PRONTO SOCCORSO
Ospedale civile di Cosenza
Fermi ad attendere che pronuncino il nome di mio padre. Per l’ennesima volta tentiamo, sì tentiamo, di far capire a qualche medico che ha bisogno di essere curato. Da tre mesi aspetta di essere chiamato dal reparto di Urologia per fare un esame che doveva essere fatto al massimo entro 30 giorni. Pochi giorni fa l’amara scoperta che il suo nome non risulta più nelle prenotazioni. Perché? Abbiamo pagato una visita privata per un ricovero di due settimane in neurologia ma alla fine ci hanno detto che era nel posto sbagliato. Rientro a casa e poi di nuovo il calvario: chiamate al 118, risse al pronto soccorso e rimandato a casa. Altre visite private ma nulla di fatto. Di nuovo al pronto soccorso di Castrovillari e poi di nuovo Cosenza con la segnalazione in cartella: “paziente in condizioni generali scadute” e valore PCR (proteina C reattiva) a 200 mg/L.
Non necessariamente si deve essere medico per capire la lingua italiana.
Paziente in condizioni generali scadute, si intende un paziente sofferente, che non ce la fa ad alzarsi, con la febbre e un pò di anemia, pallido, molto dimagrito, con masse muscolari scarse ma comunque sveglio e presente.
Il termine scaduto non necessariamente implica che non ci sia possibilità di ripresa, ma può essere una condizione in corso di una malattia che può guarire, come un paziente anziano, per esempio, che se viene ricoverato in condizioni generali scadute o addirittura gravi, in un reparto idoneo (Geriatria o medicina generale) può essere recuperato e può ritornare a vivere.
Ma di ricovero non se ne parla, i posti forse ci sono ma “riservati” a chi? O forse non ci sono per nessuno.
Siamo in attesa con decine e decine di malati ammassati nei corridoi. C’è chi butta sangue dalla bocca. Chi vomita. Chi urla. Chi si dispera dal dolore. Chi mangia. Chi si urina addosso. Tutto come se fosse un Reality show, un Grande Fratello della disperazione e disumano che ti costringe a vedere ciò che non vorresti vedere.
Ore e ore a tenere l’orecchio teso per non perdere l’occasione se si viene chiamati.
Ancora attesa, altri malati che arrivano con teste sanguinanti e braccialetti ai polsi.
Ancora attesa e lo spazio si fa sempre più angusto.
Ancora attesa e mio padre su una sedia a rotelle senza che mai nessuno nelle ore di attesa di è degnato e si degna di chiedere se ha bisogno di una barella o di un lettino.
È stanco, si lamenta ma combatte perché vuole ancora rivedere i suoi nipoti. È per loro che vive ed a dispetto di questa sanità malata, che andrebbe curata prima di curare le persone malate, lotta per farcela e ritornare nuovamente a casa.
Domani è un altro giorno ed il calvario ricomincia. Questa è la realtà che spinge qualsiasi persona di buona volontà a lasciare questa terra, la Calabria. Se un sistema sanitario nazionale non riesce a curare e guarire i suoi malati, sperpera centinaia di milioni di EUro, una montagna di soldi che finisce nelle tasche di pochi che vanno a curarsi dove la sanità funziona perché hanno le risorse (rubate) per farlo, non merita rispetto e va combattuto con ogni mezzo. La colpa di tutto questo non è dei politici o dei medici.
La colpa è nostra, di noi cittadini che abbiamo sempre subito e accettato un sistema clientelare.
Non abbiamo di che lamentarci, ora.
Gianni Sanzo