Cosenza, un oltraggio continuo al patrimonio storico-artistico (di Francesca Canino)

di Francesca Canino

Fonte: Emergenza Cultura

La memoria negata ai posteri. Di questo passo non resteranno nemmeno le pietre, inglobate in chissà quale struttura di grido, niente che potrà testimoniare la presenza della città nei secoli.
La parte antica di Cosenza rischia di sparire sotto il peso del tempo, nessun intervento di recupero è stato messo in atto da quando sono diventati più evidenti i segni del degrado, nonostante gli appelli dei cittadini, delle associazioni, del mondo accademico.
Cosenza vecchia scompare sotto le ruspe che hanno demolito, pochi mesi fa, due antichi palazzi malridotti, senza pensare minimamente a una eventuale ristrutturazione e senza alcuna autorizzazione da parte della Commissione regionale dei beni culturali o della Soprintendenza, che solo qualche mese prima aveva scritto all’amministrazione comunale bruzia per informarla che tutti gli interventi previsti nel Centro storico sono sottoposti a preventiva autorizzazione da parte della Soprintendenza.

Foto di ERCOLE SCORZA

In una nota inviata al ministro Franceschini per fermare le demolizioni nel centro storico di Cosenza, alcuni cittadini hanno specificato che «gli edifici – non solo sono tutelati, come tutti quelli ricadenti nei Centri storici, dal vincolo paesaggistico -, ma sono anche di particolare interesse storico ed architettonico perché comparivano già nel catasto murattiano, ed erano presenti nella cartografia del Catasto post-unitario datato 1873. Siamo a conoscenza, grazie a documenti d’archivio, che tutta quest’area era stata sede, almeno dal XVIII secolo, di botteghe artigianali. Ad ulteriore aggravante di questa operazione viene la consapevolezza che, agli inizi del ‘900, il Soprintendente Edoardo Galli, aveva trovato e segnalato la presenza di possenti muri romani proprio sotto Palazzo Cosentini che è adiacente agli edifici abbattuti fra Corso Telesio, via Bombini e via Gaeta».

Ma a Cosenza non si procede solo con le demolizioni: nello scorso novembre, in seguito a numerose segnalazioni sullo stato di degrado di piazzetta Toscano – dove insistono i resti di strutture murarie di abitazioni di epoca brettia del IV – III sec. a.C. e anche i resti di una domus romana di età imperiale del II – III sec. d.C., decorata con pavimenti a mosaico e intonaci policromi – pervenute ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, la Procura della Repubblica di Cosenza dispose il sequestro probatorio del sito.

Finanche la direzione generale del Mibact inviò una lettera alla Soprintendenza cosentina sottolineando «la difficile situazione in cui versa il patrimonio archeologico di Consentia, quale ad esempio l’area della domus romana di piazzetta Toscano, che è stata sequestrata dalla Procura in quanto il sito versa, già da diverso tempo, in uno stato di gravissimo degrado, con rifiuti di vario genere ed erbe infestanti che hanno invaso le strutture murarie».

Demolizioni e incuria. Ma c’è altro. Su uno dei sette colli della città si erge il Castello normanno-svevo, maestoso, antico, stuprato negli ultimi lavori di restauro che hanno inserito nel contesto dell’edificio un ascensore a forma di parallelepipedo, visibile da tutta la città. Un pugno in un occhio, comparso probabilmente senza le dovute autorizzazioni, che è ancora là a ricordare che il castello non è più della città.

Da un paio di anni, infatti, è stato affidato a una società per la gestione degli eventi da ospitare, società che da subito ha pensato bene di considerarlo un proprio bene, dimenticando quanto disposto dal Codice dei beni culturali, art.20: “I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”.

Ebbene, da un paio di anni il Castello è diventato un club privato, un ristorante per cene organizzate per i vip, una discoteca con tanto di divanetti, bar, luci. E il carattere storico? Con la storia non si mangia, non si hanno consensi, non si anestetizzano le masse. I politici e gli amministratori locali – tranne rarissime eccezioni – lo sanno bene e mentre la deriva del patrimonio storico-artistico di Cosenza vecchia è sotto gli occhi di tutti, gli scempi continuano.