Assisteva ad una scena anomala chi passava per la Villa Nuova a Cosenza ieri sera, anche dopo le 20. Residui capannelli di persone che parlavano fuori dalla sede della Camera del Lavoro, cancelletto aperto, voci e luci dal piano terra: una insolita vivacità.
Era da poco terminato il dibattito organizzato da “Democrazia e Lavoro”, area della Sinistra CGIL, sulla Scuola a Cosenza. Il secondo nel giro di una settimana, questo ancor più partecipato del primo: in soli sette giorni la Sinistra CGIL è riuscita a coinvolgere pezzi significativi del mondo della scuola e della società in due discussioni di spessore sull’universo scolastico locale.
Il cortile della CGIL è stato riempito non con consuete truppe cammellate (quando pure si riesce oramai a mobilitare) ma da un pubblico numeroso e concentrato, composto soprattutto da insegnanti. Perché ci sono tanti docenti che credono nella loro attività e si impegnano quotidianamente nella Scuola, che vogliono discuterne e agire per cambiarla, che sono osservatori attenti e critici di quello che Istituzioni, Amministrazioni scolastiche, mondo politico e sindacale (non) fanno per migliorare le sorti della Scuola pubblica italiana.
Protagonisti del dibattito i problemi della Scuola cosentina, che sono tanti e irrisolti. Quelle questioni di cui oggi non si sentirà parlare nei soliti rituali da inizio anno scolastico, con le consuete liturgie fatte di tagli di nastro, fiumi di retorica, promesse di impegni, abbracci e baci a profusione, ecc. Come se la realtà fosse tutta meravigliosa, come se non ci fossero enormi e pesanti problematicità, come se queste non fossero responsabilità di qualcuno, come se fossero ineluttabili.
Ha introdotto i lavori Pino Assalone, coordinatore di “Democrazia e Lavoro”. Di impatto afferma che non è più ora di passerelle, belletti e polvere sotto il tappeto ma di impegno serio, concreto e collettivo per riportare la centralità della Scuola pubblica nel nostro Paese. La scuola come la vuole la nostra Costituzione, democratica, inclusiva, eguale, di tutti e per tutti. Una scuola che tuteli e si impegni a garantire parità nelle opportunità e negli esiti formativi. E cita il convitato di pietra, il Convitto Nazionale di Cosenza, come esempio di quel processo di aziendalizzazione della scuola pubblica che ha portato un’Istituzione scolastica baluardo nella lotta all’esclusione ed alla dispersione a diventare una scuola d’élite. Nell’assordante silenzio di tanti nella città, un silenzio bipartisan che coinvolge in una medesima indifferenza tanto i qualunquisti che la “sinistra” salottiera, dalle citazioni colte e dalle frequentazioni serali nei localini “alternativi” ma mai disposta a sporcarsi le mani con la durezza delle condizioni materiali. Non c’è più bisogno di complici silenzi e colpevoli inciuci, ma di coraggiose denunce. E di istituire un tavolo permanente e operativo che svolga letture reali (e non di comodo) della realtà e sia operativo per provare ad affrontare i problemi che emergano e garantire l’effettivo diritto ad uno studio di qualità.
Nel successivo intervento, il dirigente Aldo Trecroci, pure consigliere comunale con delega alla Scuola, mette in risalto il problema strutturale di alcuni edifici scolastici delle superiori a Cosenza. Cita in particolare la scuola che lui dirige, il liceo “Scorza”, che sta attraversando un momento particolare, determinato dalla totale assenza di programmazione negli interventi da parte dell’Amministrazione Provinciale. Un numero consistente di alunni rischia da qui a poco di rimanere senza un posto fisico dove poter svolgere lezione e per responsabilità evidenti: questo non può essere ammissibile. Parla anche della complessiva disattenzione verso la scuola e di piano di dimensionamento che dovrebbero essere progettati male. Infine, tocca la vicenda del Convitto, di cui lui è stato in passato Dirigente, ricordando come era diventato una scuola troppo ghettizzata ma che ora il suo ruolo va rilanciato diversamente, sostiene la possibilità che l’Amministrazione Comunale aiuti, attraverso contribuzioni con borse di studio, studenti di famiglie meno abbienti affinché si iscrivano e frequentino quella scuola.
L’intervento di Fiore Manzo, oggi dottorando di ricerca e tra i primi rom della provincia a laurearsi, ha toccato la storia della comunità rom nel nostro territorio per poi ragionare su quanto sia rilevante il percorso scolastico, in particolare per alcuni ambiti. Fa la storia dei fallimenti iniziali dell’inserimento nelle scuole cittadine, dove i rischi di emarginazione da un lato e di creazione di situazioni ghetto dall’altro sono stati fortissimi. Ricorda il lavoro di realtà sociali come quella del Circolo “Popilia”, importantissime nell’accompagnamento dei ragazzi attraverso il doposcuola, di come ancora oggi siano elevati i numeri degli insuccessi e degli abbandoni ma come ci siano anche lodevoli eccezioni che iniziano ad essere più consistenti.
L’intervento di suor Lorena Armiento, insegnante per alcuni anni nelle scuole all’interno degli istituti penitenziari della nostra provincia e operatrice in contesti dimenticati, è stato particolarmente denso. Riporta incontri e momenti significativi della sua esperienza, ricorda come il carcere è un luogo che si vuole separato, altro, ma dove invece vive un pezzo di umanità sofferente. L’importanza della presenza scolastica proprio in quelle realtà è alta ed ha una funzione rieducativa e riabilitativa di grande valenza, non a caso risulta apprezzata da tanti detenuti. Eppure l’istruzione carceraria come quella serale viene completamente svalorizzata, tutta l’istruzione degli adulti viene considerata come di rango inferiore. E viene ricordata la squallida e vergognosa vicenda della formulazione nel 2018 degli Organici di diritto nella nostra provincia, quando per motivi ancora poco chiari si procedette all’ingiustificabile taglio di cattedre, dunque di classi, proprio negli ambiti dove mai si sarebbe dovuto procedere con tale superficialità. Proprio da allora infatti l’insegnamento degli adulti risulta meno continuo con la concreta soppressione della possibilità di diplomarsi nel percorso scolastico carcerario. Assalone qui ricorda come il silenzio della politica e dello stesso mondo sindacale regionale fu inquietante e come le poche voci che si levarono per esprimere contrarietà fossero zittite, chissà perché!
Chiude gli interventi programmati il professore emerito di sociologia Piero Fantozzi. La sua lunga e ricchissima esperienza sia di accademico che di ricercatore che di impegnato nelle attività di un importante Associazione di volontariato, la “San Pancrazio”, ben nota per il suo intervento di accompagnamento dei ragazzi del Centro Storico di Cosenza, gli permette un intervento complessivo e dal largo orizzonte. Ripensare la scuola, riportarla al suo originario aspetto, ridarle la sua funzione di crescita egualitaria e dell’insieme della comunità, dovrebbe essere il compito fondamentale. Compito abbastanza difficile oggi, a partire dall’andare della società in direzione totalmente opposta, cioè verso un aumento esponenziale delle diseguaglianze. L’attenzione della collettività e della Politica verso la scuola dovrebbe cambiare notevolmente, crescere, intensificarsi. La Scuola come fondamentale percorso di avanzamento comunitario rappresenta l’orizzonte che dovrebbe essere perseguito.
Al termine degli interventi programmati inizia il dibattito che andrà avanti per un pezzo. Tanti docenti propongono le proprie visioni e le proprie esperienze. Intervengono anche la consigliera comunale Bianca Rende e Domenico Passarelli, professore di Architettura e dirigente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, che rimanda ad altro momento una riflessione sull’Urbanistica e la Scuola ma parla da appassionato della Scuola che crede fortemente nel suo valore e da genitore impegnato come Presidente del Consiglio di Istituto del Liceo “Fermi” di Cosenza.