Cosenza. Pino Iacino, la giunta rossa e la sua forte denuncia contro l’edilizia selvaggia

Il mondo della politica cosentina è in lutto per la morte di Pino Iacino, ingegnere, ex sindaco di Cosenza ed ex capocompartimento dell’Anas. Un politico di lungo corso che ha attraversato tanti decenni della storia politica della città lasciando una traccia importante. Abbiamo avuto modo di incontrarlo tante volte, sia da giovani cronisti che da giornalisti “maturi” e ne vogliamo onorare la memoria pubblicando un’intervista risalente a una decina di anni fa. 

LA GIUNTA ROSSA

Nel 1975, dopo trent’anni di ininterrotta direzione politica della Democrazia Cristiana, il Psi, il Pci, il Psdi e Democrazia Proletaria hanno dato vita per la prima volta nella storia della città a una maggioranza e a una Giunta a direzione socialista. Il sindaco di quella Giunta è Pino Iacino, socialista, indicato da Giacomo Mancini.

Quella Giunta, da tutti definita con una punta d’orgoglio “rossa”, le donne e gli uomini di sinistra di Cosenza la ricordano ancora con una certa nostalgia.

Il vicesindaco di Pino Iacino era il socialdemocratico Garibaldi Scavello ma l’assessore con la delega più “pesante”, quella ai Lavori Pubblici, era senza dubbio Pino Gentile, socialista, all’epoca giovanissimo (27 anni). Il comunista Battista Lupia era assessore all’Urbanistica, Giorgio Manacorda gestiva i Beni Culturali, Pietro Piro lo Sport, Ciccio Savastano Igiene e Sanità. Peppino Carratta era assessore ai Trasporti, Giuseppe Pierino al Decentramento, Demetrio Crea al Personale.

Pino Iacino

Erano presenti in Giunta anche Antonio Rugiero (che succederà a Pino Iacino alla poltrona di sindaco) e Tanino De Rose (padre dell’ex presidente regionale e degli industriali nonché di Fincalabra, Umberto De Rose).

L’INTERVISTA

Solo qualche anno prima era stato approvato il Piano regolatore generale di Elio Vittorini. Che giudizio ne dà?

Non condivido il Piano Vittorini come impianto progettuale. Non è servito a dare una identità alla nostra città per favorire nuovi pezzi di essa. In ogni operazione urbanistica che si rispetti è fondamentale conservare la memoria della città e consolidarne la tenuta. Con quel Piano non si andava in quella direzione. Sapevo come fare per cambiarlo ma non ne avevo la forza. Quando una variante amplia le aree edificabili trovi subito la maggioranza, ma quando vuoi passare dall’edilizia privata a quella pubblica, è chiaro che non puoi trovare seguito politico. Ma l’intervento privato deve salvaguardare l’interesse generale. Servono piani strutturali, progetti d’area e non “progetti francobollo”. Tuttavia, l’errore più clamoroso è stato quello di dare spazio eccessivo all’edilizia popolare. Vittorini ha diviso Cosenza in zone: via Popilia, via degli Stadi, centro città e così via. Ho tentato di creare aree di edilizia popolare più dignitose a via Panebianco e a Serra Spiga, credo di aver reso un buon servizio alla città ma non sono riuscito a fare nulla nella città nuova. E comunque ho ridotto il deficit di servizi: con la mia Giunta ha avuto grande impulso l’edilizia scolastica e quella sportiva.

Nei cinque anni della sua Giunta “rossa” ma anche per molti anni dopo, l’edilizia è rimasta bloccata.

Sì, abbiamo cercato di contenere le mire espansionistiche dei “palazzinari”. Ho bloccato una lottizzazione a monte di viale della Repubblica, a Muoio Piccolo, ma poi l’hanno fatta ugualmente invece di realizzare un grande parco come volevo fare io. Col senno di poi, posso dire che è stato un errore: ho dato a chi è venuto dopo di me l’alibi per costruire tutto il costruibile.

E la variante al Piano Vittorini di Sara Rossi e Bruno Zevi risalente all’inizio degli anni Novanta?

Non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Non ha eliminato gli errori di zonizzazione e ha aumentato l’edilizia selvaggia mascherandola con le leggende dello sviluppo e del lavoro. Cosenza è una città senza territorio: se quel poco che hai lo distruggi, è finita. Ma la politica spesso soffre di miopia. La sfida da vincere è quella di riqualificare il costruito ma qui da noi è impossibile vincerla.

Vogliamo parlare di area urbana?

E dov’è? Gli amministratori non riescono nemmeno a concordare le politiche di intervento. Ognuno porta avanti i suoi interessi. Non c’è dialogo. A mio avviso è urgente superare il concetto di “città isola” per andare verso quello di “città territorio”. Cosenza e Rende dovrebbero avere un progetto comune per l’edilizia, ma non è così. A me dicevano che avevo favorito Rende perché a Cosenza non si costruiva e i cosentini cambiavano residenza. Oggi Cosenza e Rende fanno a gara a chi costruisce di più. Credo che sia arrivato il momento di chiudere questa fase per far affermare un’idea vera di città. L’urbanistica non è edilizia ma assetto del territorio. L’edilizia è solo una sua componente e neanche la più importante.

Come le sembra oggi Cosenza? E il Viale Parco?

Posso tranquillamente affermare che non è quella che sognavo. Quanto al Viale Parco credo che non sia né un viale e né un parco e sfido chiunque a dimostrarmi il contrario. E’ una strada a quattro corsie, utilissima sotto il profilo viario, ma ci fermiamo lì. La verità è che è stata sprecata una grande occasione. Si poteva realizzare almeno il parco. Ma, con tutta la fantasia che posso mettere in moto, i palazzi non possono sostituire gli alberi!

Qualche idea?

Dello svincolo a sud si parla da una vita, dei parcheggi interrati a piazza Fera altrettanto… L’obiettivo primario dev’essere quello di bloccare le macchine prima che entrino in città. E poi mi piacerebbe un “Grande Viale del Crati” ma non certo per farlo diventare come il Viale Parco. Lo realizzerei nella zona successiva al Carrefour eliminando quegli impianti di inerti che mi sembra davvero impossibile siano ancora lì senza che nessun giudice li abbia notati… I collegamenti sarebbero garantiti: esistono già due o tre ponti, si potrebbe recuperare l’area di Settimo e collegarla meglio anche al mare.

Ciao ingegnere, che la terra ti sia lieve.