno svolgimento la cosiddetta prima guerra di mafia tra i clan Pino-Sena e Perna-Pranno e gli agguati all’interno del carcere erano diventati una costante. Il 27 agosto 1980 le cronache registrano l’omicidio di Carlo Mazzei, un ragazzo di 23 anni, e il ferimento di Salvatore Pati nel vecchio carcere di Colle Triglio. Mazzei viene ucciso nella cella numero 11 del penitenziario, dove si trova in compagnia di Nicola Notargiacomo e Salvatore Pati. Un commando, composto da cinque persone, fa irruzione nella cella. Notargiacomo non viene sfiorato, mentre Pati rimane ferito da un fendente ma riesce a salvarsi proteggendosi il corpo con il materasso della branda.
Mazzei, invece, è ammazzato con nove coltellate vibrate in varie parti del corpo. L’eliminazione del ventitreenne – secondo quanto riferito dai collaboratori Roberto Pagano e Franco Pino – è una sorta di risposta data per vendicare la scomparsa per lupara bianca di Armando Bevacqua. L’uomo, che era figlio naturale di Luigi Palermo, era stato fatto sparire il 31 luglio del 1980. Mazzei veniva ritenuto vicino a Carlo Rotundo, contabile del clan Perna, ammazzato a sua volta nel 1981.
Nell’agguato teso a “Carletto”, per errore rimane ucciso un inerme passante, Pasquale
Barone, fulminato da un proiettile vagante nella sua automobile con a bordo la moglie e
il figlioletto di appena due anni.

Ce n’era abbastanza per decidere con urgenza la costruzione del nuovo carcere, che viene individuato nel quartiere di via Popilia. Siamo nel 1982 e il sindaco della città di Cosenza è Pino Gentile quando il nuovo carcere diventa realtà.

SERGIO COSMAI

Sergio Cosmai

Lo stato decide di mandare a Cosenza un uomo serio e onesto, che viene dalla Puglia, da Bisceglie per la precisione e si chiama Sergio Cosmai. L’attività professionale di Cosmai lo aveva portato in diversi ambienti carcerari come quello di Lecce e Palermo per poi arrivare in Calabria nelle vesti di direttore dei penitenziari di Locri e Crotone. Tocca a Cosmai, dunque, impegnarsi nella riorganizzazione del carcere, favorendo un clima di maggior rispetto e legalità tra i detenuti, mettendo fine a tutti quei piccoli e grandi privilegi concessi agli esponenti di spicco della criminalità locale e promuovendo una capillare sorveglianza per bloccare le attività illecite, tra cui il traffico di droga ed il possesso di armi all’interno della struttura.
Queste iniziative nella struttura di via Popilia lo portarono, però, in rotta di collisione, con quelli che allora erano i capi della criminalità locale, Franco Perna e Franco Pino, che continuavano ad esercitare il loro potere pur stando in cella. Il rifiuto poi, da parte di Cosmai, di incontrare Perna determinò la sua condanna a morte.

Il 21 giugno del 1983 le cronache registrano l’aggressione degli agenti di polizia penitenziaria ai detenuti che stavano protestando. Racconta il maresciallo Miletta: “Quel giorno alcuni detenuti diedero vita ad una protesta. Si rifiutarono di entrare nelle celle, pretendendo un’ora di aria in più. Cosmai non cedette e ci disse di ripristinare l’ordine”. Molti detenuti, Perna compreso, rimasero feriti. Alcuni dovettero ricorrere alle cure mediche. Anche alle ‘ndrine reggine non andava giù che Perna e Pino si fossero fatti strappare il controllo del nuovo carcere. Nasce proprio allora la “pax mafiosa” tra i due clan, che si accordano per uccidere Sergio Cosmai il 12 marzo 1985 e qualche anno dopo sigleranno il patto che andrà avanti, in pratica, fino alla fine degli anni Novanta, quando arriverà la seconda guerra di mafia.

Nel frattempo, la nuova casa circondariale di Cosenza viene intitolata proprio a Sergio Cosmai, com’era sacrosanto che fosse. Ma vediamo quali erano le problematiche della struttura così com’erano state sintetizzate nell’ultima ispezione del 2017.

NODI IDENTIFICATIVI E PROBLEMATICI

La principale problematica, oggetto anche di attenzione mediatica e politico-istituzionale, attiene al servizio di assistenza sanitaria specialistica di tipo psichiatrico: sono soltanto 6 le ore settimanalmente previste con 71 detenuti in terapia psichiatrica e, tra l’altro, sono affidate a specialisti ambulatoriali che si alternano, con conseguenze, quindi, anche sulla continuità terapeutica.

LA STRUTTURA
Anno di costruzione:
1948
Anno di apertura:
1982
Condizioni generali della struttura:
L’edificio non necessita di interventi di manutenzione straordinaria. Sono in corso e di prossima realizzazione opere di ristrutturazione concernenti gli spazi esterni e, in particolare, l’area verde e il campo sportivo.

GLI SPAZI DETENTIVI

Numero e tipologia delle sezioni detentive:
Nell’Istituto sono presenti due circuiti: media e alta sicurezza (AS3). Tre piani detentivi sono per quest’ultima; quattro piani sono invece per la media sicurezza. C’è poi il piano dell’isolamento e quello dei semiliberi. L’istituto è unicamente maschile e ospita circa 250 detenuti, in linea con la capienza massima.

SPAZI COMUNI
Tipologia, dimensioni, caratteristiche degli spazi comuni interni
Gli spazi comuni interni sono:
– una biblioteca, con annesse due sale lettura. È gestita da volontari, insieme a un detenuto della MS e a un detenuto dell’AS;
– una cappella per il culto cattolico. Per quanto concerne gli altri culti, non ci sono spazi esclusivamente dedicati: i testimoni di Geova utilizzano le salette dei colloqui dei detenuti con gli avvocati, gli evangelici hanno in uso il teatro. I detenuti musulmani praticano il loro culto nelle celle;
– un teatro, che viene utilizzato anche per attività come il cineforum;
– una palestra;
– un’aula informatica.

Ci sono, infine, degli spazi dedicati esclusivamente alla scuola, utilizzati anche per la formazione.
Non ci sono, invece, trattandosi di una casa circondariale, spazi per le lavorazioni.Ricapitolando: il carcere è vecchio, avviandosi ormai verso il quarantesimo anniversario e anche se non ha bisogno di interventi di manutenzione straordinaria, è del tutto evidente che necessita di interventi “ordinari” anche massicci, se è vero – com’è vero – che il ragazzo nordafricano ha approfittato di un clamoroso “buco” nelle vetrate del muro di cinta. Poi, magari, ci saranno tutte le altre problematiche delle quali cianciano i mille sindacati della polizia penitenziaria relative agli organici, alle aggressioni e compagnia bella ma non possiamo certo sottacere le magagne strutturali. Signore e signori, questo carcere è vecchio e per dirla tutta non è certo la prima volta che si sottolinea quanto sia impropria la sua ubicazione, persino per i numerosi palazzi che nel frattempo gli sono stati costruiti a ridosso. Se non ci fossero stati, per esempio, nessuno avrebbe potuto sconfessare la patetica versione ufficiale dell’evasione data in un primo tempo dalla polizia penitenziaria. Ma adesso è tempo di pensare a lavorare per evitare che qualcuno possa provare ad emulare il temerario Amadou e la questione non dev’essere assolutamente sottovalutata. Checché ne dicano i media di regime e i politici “addomesticati”.