Se da un lato il piano straordinario di controllo del territorio nell’intera provincia di Cosenza denominato Operazione “Alto Impatto”, è utile al prefetto di Cosenza, Vittoria Ciaramella, al questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, ai Comandanti Provinciali dell’Arma dei Carabinieri Col. Agatino Saverio Spoto e della Guardia di Finanza Col. Giuseppe Dell’Anna, per lustrarsi “gradi e mostrine”, dall’altro lato è chiaro a tutti che non è con i “blitz” che si ferma il crimine. Non basta controllare una tantum il territorio – che tradotto significa: “firmare e produrre” le necessarie scartoffie che attestano una frenetica e in linea con le direttive ministeriali, attività di contrasto ai reati che rimane però solo sulla carta -, per ritenere assolto il proprio dovere di garantire la sicurezza ai cittadini. Perché così non è, ci piacerebbe fosse così, ma i fatti criminali dicono altro.
La presenza sul territorio delle forze di polizia è necessaria, e non può essere “affidata” solo ai cadenzati posti di blocco, agli obbligatori turni quotidiani delle pattuglie, e alle operazioni una tantum, che come deterrente vanno anche bene, a tutto ciò va aggiunta anche la capacità di essere percepiti dalla società come una presenza rassicurante costante, sicura, affidabile e risolutiva che oggettivamente da queste parti manca. Il feeling con la società non si costruisce solo con le palette dei posti di blocco. Le uscite sceniche di centinaia di poliziotti, finanzieri, carabinieri in assetto di guerra che sanzionano qualche automobilista, chiudono qualche locale, e sequestrano un po’ di grammi di fumo, è materiale promozionale che fa curriculum solo ai gestori della sicurezza pubblica.
Massimo risultato con il minimo sforzo, certificato da una montagna di scartoffie dove si sciorinano i numeri del successo dell’operazione. Ma è solo un palliativo che dà l’illusione al cittadino della sicurezza che di fatto non c’è. Una sorta di pubblicità ingannevole che promette un risultato che non arriverà mai. Un modo truffaldino per colmare il “gap di empatia” che c’è, specie a queste latitudini, tra le forze di polizia e i cittadini, che è più facile che aprire le porte degli uffici a tutti i cittadini che chiedono giustizia, soprattutto quando denunciano politici corrotti, colletti bianchi intrallazzati, giudici e appartenenti alle forze di polizia collusi. È questa la presenza che manca ai cittadini. In questi momenti di bisogno, loro non ci sono. Non sono mai vicini al cittadino che denuncia gli intrallazzi dell’antistato, commessi da uomini e donne dello stato. Ed è solo per crearsi un alibi a questa “mancata presenza” che ogni tanto si travestono, in queste operazioni di “Alto impatto”, da giustizieri della notte. Giusto per farsi vedere dai cittadini che combattano il crimine, e per pronunciare la fatidica frasi lo stato c’è. Nel mentre si consumano a danno dello stato reati di ogni tipo.
La prova provata dell’inefficacia di queste operazioni è racchiusa, purtroppo, nei fatti di cronaca avvenuti nell’ultima settimana. Quasi in contemporanea con la partenza dell’operazione “Alto Impatto”. Oramai tutti conoscono le gesta della banda della Mercedes bianca che proprio nella zona oggetto dell’operazione, imperversa da almeno una decina di giorni commettendo svariati furti. Si muovono agilmente nella periferia della città e dei paesi limitrofi, colpiscono indisturbati, e vanno via senza lasciare tracce. Di più: la banda della Mercedes bianca ci tiene in particolar modo a recarsi “al lavoro” a bordo di macchine che non dovrebbero certo passare inosservate al capillare controllo del territorio predisposto dall’operazione “Alto impatto”, infatti pare che ora si muova a bordo di una Porsche nera. E presto dicono gli acuti investigatori passeranno ad una Ferrari rossa, e allora non avranno più scampo. Una cosa è certa: la banda della ex Mercedes bianca, ora Porsche nera, ha dimostrato di saper sgusciare tra le fitte maglie della rete tesa dai vertici delle forze di polizia. Segno evidente che non sono le operazioni una tantum ad impensierire il crimine.
Che dire poi dei quotidiani atti intimidatori nella zona ionica oggetto anch’essa dell’operazione Alto Impatto. Nella zona Rossano-Corigliano le auto bruciate non si contano più. Gli incendiari, come la banda dell’ex Mercedes, sanno come bypassare posti di blocco ed evitare le pattuglie. Figuriamoci se si lasciano intimidire dall’operazione una tantum di controllo del territorio. E lo hanno dimostrato, purtroppo, anche ieri a Cetraro. Due killer hanno freddato con quattro colpi di pistola Alessandro Cataldo nella tarda serata di ieri davanti a una pizzeria. Hanno agito con calma e freddezza, precisione e rapidità nella fuga. Gente che sa il fatto suo, e che sapeva anche, come tutto il paese, che a poche centinaia di metri dal luogo scelto per l’agguato, era in corso la famigerata operazione Alto Impatto. Ma i killer hanno deciso di agire lo stesso sicuri delle loro mosse. Anzi hanno colto l’occasione per agire indisturbati sapendo che tutti gli sbirri erano dispiegati lungo il corso a fermare automobilisti, a controllare locali, e a sanzionare qualche ubriaco. I vecchi cronisti di nera avrebbero scritto: gliel’ hanno fatta sotto il naso. Sono stati proprio gli ideatori dell’operazione Alto impatto a fornire ai killer il “diversivo” che forse gli mancava. L’agguato di ieri sera non può certo ritenersi “estemporaneo”. Le modalità dell’esecuzione inducono a pensare ad un agguato di mafia preparato e studiato. E mandanti ed esecutori non potevano non sapere che già da alcune ore prima dell’agguato il paese era pieno di sbirri.
Ma questo non li ha fermati. Hanno agito e sono andati via senza neanche porsi il problema dell’eventualità di essere inseguiti. È chiaro che i killer godono di coperture territoriali impenetrabili. Nessun testimone sulla scena del crimine, nessun informatore allo stato disponibile, nessuno disposto ad aiutare i magistrati ad assicurare alla giustizia gli assassini. I cittadini non si espongono perché sanno che la presenza sul territorio dello stato, passata l’operazione una tantum, ritorna ad essere quella di sempre: opaca e piena di ombre. Ed è meglio stare lontano da questa ambigua presenza. Non c’è feeling tra le forze di polizia e i cittadini. E questo lo sanno bene i promotori di Alto impatto che alla fine, in termini di prevenzioni dei reati, si è schiantata contro quella realtà criminale che con queste parate lo stato vuol nascondere. Alto Impatto, Bassi scivoloni, la giusta conclusione di una operazione pensata male e eseguita peggio.