Cosenza – Cittadella 0-1
Stadio San Vito Gigi Marulla
DALLA PAGINA FB DI PAOLA SACCOMANNO
Il pomeriggio del 25 gennaio si respira aria pesante allo stadio del Cosenza. C’è il sole e il sereno ma l’animo dei tifosi della curva nord è già inquieto prima del calcio d’inizio. La sensazione è quella di stare tra persone che si aspettano una sentenza negativa dal campo; persone critiche, arrabbiate e frustrate dall’atteggiamento perdente della società e della squadra. I lupi hanno già in passato sofferto l’amarezza di non poter fermare con la loro passione la deriva calcistica e societaria della squadra, simbolo di appartenenza alla città e alla cosentinità. Sembra una di quelle tante storie senza speranze del Sud; sembra un riscatto negato a chi al campo vuole legare un modo di essere comunità.
Nel primo anello della curva nord scorgo un volto familiare… è al suo solito posto ma non sorride come nel mio ricordo. No. Non è Ilaria Mirabelli … per un attimo mi era sembrata lei. Si avvicina. È la sorella, Alessia. Le somiglia molto, esile e bella, di quelle bellezze che hai paura possano spezzarsi… Le somiglia molto ma non sorride affatto. Porta sul volto i segni di un dolore presente, sordo e insopportabile. Come se la perdita fosse avvenuta oggi, su quei gradoni dove torna a cercare qualcosa della sorella.
L’angoscia l’accompagna su un volto che sembra non vedere il sole da tanti mesi. Alessia, insieme alla sua famiglia, sta perdendo la sua battaglia di giustizia. Non trova pace senza Ilaria e sente di essere intrappolata in uno stallo di giustizia. Il tempo passa lento dal 25 agosto; si accumulano ritardi su ritardi; il silenzio si alterna alle stranezze procedurali, a verità sussurrate e ad un racconto ufficiale dei fatti che usa il tempo per non dare conto alla coerenza e per non produrre le conseguenze che normalmente ci si aspetta in un paese civile, garantista ma civile. Quanto sei triste e fragile, Alessia. Quanto avrei voluto abbracciarti più forte e darti almeno la speranza della verità. Sembra ieri ci fosse Ilaria al posto tuo e a te sembrerà sia stato ieri quel tragico pomeriggio in cui l’hai persa, perché il tempo irragionevole non riesce a scorrere e nessun lutto si può elaborare nei dubbi.
Ero allo stadio con mia sorella il 25 gennaio. Ho incontrato Alessia e mi sono chiesta se al suo posto avrei avuto la sua stessa forza; quella forza che non l’ha mai fatta urlare, proteggendola dalla furia cieca della vendetta e del dare la colpa all’altro davanti ai microfoni. La compostezza, l’umiltà e la dignità di questa famiglia discreta che nella piena del dolore non rompe mai gli argini, dovrebbero essere simbolo di cosentinità. Avrei voluto abbracciarti più forte Alessia per prendere un po’ della tua forza, per darti un po’ dell’amore folle che mi lega a mia sorella, perché credo sia profondamente ingiusto che tu sia venuta lì da sola a cercare la tua dove non c’è più.
Siamo in attesa che le procedure siano finalmente quelle delle indagini di Giustizia e che non succeda più alcuna stranezza (come per esempio: la notizia della richiesta cautelare della Procura piuttosto che direttamente la decisione del Giudice procedente. I tempi inspiegabili per determinare chi fosse il guidatore nonostante testimonianze e perizie. La forzata attenzione sull’ipotesi meno grave di reato mentre le ricostruzioni mostrano come percorribile anche l’ipotesi di omicidio volontario. La sensazione collettiva del silenzio che vuole distrarre l’opinione pubblica). Fino ad allora Alessia, puoi contare su tante sorelle e fratelli cosentini che urleranno per te.
Non so se il Cosenza riuscirà a salvarsi anche quest’anno però so che se la Giustizia di Cosenza non recupera credibilità agli occhi tristi di Alessia, nessun cosentino potrà credersi salvo.