Cosenza-Rende, una “Vanity Fair” ara lagana e ciciari

A noi dei contenuti esposti, ieri, dai conferenzieri all’iniziativa promossa dalla bipoltronara Simona Loizzo, sulla città unica Cosenza/Rende, non ce ne può fregar de meno. Anche perché sono chiacchiere in libertà che girano da almeno un trentennio, senza mai arrivare a niente. E poi la città unica di fatto già esiste, grazie al certosino lavoro svolto dalle cosche di ‘ndrangheta che hanno unito le due città in un unico “crimine”. Per le paranze non c’è nessuna differenza tra Cosenza e Rende. Il pizzo, la tangente, il traffico di droga, il riciclaggio, la corruzione, la bustarella, l’usura, sono stati unificati sotto un unico gonfalone, quello dei clan confederati che hanno dimostrato di saper fare meglio della politica.

Quello che a noi interessa, del convegno, è analizzare lo stile dei relatori, e i tanti pettegolezzi circolati sulla costruzione dell’iniziativa. Come farebbe il Marcello Romanelli dei bei tempi che furono. E l’ambientino del “tavolo” è perfetto per un bel pezzo di costume. A cominciare dalla presenza di Carlo Guccione, già antagonista di Mario Occhiuto, minacciato di espulsione dal Pd per la sua partecipazione al dibattito. Una vera è propria intimidazione pronunciata dal suo ex garzone Giuseppe Mazzuca, oggi uomo di Madame Fifì che come si sa non ha mai perdonato a Carletto il tradimento di tanti e tanti anni fa. In cambio di vane promesse di carriera politica, Mazzuca, spalleggiato da Franz, ha definito l’ex amico Carletto, “venduto al nemico”, con Occhiuto non si parla, è questo il rimprovero politico a Carletto. Che tradotto significa: con Mario Occhiuto, sottobanco, ci può parlare solo Madame Fifì, e nessun altro.

A moderare il dibattito trasversale, il giornalista Mario Campanella, in versione Paolo Crepet, che prima di cedere la parola ai relatori, sottolinea che il sindaco Franz e il sindaco Manna hanno declinato l’invito. E com’è oramai suo costume, il Campanella, che non è Tommaso, ne ha per tutti… elogi, che avevate capito. Loda tutti, comunisti, fascisti, anarchici, democristiani, socialisti, femministe, gerarchi, federali, commissari del popolo, ha una buona parola per tutti. Lo Yin e lo Yang del giornalismo ara lagana e ciciari. Che è sempre meglio del famoso piatto di lenticchie.

La regina della serata è senza dubbio lei: Simona Loizzo. Una splendida quasi sessantenne, il cui fascino sembra superare il concetto stesso di tempo. Elegante come sempre, vestitino blu intenso con merletti di raso e fiocchetti vari che racchiudono una estetica giovanile che ben riflette lo spirito della dottoressa. Il tutto ammantato da una lucida giacchetta nera che scorre lungo i sinuosi fianchi della “meravigliosa” eletta. Un bel girocollo ad adornare un corpo che non mente. Ma su tutto spicca la pettinatura. Una scrima alla Pippo Baudo che esalta la rotondità del cranio, e che rende il viso double face. Come le poltrone della Loizzo. Riesce ad avere due facce e a sedersi contemporaneamente su due poltrone. Pettegolezzo a margine: la Loizzo ha annunciato, attraverso il suo segretario Roberto Bartolomeo, di voler querelare Giuseppe Cirò per averla definita bipoltronara.

Su Sandro Principe c’è poco da dire… abito di circostanza, come le sue presenze a dibattiti e convegni. O c’è o non c’è, non se ne accorge nessuno. È diventato trasparente, l’immagine sbiadita di se stesso. Puntare sull’assenza della cravatta, per attirare un po’ di attenzione, non ha pagato. Un Principe sbarazzino, in versione primo pelo, che non ha convinto. Quello che invece ci ha convinto, e non avevamo dubbi, è Mario Occhiuto. Su di lui abbiamo scritto di tutto e di più, ma su una cosa restiamo da sempre fermi: lo stile non è acqua, e Mario è asciutto come sabbia del deserto. Impeccabile come sempre, abito scuro ad esaltare la tenebrosità che contraddistingue il suo fascino. Semplice e lineare il taglio dell’abito, ma pensato e cucito per elogiare il suo ego. A rendere speciale la sua complicata semplicità estetica, un foulard zebrato con innesti di chiazze color rame. Una genialata. La nota giusta che completa l’opera. Come sempre il numero uno. Se lo stile ha un nome, quello è Mario.

Sul convegno: è stato talmente esaltante che i partecipanti durante l’intervento della principessa Loizzo, erano tutti impegnati a farsi i fatti propri, come si evince dalla foto in copertina. Sono tutti impegnati con il telefonino. Come a dire: “Si può parlare del niente a lungo se sai farlo con grazia”. E loro di grazia ne hanno da vendere.