Questa mattina la procura di Cosenza, nella persona del pubblico ministero Luigia D’Andrea, ha disposto ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura penale, gli accertamenti tecnici non ripetibili sui luogo in cui un’auto civetta della questura di Cosenza ha travolto e ucciso il giovane Antonio Ruperti, che era alla guida di una motocicletta. I fatti si sono verificati all’incrocio tra via Falvo e via Martorelli, nel quartiere di Torre Alta a Cosenza, intorno alle 11,35 di sabato 9 settembre.
Si tratta di accertamenti che riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione per cause naturali o a causa della stessa attività accertativa e che, data la loro irripetibilità, sono destinati ad acquisire a tutti gli effetti valore di prova (art. 360).
Più tecnicamente, “quando gli accertamenti previsti dall’articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici”.
Agli accertamenti hanno preso parte il consulente nominato dalla procura di Cosenza, il consulente della parte offesa e il consulente del poliziotto alla guida dell’auto civetta, una Jeep Renegade bianca, che è a oggi l’unico indagato per la morte del giovane. I consulenti hanno anche visionato le immagini girate dalle telecamere di videosorveglianza.
Secondo quanto si è appreso, Antonio Ruperti indossava il casco, manteneva regolarmente la destra, non arrivava direttamente da via Panebianco ma da una traversa e di conseguenza non poteva avere raggiunto una velocità eccessiva. Viaggiava al massimo a 50-60 km/h.
La Jeep Renegade, invece, rallenta frenando prima di arrivare all’incrocio ma poi accelera improvvisamente colpendo in pieno la motocicletta e senza aver verificato in nessun nodo se passasse qualcuno, anche a causa della particolare natura dell’incrocio, penalizzato da una pressoché assente visuale, che tuttavia a maggior ragione avrebbe dovuto consigliare prudenza.
Successivamente agli accertamenti tecnici non ripetibili e alla visione delle immagini, verrà stilato un verbale di comune accordo tra le parti, che varrà come prova quando si approderà a processo. Sulla Jeep Renegade della polizia viaggiavano Gianmario Minervini (alla guida), il capo dell’Ufficio Immigrazione Cataldo Pignataro e l’agente Carelli, in forza alla Squadra mobile. Nel corso degli accertamenti si è appreso che sarebbe stata aperta un’indagine sul soggetto titolare della motocicletta ma questa è una storia sicuramente più “vecchia”, della quale vi racconteremo presto.