A Cosenza, il 22, il 3 e il 4 ottobre a Roma, migliaia di persone sono scese in piazza per la Palestina. Studenti, lavoratori, sindacati si base, associazioni, semplici cittadini. Tutti uniti da un grido comune: basta complicità, basta silenzio.
E mentre la città scopriva di poter tornare a respirare collettivamente, qualcuno – puntuale come un orologio svizzero – iniziava a moralizzare:
“Sì, ma quando scenderete in piazza per la sanità?”
Eccoci qui. È arrivato quel momento. Venerdì 17 ottobre, ore 17:30 , piazza XI Settembre. Una mobilitazione dal basso per la sanità pubblica, per un diritto che in Calabria è diventato un lusso. Ma indovina un po’? Gli stessi che prima chiedevano “quando?” adesso dicono:
“Ma cosa cambiate scendendo in piazza?”
“Eh, dovevate votare meglio.”
Certo. Perché è sempre più facile criticare chi prova a fare qualcosa, piuttosto che sporcarsi le mani. È sempre più comodo scrivere un commento cinico da dietro lo schermo che prendere un’ora per difendere il diritto alla cura.
E poi, diciamocelo: questa storia del “dovevate votare meglio” non regge. Cosenza e il suo hinterland hanno votato a maggioranza centrosinistra, come se questa cosa nel corso degli anni abbia cambiato qualcosa, quindi il problema non è solo il voto, ma il sistema che si autoalimenta indipendentemente da chi vince, ad eccezione di poche, singole e rari casi di persone a cui la gente ha riposto fiducia perché hanno saputo ascoltare le esigenze che vengono dal basso e si sono resi disponibili all’ascolto e alla risoluzione delle criticità. Il problema è che nessuno vuole ammettere che il potere cambia volto ma non sostanza, e che la disillusione è diventata una forma di controllo sociale.
Le piazze di ottobre erano vere perché hanno scardinato la consuetudine mettendo in difficoltà partiti di governo di destra , sinistra e sindacati, tutti costretti a rincorrere . Giovani, vecchi, lavoratori, studenti e cittadini tutti insieme. E questo – forse – ha fatto paura.
Perché quando la gente si organizza fuori dai soliti recinti, allora sì che diventa pericolosa.
Quindi, invece di chiedere “che cosa cambia scendendo in piazza”, bisognerebbe chiedersi:
cosa cambia restando a casa?
cosa cambia continuando a delegare, a lamentarsi, a credere che il cambiamento debba cadere dal cielo?
La verità è semplice: se non siamo noi a costruire un’alternativa, nessuno lo farà al posto nostro.
Venerdì 17, Piazza XI Settembre, ore 17:30. Non un rituale, non una foto per i social. Ma un gesto politico, collettivo, necessario.
Chi vuole davvero cambiare le cose, cominci col metterci la faccia.
Aderiamo all’appello lanciato dai cittadini stanchi e invitiamo tutti a scendere in piazza.









