C’è una figura al Tribunale di Cosenza che non si capisce bene cosa fa e cosa rappresenta. Sulla carta è chiaro ciò che deve fare, ma nella realtà succede altro. Sto parlando del presidente del Tribunale di Cosenza. Una figura chiave per l’organizzazione di tutti gli uffici del tribunale.
La presidenza del Tribunale di Cosenza è affidata alla dottoressa Maria Luisa Mingrone.
Entrata in magistratura nel 1981, è stata assegnata due anni dopo al Tribunale di Cosenza, dove ha svolto funzioni di giudice addetto al ramo civile; nel 1985 è stata trasferita al Tribunale di Crotone, con funzioni di giudice sia civile che penale, dove ha svolto anche funzioni di giudice istruttore, giudice unico delle espropriazioni immobiliari e componente le sezioni specializzate di Agraria e di Lavoro e Previdenza, quindi di unico giudice delegato ai fallimenti. Nel 1997 è stata nominata dirigente della Pretura circondariale di Vibo Valentia, città dove poi ha svolto anche le funzioni di presidente della sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale. Nell’agosto del 2000 è stata trasferita al Tribunale di Crotone con funzioni di presidente della sezione penale, presiedendo i collegi e trattando processi per reati gravissimi anche di criminalità organizzata. E nel 2008 diventa presidente del Tribunale di Crotone.
Insomma non proprio una di primo pelo. Una esperienza professionale di non poco conto. Ma nonostante ciò quando arrivano a Cosenza diventano silenti e invisibili.
Nominata presidente del Tribunale di Cosenza nel 2015, la dottoressa Mingrone ha il compito di distribuire il lavoro tra le sezioni. Partecipare all’attività propriamente giudiziaria, e far sì che tutti i pubblici dipendenti del tribunale osservino le regole nello svolgimento del proprio lavoro.
Ma c’è un’altra funzione che ha il dovere di esercitare ed è quella di garantire a tutti i cittadini, compreso noi, il diritto di avere un processo imparziale. Ed invece di tutto quello che succede all’interno degli uffici della procura non gliene può fregar de meno. Nonostante segnalazioni ed istanze.
Si dice che abbia fatto coppia con la Manzini in virtù della loro passione comune per le pettinature. Da quando hanno scoperto una nuova lacca passano le giornate, nell’ufficio della Manzini, a sperimentare nuove acconciature.
C’è chi le ha viste costringere poveri dipendenti e ufficiali di polizia giudiziaria a sottoporsi ai loro trattamenti di bellezza. Poliziotti, carabinieri e finanzieri tutti il giorno in giro per i corridoi del tribunale con bigodini in testa e creme spalmate dappertutto.
In questi giorni la loro attività si è concentrata sulle tinte. Infatti diversi poliziotti che giornalmente ci notificano gli atti, si presentano in redazione tutti con lo stesso colore di capelli: terra di Siena bruciata.
Da quando frequenta la Manzini, la dottoressa Mingrone ha emanato due circolari interne. La prima: non vuole vedere tra i suoi dipendenti un capello fuori posto. La seconda: tutti i calvi dovranno sottoporsi ad un trattamento obbligatorio, usando un preparato inventato dalla Manzini, per la ricrescita del bulbo pilifero. Si narra di una lozione miracolosa, la cui ricetta è divenuta oggetto di una vera e propria caccia alla formula, dove sono impegnati quasi tutti i pm della procura.
Ma il compito che più di ogni altro la dottoressa Mingrone svolge con impegno e precisione, è quello di rigettare sistematicamente tutte le richieste di gratuito patrocinio presentate da ladri di polli e morti di fame.
Un sistemuccio clientelare che la dottoressa utilizza per dare modo ai suoi sottoposti di fare le nomine degli avvocati d’ufficio un po’ come gli pare. E che gli garantisce una certa clientela giornaliera nel coiffeur che hanno messo in piedi insieme alla Manzini. Infatti sono molti gli avvocati che si sottopongono, loro malgrado, alle sperimentazioni pilifere del duo pur di avere incarichi e nomine.
In tutto questo trambusto di spazzole, bigodini, lacche, lozioni, e tinte varie, è chiaro che la povera dottoressa Mingrone non ha certo il tempo di garantire a tutti i cittadini di Cosenza l’imparzialità del processo e la correttezza delle inchieste. E soprattutto non può perdere tempo a garantire che la Legge, anche a Cosenza, sia uguale per tutti.
L’unica cosa uguale per tutti, per lei e la Manzini, è che un taglio e uno shampoo e una bella pettinatura, non si negano a nessuno.
GdD