Cosenza. Povero Pecoraro, voleva fare il Pd di Chicago ma invece di Obama ha trovato… Mazzuca e Incarnato!

Il Partito Democratico calabrese e quello cosentino in particolare è in crisi, impantanato in un’analisi del voto che sembra priva di senso. Il problema principale rimane la realtà dei fatti. Rispetto al disastro delle Regionali di Amalia Bruni del 2021 e delle Politiche 2022, pensavano di essere al 20%, ma sembra un miracolo che siano cresciuti fino al 15%.

Alcuni fanno il paragone con le Europee del 2019, ma il problema è che allora la regione era ancora sotto la guida di Oliverio e quasi tutte le province erano del centrosinistra. Il punto è questo: è inutile parlare di un Pd rinato. Il Partito Democratico in Calabria è morto con la fine dell’esperienza di governo di Oliverio.

Non perché Oliverio abbia investito nel Partito (ricordatevi la stagione di Magorno) ma perché con Oliverio è finita la proposta politica che il Pd aveva portato avanti per 30 anni. Quel modello politico e organizzativo, erede di Ds e Margherita, si è dissolto, disperso in mille rivoli di energia, consenso e capitale umano, e non tornerà mai più. Questo lo sanno sia a Roma che a livello locale. Il Pd qui è finito, serve solo per eleggere due parlamentari ogni 5 anni. I circoli non esistono e le Feste de l’Unità sono delle farse.

Tutti lo sanno. Ma allora perché c’è un generale clima di scaricabile riguardo il voto delle elezioni europee in Calabria? Questo riflette sicuramente le tensioni accumulate durante il voto delle europee.

Nicola Irto è rimasto deluso del risultato di Pina Picierno, candidata al Parlamento europeo da lui sostenuta insieme a Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. Non è piaciuta, dunque, la scelta dei consiglieri regionali di sostenere Lucia Annunziata e Decaro, in asse con Nico Stumpo e Falcomatà. Ancora meno è piaciuto che la Federazione di Cosenza abbia scelto autonomamente di sostenere “il giustizialista” Sandro Ruotolo.

Irto così si sta vendicando, aprendo processi principalmente contro i segretari di Federazione con una teatralità degna di Mao durante la sua Rivoluzione Culturale. Vi ricordate le infuocate sessioni pechinesi di critica pubblica, le “pīpàn dàhuì”, dove i segretari provinciali non più graditi a Mao venivano processati in piazza, accusati di tutti i mali del mondo e talvolta decapitati?

Ora, qui non vogliamo salvare nessuno, ma come dice un ex consigliere regionale del Pd: “ma avete visto cosa sono le federazioni fuori Cosenza?” In Campania e Puglia abbiamo commissariamenti. Poi nel resto della Calabria abbiamo un segretario che vive a Milano da anni, un segretario che è l’ex figlio del presidente della Provincia e lascia fare tutto al padre, un segretario che, essendo sindaco, non esce mai dal suo comune e uno che fa l’imprenditore a tempo pieno. Non esiste più niente. Non è forse ingeneroso dare tutta la colpa alla Federazione di Cosenza?

E come dice un sindaco del Cosentino: “Ma non è che c’è stato un piano per indebolire Cosenza in vista delle regionali con complicità anche interne?”. Ci sono molti dettagli che portano a questo punto, come la vicenda della dipendente licenziata nel 2022 uscita sulla stampa nazionale a due settimane dal voto. A noi risulta essere ancora vicina ad esponenti del Pd cosentino e che abbia altre collaborazioni di lavoro in essere in zona Cosenza vecchia… in quota “rivoluzione delle seppie”… 

Come mai poi Cosenza non ha avuto candidati alle Europee? Appare evidente che se lasci una provincia scoperta con le altre liste che candidano tutti tuoi ex come Funaro, Mascaro, Greco, ci sarà un impatto? Qui si apre la domanda: Cosenza aveva fatto delle proposte, e se sì quali? Perché il professore Passarelli aveva detto che gli era stata chiesta la candidatura da Cosenza?

Poi certamente c’è il segretario Pecoraro, un panda simpatico, viso dolce, maniere educate, ma cattivello. Cosa criticano di lui? Voleva fare il Pd di Chicago, ma invece di Obama ha trovato… Mazzuca e Incarnato. Molti anziani, molte tradizioni, molta provincia italiana verace con i suoi vizi, le sue passioni e i suoi linguaggi. Così da subito le prime frizioni: ha chiuso al pubblico la sede provinciale del partito (dicendo che “non siamo un dopolavoro ferroviario”), digitalizzato le tessere (“basta carta inutile”), chiuso circoli dicendo che sembravano bar di Caracas con uomini di 80 anni che giocano a carte. No alle ciambotte, si al piano bar.

Molti rimpiangono i giorni in cui si andava in federazione per del vino, due risate, una camminata, una battuta scurrile e passare le giornate a fare le parole crociate. Tutto questo dava un senso di casa, di calore, di famiglia. Le riunioni fiume di Midaglia, le grida di Bruno Villella, le risate di Mario Oliverio. Quanta nostalgia. Si mangiava un po’ di salame a gennaio e a maggio le fave. La distribuzione delle tessere era un rito, così come l’aiuto reciproco tra membri per trovare lavoro ai figli, alla moglie e non solo. Una sana clientela sostituita da un certo zelo “se hai bisogno di un lavoro, vai sui LINKEDIN e buona fortuna”.

Nel frattempo, il vincitore di questo dramma sembra essere Antonio Tursi, ancora iscritto al Pd, che non solo si è concesso una passeggiata elettorale con il candidato alle europee Tridico del Movimento 5 Stelle a Corigliano-Rossano con tanto di foto, ma che pare abbia anche incoraggiato i consiglieri comunali vicini al Pd nella sua Spezzano Albanese a votare per lui e per una certa Labarile.

Restate sintonizzati, perché in questo circo politico, il finale è tutto da scrivere e ci saranno molte novità.