Cosenza. Ricordando il 25 aprile 1945 (di Ciccio De Rose)

RICORDANDO IL 25 APRILE 1945

di Ciccio De Rose

La Resistenza in Calabria e a Cosenza presenta due aspetti: quello di avere avuto la fortuna di non aver subito l’occupazione da parte dei tedeschi ma solo la rapida attraversata delle truppe in ritirata dalla Sicilia e questo spiega i bombardamenti sulla nostra città (mio padre, ferroviere, fu tra i mutilati gravi per quello del 12 Aprile 1943 poiché gli fu amputata la gamba destra) e in altre parti della Calabria, ma non bisogna dimenticare il contributo dato alla lotta di liberazione dei cosentini e dei calabresi che si trovavano nelle zone di guerra.

La Resistenza lunga è rappresentata da quella che gli antifascisti manifestarono durante il ventennio e che preparò la lotta armata per la Liberazione… ricordiamo Riccardo De Luca il primo antifascista ucciso perché non si scappellava davanti alle squadracce, il muratore Paolo Cappello, il pluriarrestato e tenace combattente Natino La Camera, Salvatore Martire, Fausto Gullo, Pietro Mancini, Gennaro Sarcone, Pietro Ingrao nascosto nella Presila da Cesare Curcio, Giacomo Mancini che fece parte a Roma della prima zona delle formazioni militari socialiste… Insomma, il patto giurato tra uomini liberi ha vinto riscattando la popolazione, la dignità della gente sconfiggendo coloro che rappresentavano la vergogna e il terrore nel mondo come affermava Piero Calamandrei.

Il compito di noi tutti è quello di non abbassare la guardia di fronte a tentativi secessionisti e discriminazioni etno-culturali e dire ai giovani che seppure abbiamo sbagliato in tante occasioni e non consegniamo loro la società che avremmo voluto dare , che seppure le difficoltà e le amarezze sono tante, dobbiamo sempre ribadire che i valori della democrazia e della libertà sono irrinunciabili… e voglio sottolineare con questo ricordo del 25 aprile il testamento spirituale scritto nella notte che doveva segnare la fine della sua vita dall’antifascista Raffaele De Luca, avvocato di Paola, arrestato a Roma e condannato a morte dal tribunale tedesco il 24 gennaio del 1944 e che aveva rifiutato di presentare domanda di grazia ma che per fortuna scampò alla fucilazione perché troppo vecchio e malato..

De Luca scrisse durante la notte: “Ho trascorso la notte insonne, ma non agitato, ho passato serenamente in rassegna tutte le linee della mia vita e le ho concluse con tranquilla rassegnazione… mia eredità: la cara famiglia, mio grande patrimonio affettivo, la libertà mio nobile patrimonio ideale… affido la prima affinché sia considerata attraverso il mio sacrificio, consegno la seconda, la libertà, di cui ho assunto la paternità di fronte alla ferocia ira nemica, ai compagni e uomini valorosi che combattono per riguadagnarla”.

Negli ultimi tempi, questo anniversario che viene festeggiato e ricordato da tutti gli Uomini Liberi, trova qualche prigioniero mentale che cerca di snaturare l’idealità di questo giorno.
Nel celebrare il 25 aprile, questo significato profondo, costitutivo della nostra democrazia, non può essere ridotto a pura liturgia, a commemorazione neutrale. Esso è un impegno concreto e attuale che deve vederci vigili e pronti. La ragione fondamentale sta nella minaccia che grava sui valori dell’antifascismo e sulla sua creatura: la Costituzione italiana. Dire che la Costituzione italiana è nata dalla guerra partigiana e dall’antifascismo è una profonda verità. Noi non dobbiamo dimenticare che la Costituzione si è nutrita dei valori dell’antifascismo, perché essa è una Costituzione antifascista. Lo è perché ripudia la guerra.

Non dimentichiamo le parole che disse Piero Calamandrei in “La Costituzione e La gioventù”: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione“.