Cosenza, polizia violenta. Nessuno ricorda Antonio Ruperti e Federico Aldrovandi? (di Alberto Laise)

di Alberto Laise

Per un momento dimentichiamoci che quella roba li è stata fatta ad un giornalista, ad uno che da anni denuncia tutto lo schifo che passa per la Procura e la Questura di Cosenza, che pochi giorni fa ha parlato di droga che scompare dagli archivi delle prove eccetera.

Facciamo finta, un po’ come in un famoso film, che al posto di Gabriele, ci fosse un ragazzo di 18 anni che, mentre cammina per i fatti suoi, si vede fermato dalla Polizia e va nel panico perché non capisce il motivo. Va nel panico, si agita, chiede “ma perché?” e per tutta risposta viene scaraventato a terra… Allora urla, si agita, viene preso dal panico… e quando i poliziotti diventano quattro… che lo schiacciano a terra…

Impossibile che avvenga in Italia? Già… ditelo ai genitori di Federico Aldrovandi… ditelo alle decine di vittime di violenza ai posti di blocco nel nostro Paese.

Non c’è bisogno di pensare a Floyd ed al Black lives matter… Queste cose avvengono da anni in Italia dove c’è una parte politica che si oppone ad ogni forma di identificazione degli agenti in assento antisommossa e, sempre e comunque, assolve chi la divisa la disonora.
Parte tutto da Genova… ed io, nipote di un questore di Polizia proprio a Genova, me la ricordo la sua faccia mentre accadeva la Diaz…
Che poi l’aggressione a Gabriele sia una minaccia a chi parla di cose che è meglio tacere, che è ancora più grave perché si aggredisce la libertà di stampa lo hanno spiegato in tanti…
Ma, purtroppo, quell’atteggiamento, quella violenza, quel non rendersi conto che chi rappresenta lo Stato dovrebbe essere diverso, non è un caso isolato.

Proprio a Cosenza pochi mesi fa un’auto civetta della Polizia uccideva Antonio Ruperti, un ragazzino in moto, per ragioni che ancora non sono state chiarite… Anche lì lo Stato che trova giusto “speronare” la moto con un giovane che lascia una famiglia a piangerlo.
Il Governo, il Ministro farà qualcosa? No. Non farà nulla perché in quel liquame neofascista che si muove dietro tante divise in Italia, prendono voti. Ed a loro va bene così.
La domanda allora deve diventare se ‘sta cosa va bene anche a noi…