Cosenza. Lo chiamavamo Mago e faceva dei disegni bellissimi (di Franco Panno)

di Franco Panno

Lo chiamavamo Mago, era un omone di quasi due metri, si aggirava ai margini del quartiere con aria misteriosa. Noi bambini, figli di Gianni e il magico Alverman ne eravamo incuriositi. In realta’ quel gigante di mezza eta’, cordiale ma dall’indole solitaria si chiamava Tullio ed era un pittore di discreto pregio.

Viveva da solo, la moglie lo aveva piantato, stufa dello stile di vita di quel Signore dalla solitudine aristocratica, talentuoso ma incapace sul piano pratico di provvedere ai bisogni quotidiani. Sostava di rado al bar, noi bambini lo sbirciavamo dal muro che faceva angolo, lui se ne accorgeva e lanciava un’occhiata mefistofelica smorzata dalla visiera del suo inseparabile cappellaccio.

Per la gente comune era un matto, per noi era il Mago. Viveva in un casolare poco distante dai palazzi nascenti. La colata di cemento avrebbe inghiottito pure quella vecchia casa con un piccolo orto che provvedeva ai bisogni alimentari del nostro. Andavamo spesso nei paraggi di quel semirudere. Fantasticavamo sulla vita misteriosa di quell’uomo. Guardavamo le finestre e immaginavamo un uomo con alambicchi alla ricerca della pietra filosofale. Un giorno ci sorprese, ci arrivo’ alle spalle mentre fantasticavamo sul suo mondo. Sgranammo gli occhi alla vista di quel gigante. Ci invito’ ad entrare. La confusione babelica di quella vecchia casa non la dimentichero’ mai.

La cosa che mi colpi’ immediatamente fu il ritratto di una giovane donna, bellissima: teneva in mano dei fiori di campo. Ci invito’ a sedere, prese un paniere di uova. Ce ne buco’ uno ciascuno, eravamo in quattro, ci invito’ a berne il contenuto. Ci mostro’ le sue opere. Bellissime. Ne ricordo una, un quadro raffigurante un soldato morente tra i gigli.
Lo sottoponemmo ad alcune domande. Rispose con una dolcezza che faceva da contrasto con il suo sguardo alla Vincent Price.

Finita la visita, regalo’ a ciascuno di noi un disegno. Il mio mi raffigurava su una nuvola mentre guardavo il mondo. Aveva capito tutto il Mago. Tornammo a casa, uno dei genitori dei miei amici volle estorcere dalle nostre bocche molestie che non avevano avuto luogo. Trovai quella richiesta vile e cattiva. Il Mago fu gentile e ospitale. Sperimentai da subito la cattiveria dei grandi. Abbatterono la casa del Mago un giorno d’estate, qell’omone lancio’ un ultimo sguardo e ando’ via con le sue tele.
Non ne avemmo piu’ notizie. Il Mago era sparito e con lui quel pomeriggio in una casa che dal disordine emergeva la bellezza dei suoi dipinti.
E’ da allora che mi fido solo dei matti.
Solitary man, Neil Diamond
Buongiorno