Non ci siamo dimenticati di Antonio Ruperti, il ragazzo travolto e ucciso da un’auto civetta della polizia il 9 settembre 2023 a Cosenza, nel quartiere di Torre Alta al culmine di un appostamento senza né capo né coda. E’ chiaro a tutti purtroppo che non hanno nessun interesse e nessuna voglia di andare fino in fondo né la sciagurata polizia cosentina (che proprio allora “accoglieva” l’ennesimo nuovo questore a… tempo) né tantomeno i media di regime al suo servizio e il famigerato porto delle nebbie che domina le vicende del Tribunale bruzio. Alla fine, come da scontato copione, chi doveva pagare non ha pagato e l’unico indagato, l’agente che era alla guida, se l’è cavata a buon mercato.
Eppure, c’erano tutti gli elementi per arrivare alla verità. Il consulente della famiglia Ruperti, Giorgio Zicarelli, aveva “scoperto” una circostanza molto strana nel momento in cui si svolgevano gli accertamenti irripetibili sul luogo dell’omicidio e l’aveva fatta verbalizzare. I telefoni cellulari dell’agente della Squadra Mobile Gianmarco Minervino (indagato per omicidio dalla procura di Cosenza) e del capo pattuglia, il vicequestore declassato Cataldo Pignataro (denunciato per omicidio dai genitori di Antonio), sequestrati dai carabinieri, che stavano svolgendo le indagini sul caso, sono risultati stranamente scarichi. Diciamo “stranamente” perché il dubbio che ha il consulente è che siano stati “manomessi” da qualcuno che evidentemente aveva timore che vi si trovasse dentro qualche prova rispetto a quanto è accaduto quella maledetta mattina. In particolare, qualche ordine di servizio impartito dal vicequestore declassato o qualche comunicazione ricevuta “al volo” da qualche altro soggetto interessato a fermare la marcia della motocicletta sulla quale viaggiava Antonio ma che – come tutti sanno – è di proprietà di un soggetto “attenzionato” da tempo dalla polizia.