Cosenza, ma il “cucciolo” di casa Adamo si rende conto di quanto è ridicolo e blasfemo?

Del “piccolo Franco” – verrebbe quasi da dire “cucciolo” – stiamo raccontando ormai da anni le prodezze nel dissipare le cospicue risorse che stanno piovendo sul centro storico di Cosenza.

Stiamo parlando delle malefatte del “delegato del sindaco Franz Caruso al Centro Storico”, al secolo Francesco Alimena, già segretario particolare di Enza Bruno Bossio, suo assistente parlamentare e uomo di fiducia del clan Adamo-Incarnato. O se preferite, anche perché non tutti conoscono i loro cognomi, Capu i Liuni-Tic Tac.

Voi penserete: ma un amministratore, soprattutto se giovane, dovrebbe essere mosso da spirito civico, da amore per la propria città e quindi dovrebbe pensare a come fare il bene per uno tra i centri storici più belli di Italia?

Macché… Manco per sogno se l’amministratore in questione è del Pd di Capu i Liuni e Madame Fifì, la “gentile” consorte. No, il piccolo “cucciolo” Franco pensa solo a come ingrassare le clientele e ingrossare la bacinella del suo clan.

Ma quando fai il servo e l’unica tua ragione di vita è quella di assecondare ogni ordine del boss e della paranza, il rischio è quello di fare danni anche seri e irreparabili.

«Franz Caruso in soli due anni per il centro storico ha già fatto meglio di Giacomo Mancini», ha sentenziato il piccolo Franco, il cucciolo di casa Adamo-Bruno Bossio. E giù risate a crepapelle. Solo a pensarlo. Tanto più a scriverlo. E figurarsi a consegnarlo ai media di regime. Ma il piccolo Franco la vergogna non sa nemmeno dove sta di casa.

Solo mettere in una stessa frase Franz l’incappucciato e Giacomo Mancini è ridicolo. Paragonarli poi è comico. Sostenere che l’uomo col cappuccio faccia meglio del vecchio leone socialista è ridicolo. Tanto più che chi conosceva Mancini sa bene che considerazione avesse nei confronti di questo ormai vecchio rottame del sistema di potere cosentino. Un colletto bianco senza né arte e né parte, un faccendiere, un professionista della “mediazione”.

Ma perché arrivare alla blasfemia? Certo, è nota l’invidia di Nicola per il grande Mancini. Un complesso di inferiorità che fin da ragazzo questo soggetto ha provato per il leader socialista. Sempre sconfitto in vita (il ’93 resterà per sempre uno schiaffo in faccia a tutta la cosiddetta “sinistra col culo degli altri”), una volta morto ne soffre solo a sentirne parlare e a sentirlo così ancora presente nel ricordo dei cosentini.

Ma a far uscire di testa il giovane Franco è stato un report firmato dai dissidenti del Pd tra quali c’è anche Giacometto Mancini nel quale veniva giustamente sbertucciato il nulla mischiato al niente che l’incappucciato ha propinato per la città antica.

Apriti cielo! Il cucciolo di casa Adamo-Bruno Bossio non ci ha visto più. Ed ecco il blasfemo paragone tra lo statista e il massone al servizio della paranza. «Sarà una risata che vi seppellirà» prevedeva l’anarchico Michail Bakunin. Il giovane Franco non sa chi è stato, ma avrà il tempo di vedere il penoso tramonto della sua paranza.