Cosenza. Rafeli d’ù Gatto Nero e “I Fedelissimi”: un pezzo di storia rossoblù

Rafeli d’ù Gatto Nero se n’è andato ieri e ha lasciato il suo e il nostro Cosenza in Serie B, come aveva sempre desiderato fin da quando era ancora un ragazzo e quel “paradiso” lo aveva vissuto intensamente insieme ai padri della nostra passione.
Raffaele Mandoliti era il più diretto discendente di quella generazione che aveva portato i colori rossoblù nelle case di tutti i cosentini e dei suoi pionieri indiscussi: Gigino Lupo, Gianni Bruno, e Ciccio ‘u Cravattaru, tanto per citare le leggende.

La storia di una società calcistica fa leva inevitabilmente sull’estro dei calciatori e sull’abilità dei dirigenti. Negli annali saranno scritte a caratteri più o meno cubitali le loro imprese ovvero le promozioni nelle categorie superiori. Ognuno di noi è legato a un ricordo particolare, a un calciatore che ha lasciato il segno più di tanti altri, a un presidente che ha avuto la fortuna di essere seduto su quella poltrona nel momento migliore.
Ma se calciatori e dirigenti passano, magari rimanendo nel cuore di un’intera città, non c’è dubbio che i tifosi rimangono ed entrano nella leggenda molto di più rispetto ai protagonisti delle singole annate.
Il limite di chi racconta il calcio nella nostra realtà spesso è quello di non tenere nella giusta considerazione i personaggi più carismatici della tifoseria fermandosi alla cronaca o tutt’al più alla documentazione di una coreografia. E così, nella memoria del tifo autentico, per fortuna qualcuno ha anche raccontato chi erano questi tifosi.

Gigino Lupo è il padre di tutti i tifosi rossoblù. La storia della sua passione fa parte a tutti gli effetti della storia della città e della società.
L’immagine che lo caratterizza è quella del periodo più critico del percorso societario, quella in cui i tifosi dovevano inventarsi le celeberrime “collette” per assicurare gli stipendi ai calciatori perennemente in sciopero e sul punto di non giocare le partite in trasferta.

Gigino Lupo ha fondato il club che probabilmente ha raccolto più fondi per il Cosenza: “I Fedelissimi”. A quella palestra si sono “allenate” tutte le future generazioni della tifoseria rossoblà.
Poliziotto, prestava servizio a Catanzaro ed era l’anima della tifoseria. Nella città dei Tre Colli ha lavorato per tanti anni, compresi quelli in cui le due squadre erano in Serie B, negli anni Sessanta. E per Gigino non era facile “convivere” con i “cecè”. Le cronache delle tifoserie narrano addirittura (per come scrive anche Sergio “Canaletta” Crocco, uno dei tanti figli rossoblu di Gigino Lupo) della pitturazione in giallorosso del balcone di Gigino quando lavorava lì. Ma lui, il padre di tutti i tifosi rossoblu, non solo non ha abbandonato la sua fede ma non perdeva occasione per ricambiare le “cortesie”.
In tanti lo ricordano in Tribuna B a dare il massimo per la nostra squadra del cuore. Spesso con l’ombrello puntato sul guardalinee o sull’arbitro di turno e sempre con quel tono di voce che era diventato familiare.

1977-78: un anno di squalifica del San Vito, tutte le partite in trasferta. Se il Cosenza non è rimasto solo lo si deve principalmente a lui, capace di organizzare carovane rossoblù per tutta l’Italia meridionale al seguito della sua passione. E poi la prima esperienza del Centro Coordinamento Clubs non poteva che vederlo presidente. Ancora oggi il Coordinamento porta il suo nome.

Il Bar Gatto Nero e un negozio di marmi erano i quartier generali del club “I Fedelissimi”. I titolari erano Raffaele Mandoliti e Santino Gervasi.
Mandoliti era diventato fin da subito Rafeli d’ù Gatto Nero, era inevitabile. Il suo bar era il punto di ritrovo di migliaia di tifosi, specie quando si respirava aria di vittoria. Rafeli rappresentava l’anima popolare del tifo, il suo quartiere di via Popilia, lasciava il segno con la sua diplomazia tutta cosentina ed era un lavoratore instancabile, soprattutto se il suo lavoro era finalizzato alla causa del Cosenza. Al Gatto Nero si prendevano i biglietti per la partita, si organizzavano i torpedoni per le trasferte, si facevano i primi striscioni e si confezionavano le bandiere: il fenomeno ultrà a Cosenza è nato anche davabti a quel bar di corso Mazzini a due passi dalla fontana di Giugno e dal sempre famigerato Municipio.
Per i giovani cronisti degli anni Ottanta era impossibile non passare dal Gatto Nero per fare qualche domanda a Rafeli sulla quantità dei biglietti acquistati, sulle modalità per raggiungere i pullman e naturalmente sulle fortune dei Lupi, che tornavano in B dopo 24 anni.

Anche Santino Gervasi, detto ‘u marmuraru, e il suo inseparabile compagno d’avventura Ignazio Nisticò incarnavano l’anima popolare e fatalista del tifoso medio. Se il Gatto Nero era il quartier generale de “I Fedelissimi”, Il negozio di marmi di Santino è stato il “covo” di un’intera generazione di sostenitori diciamo più attempati. Il loro gruppo folk, “Il Trio della Sila”, ha cantato Cosenza per decenni. La trasmissione “Noi tifosi” è un punto di riferimento per chiunque voglia cimentarsi a seguire il Cosenza attraverso
l’etere. Mai una polemica, mai una parola fuori posto: solo amore e passione per i colori rossoblu.

La grandezza di Raffaele Mandoliti e de “I Fedelissimi” è stata quella di aver sostenuto il Cosenza nei periodi più bui della sua storia, negli anni Settanta, tra rovinose invasioni di campo e società tutt’altro che virtuose, con la tifoseria protagonista di “collette” prodigiose per far scendere in campo la squadra.

L’alter ego di Gigino Lupo era Gianni Bruno di Domanico. Il suo ultraquarantennale sodalizio con Gigino Lupo è passato di diritto nella leggenda del tifo rossoblù. Dal 1967, quando è tornato dall’America, il buon Gianni è stato il suo braccio destro, contribuendo a creare, praticamente dal nulla, i club che hanno contraddistinto decenni di passione. Dal “Lupi della Sila” ai “Fedelissimi” al “Francesco Guido”. Dalle croniche difficoltà degli anni Settanta, quelli delle collette e dei viaggi disperati per consentire il pagamento degli stipendi allo splendore della fine degli anni Ottanta quando finalmente i colori rossoblù sono tornati nell’olimpo del calcio.

La sua casa di Domanico è stata un crocevia di tecnici, calciatori, addetti ai lavori, ultrà e semplici tifosi. E Gianni ha sempre stupito tutti per la sua squisita ospitalità e per il suo eccezionale attaccamento alla causa. Al piano inferiore, dove c’era il club “Lupi della Sila”, Gianni conservava una quantità pressoché infinita di ricordi, cimeli, fotografie. Un archivio impressionante. Il Centro Coordinamento Clubs è stato una loro creatura.

La dote migliore di Gigino Lupo? “Non potevi aprire bocca se avevi bisogno di qualcosa – raccontava Gianni -. Te la trovava subito… Il nostro viaggio più pazzo è stato quello per arrivare a Modica per portare i soldi ai giocatori che avevano già annunciato che non sarebbero scesi in campo. Sembrava che questo paese non esistesse sulla faccia della terra… E poi eravamo sempre insieme: io e Gigino Lupo. Anzi, Gigino Lupo e Gianni Bruno. Raccoglievamo soldi da tutte le parti. Anche dall’America spedivo dollari alla società del Cosenza…”. Ora Gigino, Gianni e Rafeli sono insieme lassù a tifare Cosenza e a noi non resta altro da fare che tramandare la loro passione alle generazioni che verranno. Perché una città senza memoria è una città senza futuro.