Cosenza, nessuno può toccare la massomafia

Mancano 13 giorni all’arrivo della primavera. Una primavera che i calabresi aspettano da sempre. E non ci riferiamo alla stagione climatica, ma al simbolo che essa rappresenta: libertà, rinascita e riscatto. Ad usare la metafora il dottor Gratteri, che da 5 anni a questa parte parla di una “primavera calabrese” che spazzerà via corruzione, e malaffare. E se questo in altre città calabresi è avvenuto, vedi le operazioni della Dda di Catanzaro su Crotone, Vibo, Lamezia e persino sul capoluogo (anche se soltanto per il pessimo Tallini), per quel che riguarda Cosenza siamo ancora nel profondo inverno.

Nonostante una quarantina di pentiti di ‘ndrangheta, molti dei quali hanno chiaramente parlato della collusione tra ‘ndrine, politica e pezzi dello stato deviato, a Cosenza una vera e propria operazione contro la massomafia, non c’è mai stata. E i motivi sono tanti: c’è chi dice che Gratteri non può intervenire perché a Cosenza, nel malaffare, sono coinvolti pezzi grossi del tribunale e delle istituzioni che godono di coperture ad alti livelli, il che li rende intoccabili. Altri sostengono che Cosenza occupa un ruolo importante nel riciclaggio del denaro sporco proveniente da tutti i traffici criminali che si consumano in Calabria e non solo, ed è per questo che è stata “eletta”, dalla cupola massomafiosa che governa la città, a “zona franca”, e tale deve restare.

Cosenza non si tocca perché l’idea che deve passare nell’immaginario collettivo, è quella di una città tranquilla, dove la ‘ndrangheta e la corruzione non esistono. Una tranquillità che la cupola cosentina è in grado di garantire, anche contro eventuali operazioni a firma Gratteri. Nessuno osa toccare i pezzotti cosentini, il pericolo di ritorsioni e vendette è concreto, oltre che sicuro. Chi ci ha provato ci ha rimesso le penne. Un monito che funziona alla grande e che scoraggia tutti dal provarci, Gratteri compreso. Infatti a Cosenza nessun colletto bianco, e sono tanti quelli che delinquono sistematicamente, è mai finito dietro le sbarre. Eppure di reati economici e finanziari, specie contro la pubblica amministrazione, e non solo, a Cosenza se ne consumano “a cati”. Ma la paura continua a fare 90. E Cosenza resta, effettivamente, un’isola felice, ma solo per criminali di peso e corrotti di stato pesanti.

C’è da scommetterci che neanche questa, per i cosentini, sarà la primavera di liberazione tanto attesa. Le procure di Salerno e Catanzaro si sono di fatto rimesse alla “clemenza della corte” che tradotto significa: le potenti lobby massomafiose che operano a Cosenza hanno messo in campo tutte le contromosse utili ad isolare e arginare ogni minimo tentativo di fare Giustizia in città, con la benedizione delle segrete stanze romane. Opporsi a questa “potenza di fuoco” impressionante non è cosa semplice, neanche per uno come Gratteri che ha più volte detto chiaramente: nessuno può toccare le massomafie. Meglio lasciare le cose così come stanno, piuttosto che finire malamente.

In tutto questo a noi cosentini, impotenti contro la gigantesca macchina del malaffare che opera indisturbata in città, la sola cosa che ci resta da fare è sperare in un intervento divino, l’unico in grado di risolvere il problema. Nel mentre ci possiamo consolare cantando la famosa canzone di Massimo Ranieri “Erba di casa mia”, il cui test recita: “ma un’altra primavera chissà quando verrà…”. A Cosenza mi sa mai. Conzamunicci!