di Gabriele Carchidi
Alla metà degli anni Ottanta a Cosenza quando un giovane che aveva la passione del giornalismo entrava in una radio privata (e all’epoca ce n’erano tante, grazie a Dio), il primo passaggio obbligato, sì insomma il primo “provino” consisteva nel leggere un articolo della Gazzetta del Sud. Perché tutte – ma proprio tutte – le radio private, il loro giornale radio lo facevano leggendo pari pari la Gazzetta del Sud, che dopo la chiusura del Giornale di Calabria di manciniana memoria era rimasto l’unico quotidiano che si occupava della cronaca calabrese e cosentina.
Raffaele Nigro è scomparso da poco più di un anno e il suo ricordo purtroppo è passato quasi inosservato. Un’assurdità, visto quello che ha rappresentato per la storia giornalistica della città di Cosenza.
Nigro era diventato il capo della redazione cosentina della Gazzetta del Sud nel 1982 ma lo era già di fatto da un paio di anni, quando il sindaco della città non era ancora eletto direttamente dai cittadini ma veniva indicato dai partiti dopo estenuanti riunioni di “corrente”. E a Cosenza i sindaci o erano democristiani o socialisti. In quel periodo, però, la Dc non toccava palla perché dopo la prima storica “giunta rossa” guidata da Pino Iacino (1974-1979), erano diventati sindaci ancora altri due socialisti: prima Rugiero e quindi Pino Gentile, proprio nel 1982.
Cosenza, allora come oggi, era ed è una città dal doppio volto, dove i poteri forti facevano e fanno il bello e il cattivo tempo e inevitabilmente anche i media più importanti dovevano e devono rispettare le consegne e non “allargarsi” più di tanto. La Gazzetta, poi, era ed è una sorta di “Bibbia” e Nigro, col passare del tempo, aveva rafforzato l’autorevolezza del giornale a Cosenza. Tutti sapevano che la Gazzetta e quindi anche Nigro, erano di destra e lo si capiva immediatamente vedendo il “taglio” del giornale e i suoi articoli, che erano a tutti gli effetti editoriali o al massimo corsivi, eppure il capo della redazione riusciva incredibilmente ad avere fonti fondamentali anche a sinistra e si destreggiava alla grande nel gestirle, “accontentandole” per come poteva: dal Pci e dai sindacati per finire ai socialisti e persino agli antagonisti.
All’inizio del suo regno alla Gazzetta, Cosenza (a parte i poteri forti della politica e dei colletti bianchi) era ancora tutta “malavita e pallone”, Nigro non era ancora “il professore” e il suo braccio destro era un cronista reggino di grande umanità. Si chiamava Cristofaro Zuccalà e seguiva sia la cronaca nera (eravamo ancora in piena guerra di mafia tra clan) sia il Cosenza Calcio. Qualche volta noi giovani appassionati di calcio e dei colori rossoblù gli chiedevano della leggenda della Gazzetta e Zuccalà ci aveva “rivelato” che il capo era questo Nigro, non ancora “il professore”, che sapeva tutto di tutti. Forse pure di noi!
Anche se eravamo giovani, non avevamo impiegato molto tempo a capire che, all’epoca, se volevi diventare giornalista e non stavi nella Gazzetta o nella Rai sarebbe stata dura e Nigro, che non era per niente contento di questa situazione nonostante fosse destrorso, faceva di tutto quantomeno per aiutare i suoi collaboratori più giovani. E così si formarono sotto la sua scuola Paolo Toscano, Francesco Celi e finalmente un cosentino doc che veniva anche lui dalla scuola delle radio private, Franco Rosito. Ed era stato lui a rivelarmi che ormai, quando gli anni Ottanta stavano per lasciarci, il mitico Raffaele Nigro, che nessuno vedeva mai in giro e che non si faceva mai intervistare in televisione, era diventato per tutti “il professore”. Poi sarebbe arrivato anche Marcello Gallo mentre il fotografo della Gazzetta è sempre stato il cosentinissimo Francesco Arena, e anche lui – che è sempre stato a sinistra fin da quando era ragazzino – faceva di tutto per restituirci l’immagine enigmatica e misteriosa del “capo” della Gazzetta.
Nel frattempo, dopo Pino Gentile, la Dc si era ripresa la città – d’accordo con quel pezzo del Psi che non andava di pelo con il già vecchio Mancini – fino all’alba degli anni Novanta, il Cosenza Calcio era stato promosso in Serie B dopo 24 anni e la guerra di mafia era finita grazie anche ai buoni uffici del procuratore Nicastro, che era il simbolo della “doppia faccia” della città, visto che il fratello era il titolare di quel ristorante-albergo-night di Cetraro dove i magistrati andavano a braccetto con i colletti bianchi ed i mafiosi. Nicastro era stato poi stroncato da un tumore nell’87 e al suo posto era stato “promosso” il suo allievo prediletto, Alfredo Serafini, che avrebbe guidato la procura per 20 anni, facendola diventare definitivamente “il porto delle nebbie”.

La Gazzetta del Sud e quindi anche Nigro non potevano certo fare la guerra ai poteri forti e quando nel 1990 il vecchio Mancini prova a pilotare il figlio come giovane sindaco, “il professore” non ci pensa due volte a mollare il bamboccione e a fare gruppo con i gentiliani che lo fanno fuori in meno di un anno.
“Giacomino” era incazzatissimo con Nigro e me ne accorsi direttamente perché, intanto, ero approdato nella sua televisione – Telecosenza – e quando leggevo il suo telegiornale, Nigro era per tutta la città “Toro seduto”… Mancini lo irrideva perché non si rendeva visibile ma comandava dietro le quinte tendendogli le imboscate insieme ai suoi nemici politici ma non aveva esagerato, come faceva con tanti altri, perché aveva capito che dopo essere stato “eliminato” dal suo Psi, non aveva altra scelta che provare a diventare il primo sindaco di Cosenza eletto direttamente dai cittadini. E quindi aveva bisogno anche e soprattutto di Nigro o quantomeno che non fosse ostile. E così fu.
Tra la metà degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, la città conosce un decennio di rinascita, Mancini non ha rivali politici e nasce anche la “concorrenza” alla Gazzetta con Il Quotidiano, che tuttavia non sta proprio dalla parte del vecchio sindaco, anzi… Il 10 ottobre del 1994 Cosenza conosce per la prima volta una retata “antimafia” con l’operazione Garden. Le manette scattano solo per boss e gregari ma non serve molto tempo per capire che la procura di Cosenza, ormai già ampiamente porto delle nebbie, ha un piano preciso per smontare il castello accusatorio della Dda di Siclari: arruolare pentiti e accusare, indovinate chi? Giacomo Mancini, naturalmente. Tanto che l’annuncio urbi et orbi del reclutamento del pentito Franco Pino, che ha l’obiettivo principale di eliminare il vecchio, arriva in esclusiva proprio da Il Quotidiano diretto da Pantaleone Sergi. Che sarà in prima fila a determinare i passaggi della dolorosa sospensione da sindaco e dell’altrettanto doloroso processo. Con tanto di prima pagina cubitale quando Mancini viene condannato in primo grado.
E “il professore” in tutto questo che faceva? Beh, da stratega consumato qual era, si divertiva un mondo a fare arrabbiare gli editori e il direttore del Quotidiano andando controcorrente e quasi difendendo Mancini, con il risultato che a un certo punto quelli del Quotidiano (all’epoca c’erano ancora Grandinetti e Citrigno, pensate un po’…) capirono che bisognava cambiare direttore.
Ennio Simeone arriva nel 1998 e ci cambia la vita, nel senso che prende per le corna l’Ordine dei giornalisti che neanche Nigro osava “toccare” e ci fa diventare tutti giornalisti professionisti. Sul versante politico invece, essendo molto amico del cardinale Franco Ambrogio, smussa gli angoli con Mancini e stabilisce una tregua soddisfacente per tutti dando dignità soprattutto a noi giornalisti, che riuscivamo a prendere il tesserino “vero” quando ormai eravamo decisamente più vicini ai 40 che ai 30 anni…
Ma ormai Raffaele Nigro si avviava a chiudere il suo quarto di secolo alla Gazzetta del Sud. Dopo la morte di Mancini, nel 2002, avrebbe guidato solo per altri 4 anni il suo giornale e non fu una chiusura “pacifica”. E fu anche l’occasione per conoscerlo direttamente. Ma per raccontarvi tutto questo c’è bisogno di un’altra puntata. L’EDITORIALE-CHOC DI NIGRO SUL PORTO DELLE NEBBIE (https://www.iacchite.blog/cosenza-leditoriale-choc-di-nigro-e-la-verita-sul-porto-delle-nebbie-scusate-il-ritardo/).