Cosenza. Omicidio Ruperti, spunta un altro indagato: è il proprietario della moto guidata dal ragazzo

Caso Ruperti. Spunta un altro indagato: è il proprietario della moto guidata dal ragazzo. Omicidio stradale, inchiesta chiusa
Notificato l’avviso al conducente dell’auto della polizia coinvolta nello scontro

di CHIARA FAZIO

Fonte: Quotidiano del Sud 

LA PROCURA di Cosenza ha chiuso il cerchio sulla morte di Antonio Ruperti, il ragazzo di soli 17 anni morto a settembre dello scorso anno dopo un violento impatto con un’auto della polizia, all’incrocio tra via Falvo e via Martorelli, dopo un’agonia di alcune ore in ospedale. E con una novità: già, perché per gli inquirenti l’omicidio stradale non avrebbe un solo responsabile.

Nell’atto di chiusura delle indagini sottoscritto dal pm Maria Luigia D’Andrea, titolare dell’inchiesta spunta, infatti, un altro indagato: oltre al conducente della Jeep Renegade, l’agente Gian Marco Minervino, classe ’91, c’è anche il proprietario della moto Aprilia Pegaso targata AZ73524, guidata dal ragazzo al momento dello scontro. Si tratta di Valentino De Francesco, classe ’89, pregiudicato, già coinvolto nell’operazione “Reset” e arrestato un mese fa nell’ambito del blitz antidroga “Recovery”. Il mezzo, privo di revisione e assicurazione, veniva affidato – a parere di chi indaga – “impropriamente” al minorenne, il quale in seguito agli accertamenti risultava sprovvisto di patente. A De Francesco, inoltre, viene contestata la recidiva reiterata infraquinquennale.

Perché, quindi, Ruperti quella mattina era a bordo della sua moto? E dove stava andando? Resta questo uno dei nodi da sciogliere dell’intera vicenda e su cui l’eventuale iter processuale dovrà fare piena luce. L’Ufficio di Procura, per intanto, ha accolto le tesi difensive svolte dal legale dei coniugi Vittorio e Laura Ruperti, l’avvocato Mario Scarpelli.
Giova ricordare che, nei mesi scorsi, l’ingegnere Alessandro Lima, incaricato dal pubblico ministero di redigere la perizia sull’incidente, aveva depositato la relazione nella quale ricostruiva la dinamica, mettendo nero su bianco il fatto che il ragazzino aveva imboccato la strada a velocità sostenuta, superando di poco il limite di velocità e che l’agente al volante della Jeep eseguiva «una manovra di immissione in via Falvo, tenuto conto delle condizioni di visibilità, in maniera “imprudente” e senza avvedersi del sopraggiungere, alla sua destra, del motociclo con a bordo Ruperti». In altre parole, Minervino – secondo la ricostruzione dell’ingegner Lima – «non poneva in essere alcuna manovra per evitare lo scontro»: infatti, avrebbe azionato i freni, ma senza arrestare la marcia della vettura».

Ora, la notifica di chiusura delle indagini, con la coimputazione del proprietario della moto, segna una svolta decisiva nell’inchiesta e, senz’altro, rappresenta un primo passo verso la giustizia e l’accertamento della verità sulla morte di Antonio Ruperti, che i familiari e gli amici della vittima chiedono instancabilmente da mesi.