Cosenza. Tassa sul suolo pubblico, Franz pennacchio impone il pizzo ai commercianti

Franz Caruso, che di sindaco ha solo il pennacchio, ancora una volta dimostra tutta la sua sudditanza ai veri padroni della città e, anche se non ci sarebbe più bisogno di specificarlo, tutta la sua arcinota vigliaccheria. Un sindaco che nessuno voterebbe più, e che di certo non finirà negli annali della città. Un pavido che sfoga la frustrazione di essere sottomesso a Nicola Adamo contro i deboli, contro chi non ha gli strumenti per difendersi. Un mediocre avvocato che ha costruito le sue fortune più sull’appartenenza che sulle capacità oratorie o professionali. Un servo sciocco che si inchina davanti ai suoi padroni e che, da quando si è seduto sulla poltrona da sindaco, non ha mai avuto un margine di autonomia reale. E che sfoga questa sua impotenza facendo il bullo con chi, al contrario dei suoi referenti, le regole le rispetta.

Come tutti i cosentini sanno, il Comune di Cosenza economicamente è fallito, e le casse comunali piangono. Servono soldi, tanti soldi. Ma invece di rivolgersi a chi davvero li deve, Caruso, da vigliacco qual è, pur di non toccare il denaro destinato a Nicola Adamo e al suo cerchio magico, decide di spremere i cittadini. Invece di guardare dove i soldi ci sono, sceglie la via più comoda e codarda: prenderli da chi lavora. Non certo da chi ha avuto tutto senza mai restituire nulla. Non certo dai veri responsabili del dissesto.

Perché Caruso lo sa benissimo dove cercare. Sa, ad esempio, che le società e le cooperative che gestiscono da anni gli impianti sportivi cittadini devono al Comune quasi tre milioni e mezzo di euro per canoni di affitto mai pagati. Ma da quelle parti non si muove foglia. Niente solleciti, niente revoche, niente denunce. Troppo vicine a certi nomi, troppo protette da certi equilibri. Sa anche che i costruttori che in trent’anni hanno alzato palazzi, quartieri, villette, hanno lasciato in sospeso decine di milioni di euro di oneri di urbanizzazione mai versati. Eppure, anche lì: silenzio assoluto. Nessuna voce si alza.

Caruso conosce perfettamente la galassia di proprietari, imprenditori, avvocati, politici che abitano nel centro e nelle zone “buone” della città e che possiedono tre, quattro, cinque immobili intestati e non hanno mai pagato l’IMU. Sa che si potrebbero tagliare le spese, ridurre le consulenze, cancellare gli incarichi inutili e le prebende alla politica. Ma non lo fa. Perché non può. Perché a dettare l’agenda, sopra di lui, c’è sempre il solito nome: Nicola Adamo. È lui che tiene in ostaggio le scelte. È lui che decide ciò che si può e ciò che non si può toccare. Tutto ciò che riguarda gli amici degli amici, i soci, i referenti di potere, è intoccabile.

E allora Caruso fa l’unica cosa che può fare senza rischiare ritorsioni: colpisce chi lavora. E lo fa con la lucidità cinica di chi non ha nemmeno più bisogno di fingere. Arriva il nuovo tariffario sull’occupazione del suolo pubblico e la stangata è servita. Una piccola pizzeria che utilizza 24 metri quadrati all’esterno, con qualche tavolo, una tenda, due ombrelloni e una fioriera, dovrà pagare 6.000 euro all’anno. Cinquecento euro al mese, tutti i mesi, anche nei periodi in cui quello spazio esterno non è nemmeno utilizzabile. Una sorta di pizzo legalizzato che non ha niente da “invidiare” a quello che in tanti già pagano ai clan locali. Del resto la logica mafiosa al comune di Cosenza non è estranea. Il tariffario prevede 50 euro al metro quadro per chi utilizza solo tavoli e sedie, senza ombrelloni. Sale a 125 euro/mq se si aggiungono ombrelloni ma si rinuncia ai vasi. E arriva a 250 euro/mq se si opta per una sistemazione completa con dehors, fioriere, pannelli pubblicitari o lavagne. Una tassa fissa, imposta senza alcun criterio stagionale o proporzionale. Il colpo finale a un’economia che già barcolla sotto il peso di bollette, inflazione, tasse, pizzo, e mancanza di prospettive.

Questo è il sindaco di Cosenza: uno che non sfida il potere, ma lo serve. Che non governa, ma ubbidisce. Che non ha il coraggio di andare a prendere i soldi dove stanno davvero, ma li estorce ai superstiti del commercio locale. Un vigliacco istituzionale che, pur di non disturbare i padroni del sistema, se la prende con chi ogni giorno accende le luci la mattina e spegne l’insegna la sera. Con chi ancora ci crede, ancora resiste, ancora lavora.

E così, mentre i furbi di sempre continuano a non pagare, a costruire, a spartirsi fondi e incarichi, a vivere senza dover rendere conto a nessuno, i piccoli imprenditori, i baristi, i ristoratori, i pizzaioli vengono spremuti come limoni. È questa la giustizia di Franz Caruso. È questa la sua idea di città. Una città dove l’economia vera è il nemico, e l’illegalità amica si premia con il silenzio.