Cosenza, polizia violenta. Una domanda a tutti gli “obbedienti”

LA QUESTURA DICE. Una domanda a tutti gli obbedienti

di Saverio Di Giorno

Dagli interventi al presidio 25 marzo arrivano tante risposte ai dibattiti di questi giorni. Quello che dice la questura e quello che chiediamo.

La questura dice (e anche qualcun altro): “sono metodi standardizzati”. Innanzitutto, non lo sono, ma se anche lo fossero allora lo standard è un problema. Se la normalità è questa, la normalità è un problema. Ma poi quale sarebbe lo standard di queste leggi? Liberare scafisti per sbaglio, lasciare Muto indisturbato a casa sua, far si che i latitanti possano spostarsi liberamente e poi segnalare attivisti e placcare giornalisti?

La questura dice (e anche qualcun altro): “Gabriele è ostile”. Certo: è quello che deve fare la stampa, essere ostile, fare le pulci. Non ci siamo abituati. Dunque, Iacchité è ostile: cos’altro dovrebbe essere: compiacente? Fiduciosa? Obbediente? Fiduciosa verso istituzioni che a queste latitudini hanno dimostrato troppe volte di essere loro sì ostili, di difendere il potere ed essere maestri nell’archiviare e insabbiare. E questo lo sanno bene – molto più di tanti cittadini – anche i colleghi demansionati, spostati azzittiti che a volte provano a rivolgersi alla stampa per far andare avanti qualche fascicolo troppo scomodo.

La questura dice (e anche qualcun altro). “Tutto trasmesso in Procura, vedremo”. Quale procura quella che archivia le indagini sul sistema Cosenza? Quella che passa i fascicoli agli indagati? Quella che si “appara” con i vari clan da Pino in giù fino a Porcaro per capire quale nome di quale fratello di loggia bruciare per poi continuare come prima? Tutte cose documentate. Tutta gente promossa. Quale garanzia democratica danno queste istituzioni. Da che parte stanno? Se stanno contro i cittadini, certo che siamo ostili. La procura che chiacchiera con gli imprenditori che si appostano con le mazze fuori casa di Gabriele?

A proposito di questo. Mi è tornato in mente quando pubblicammo l’inchiesta sulla sanità. Anche in quel caso ci fu un’interrogazione parlamentare. Rispetto a quell’inchiesta che riguardava la sanità questa volta è stato chiaro che la questione non era né privata né locale. Questa volta non è stato possibile dire “tanto è la Calabria”, “là è normale”. Arrivano per prima su Iacchitè, ma solo per prima. Poi arrivano altrove anche su chi ora fa finta di niente dà la notizia con le mani avanti. Quando non serviranno arriveranno più arriveranno anche a questi, anche se saranno stati ubbidienti, anche se avranno la loro pubblicità sulle proprie pagine, anche se hanno sempre ripreso le veline o i comunicati. Testano i metodi e i modi da esportare su altri con altri pretesti. Il potere usa e reprime.

Il reportage dal presidio: https://www.facebook.com/share/v/1FhbSDj2hk/

Nelle periferie le contraddizioni sono più evidenti, tutto è esasperato e la storia arriva prima. E non è una profezia da facile catastrofismo: il disastro è già avvenuto. Da noi è una vita l’unica sanità che funziona è quella privata che finanzia le campagne elettorali, è una vita che la stampa viene bloccata se il Gentile di turno non vuole, che i magistrati vengono spostati se non stanno al loro posto. Che lo stato di emergenza viene usato per saltare ogni garanzia. È una vita che vediamo tutto questo che ora è legge ovunque. Legge sulle intercettazioni, sulle manifestazioni, sui verbali, tutti divieti che hanno già sperimentato qua, mentre provavamo a dirvelo, ma era la Calabria, era normale. E adesso sono nel vostro parlamento, nei vostri partiti, nella vostra economia.

Allora noi chiediamo: voi siete stati più ubbidienti, ma il risultato è stato questo lo stesso. Ne è valsa la pena?

Curzio Malaparte dice: il futuro del mondo è diventare sud. E lo dice in un libro che ha un titolo emblematico: La pelle. Questa volta non è stato possibile passare oltre perché c’era la pelle. La pelle di Gabriele come qualche anno fa nel caso di Manna è stata la pelle di Michele. Non basta la testimonianza delle carte dei documenti, occorre la testimonianza della pelle affinché altrove – dove si rivendica l’essere europei – ci sia scandalo. Anche la Calabria è Europa, la futura Europa.

Allora noi chiediamo: Dove erano tutti quando si denunciavano questi rapporti, i fascicoli che scompaiano, gli insabbiamenti con nomi e cognomi? Non bastavano le carte e i tribunali. Occorre lo scandalo, quello rimproverato da sempre a Iacchitè. Allora rivendichiamo il diritto allo scandalo, a fare inciampare, a boicottare se non serve dire. Se le vostre leggi autorizzano le restrizioni, allora rivendichiamo il diritto di Antigone, della disubbidienza. E poi di nuovo: voi obbedienti vi ritrovate a non poter sapere i nomi sui verbali, a leggere i fatti, a subire reati che sono stati cancellati, a non poter manifestare. È servito a qualcosa obbedire?