Cosenza, ospedale dell’Annunziata. Lo sfascio è compiuto, avanti con la sanità privata

di Francesca Canino

Scappano dall’Annunziata di Cosenza medici e cittadini bisognosi di cure. Questi ultimi, stremati dalle interminabili code al Cup, preferiscono rimandare le prenotazioni o rivolgersi agli ambulatori privati. Alcuni medici, invece, scelgono di lasciare la barca colata a picco, o quasi, per approdare in altre strutture, magari private. Rischioso rimanere a fare il medico all’ospedale di Cosenza, depauperato di personale e risorse, disorganizzato a causa dei diversi direttori e commissari che si sono succeduti. L’ospedale è ora nel caos, il personale sanitario è insufficiente, oberato di lavoro e subisce in prima persona la mancata organizzazione e l’incompetenza dei vertici. Ma è davvero solo un problema di competenze?

Nei mesi scorsi, il management dell’azienda ospedaliera di Cosenza ha rinunciato, di fatto senza motivazioni plausibili, all’opportunità di un reale aggiornamento tecnologico attraverso il finanziamento di 10 milioni di euro, che avrebbe permesso l’acquisto di nuove attrezzature (come il robot Da Vinci, assolutamente indispensabile per mantenere a un livello di qualità le nostre chirurgie; una seconda Pet; un nuovo agiografo digitalizzato). L’ospedale di Cosenza, dunque, è stato privato di strumenti avanzati di cura che avrebbero contrastato l’emigrazione sanitaria. I motivi di questa rinuncia potrebbero risiedere nella volontà di favorire la sanità privata, volontà manifestata anche dalla Regione Calabria, che con l’ordinanza n. 35 del 24/04/2020 ha riaperto, dopo il confinamento, le strutture sanitarie private dal 27 aprile 2020 e dopo 15 giorni ha disposto la riapertura delle strutture pubbliche.

Ancora oggi, le visite ambulatoriali in ospedale o presso il poliambulatorio di via Popilia non sono riprese a pieno regime, mentre tutte le strutture private lavorano a pieno ritmo. Come mai?

É risaputo che in Calabria ci sono gruppi di potere che hanno le mani nella sanità, ricevono ogni anno accreditamenti milionari dalla Regione e siedono sugli scranni regionali solo per aumentare il loro volume di affari. Sono molte le risorse pubbliche destinate ai proprietari di case di cura e similari, che vedono accrescere il loro potere e la loro forza economica grazie ai finanziamenti regionali che potrebbero, invece, essere investiti nella sanità pubblica. Spesso coadiuvati da politici compiacenti con cui dividono la torta, i manager della sanità privata vantano oggi un potere abnorme e sono in grado di orientare le ordinanze, decidere le nomine dei dirigenti e le sorti della sanità pubblica.

Ultimamente si attribuisce la responsabilità della malasanità calabrese e dei problemi dell’Hub cosentino alla Lega e al Decreto Calabria, entrambi sicuramente non ‘salutari’ per i cittadini/contribuenti. La sanità da terzo mondo che i calabresi si ritrovano è da imputarsi allo smantellamento della sanità pubblica a vantaggio di quella privata, un processo cominciato anni addietro e portato avanti sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra per arricchire gli amici di turno, imprenditori della sanità, in cambio di voti, sostegno economico, protezione. La piaga che affligge l’ultima regione d’Europa non è (solo) la Lega e la sua intenzione di colonizzare la sanità regionale, ma la sanità privata e chi la gestisce (calabresi) a suon di milioni.

A riprova di ciò, chiediamoci perché non è stato nominato il direttore generale all’Azienda ospedaliera di Cosenza a partire dal 1° maggio scorso, come previsto dal famigerato Decreto Calabria (art. 3, comma 9), e si è preferito lasciare un commissario assente e poco preparato che ha affossato l’Annunziata (missione compiuta?); perché il direttore sanitario dell’ospedale, legata al commissario, è stata nominata commissario dell’Asp? Ricordiamo che le risorse che gestisce l’Asp sono immense e una gran parte di esse sono destinate alla sanità privata. Non c’è bisogno di aggiungere altro.