Così Cosenza sta pagando un pegno elettorale con la Sanita
di Saverio Di Giorno
Quasi un centinaio di persone si è radunato nel presidio permanente all’ospedale San Francesco di Paola di lunedì sera. “Questi ci stanno distruggendo. Siamo soli, i nostri figli se ne sono andati perché qua non è rimasto niente e noi li arricchiamo. Loro però vanno a curarsi fuori, i soldi nostri vanno a portarli fuori”. Così come si è avvicinata una signora dopo essersi sfogata, va via. E poi ancora: “Il pronto soccorso di Cosenza sembra una tenda in una zona di guerra, ci sono malati ovunque non ci sono posti con due soli dottori al pronto soccorso e più chiudono ancora la sanità locale peggio sarà”. Queste sono le analisi della piazza. Il motivo di questa chiamata in piazza è la notizia circolata che riguarderebbe lo spostamento di 20 posti dal reparto di chirurgia dall’ospedale di Paola a quello di Cetraro.
La provincia di Cosenza – con la sanità – sta pagando una cambiale elettorale. La distruzione della sanità pubblica portata avanti dalla volontà politica regionale serve a pagare un pegno elettorale. Ed in particolare la provincia di Cosenza che nonostante abbia condizioni peggiori delle altre provincie nessuno indaga. E soprattutto, chiosano da USB, dopo la nomina di Graziano che ha ottenuto una certa stabilità ora: Cosenza sta pagando una cambiale elettorale. Questa è l’analisi diretta e aspra che esce dalla piazza e che suona azzeccata dopo l’indagine crotonese che tra gli altri fatti riguarda anche la nomina di Graziano. Una piazza che, in parte, indica direttamente i nomi e i responsabili della distruzione, nei padroni della sanità privata e nei loro referenti politici.
La piazza ha visto radunarsi diverse realtà territoriali locali per fermare questo scempio, dall’associazione COLPO che opera a Paola, a La Base (Cosenza), USB, Ginestra e così via. E questo presidio in agitazione permanente si aggiunge alle decine di presidi che da Reggio Calabria a Cosenza provano a non arrendersi a questo declino. L’associazione COLPO ha anche lanciato una raccolta firme (qui: chng.it/6dht4X9VQR) il cui testo recita “nessuno può e deve sentirsi escluso dall’attacco alla vita e alla Salute pubblica perpetrato dagli affaristi della sanità privata calabrese.” Il presidente dell’associazione snocciola i numeri 171 cliniche private accreditate a fronte negli anni di 18 ospedali chiusi, 4000 unità perse (la percentuale più alta d’Italia). E in tutto questo e nonostante il commissariamento la sanità continua a perdere soldi: perché? Per gli accreditamenti, soldi ai privati che godono di finanziamenti e coperture giudiziarie, come ha documentato Iacchitè più volte e che a loro volta trasformano in pacchetti di voti. Che devono essere ricambiati appunto.
Intervista: https://youtu.be/lUs4ZYioyXQ
Intervista: https://youtu.be/XSTEJVn3Qb8
E se i cittadini devono pagare e chiedere come fosse un favore di curarsi, dall’altra i lavoratori della sanità vivono nel precariato o in pessime condizioni. Ecco allora che un lavoratore prende parola e parla di vessazioni e addirittura una denuncia subita quando ha provato a riorganizzare e dare servizi. Gli umori della piazza passano dalla rabbia, alle sollevate di spalle di rassegnazione. Se da una parte infatti c’è rabbia, dall’altra si alzano le spalle rassegnati perché la situazione di bisogno e quindi di ricattabilità impedisce ai cittadini di votare liberamente o di denunciare. “Basta chiacchierare con la gente prima del voto, all’inizio pare che nessuno li voti, anche perché sono conosciuti”, ricordano dalla Base poi arrivano i contratti a sei mesi, gli incarichi e tutto cambia.
Intervista: https://youtu.be/p6V037GKrLo
E anche in questa lotta ed in quella piazza in effetti bastava girarsi e dare un occhio ad altri rappresentanti di PD e altre forze locali (leggasi Di Natale e co.) con il loro seguito, presenti più per giochi di equilibrismo politico e forza che altro. Persone che non hanno le carte in regola per parlare di sanità se non altro perché in questi anni la situazione non ha fatto che peggiorare.
Poi però chiedi alla signora: vuole ripetere queste cose in telecamere? No, grazie. E va via. E lei? Ma che … tanto lo sanno tutti. Sì, ma pochi lo dicono pubblicamente e questo è il problema. E poi alcuni dopo aver dato le pacche alle spalle ascoltano tutti, applaudono tutti e chiedono a tutti. Non va bene, c’è ancora tanto da fare.