Nell’ambito delle indagini che hanno portato questa mattina all’operazione “Costa pulita” emergono chiaramente i dettagli di un episodio di minacce al giornalista di LaC Pietro Comito, all’epoca dei fatti capo servizio della redazione vibonese di Calabria Ora e oggetto di una lettera minatoria, recapitatagli nel 2011, contenente esplicite minacce di morte.
A riprova del malcontento che gli articoli provocarono alla famiglia Accorinti, viene citata la conversazione intercettata il 7 aprile 2011, tra il boss Nino Accorinti e Francesco Marchese, che all’interno di un’Audi A3 in uso a quest’ultimo, i due commentano l’articolo e il boss afferma “ci hanno rovinato”, segno, questo, di come Comito avesse colto nel segno.
Ancora, in altre occasioni, Marchese chiede ad Accorinti, con chiare intenzioni minacciose: «Non si può prendere questo che ha scritto questo articolo?!». Un affermazione questa che, per gli investigatori, la dice lunga in merito all’agire mafioso dei due.
È poi un altro gregario della consorteria, Marco Borello, a riferire al figlio del boss Nino Accorinti, Antonio, riferendosi al giornalista, le testuali parole: «ha detto tuo padre che lo deve spaccare a quello come lo troviamo». Lo stesso Antonio, con tono minaccioso ribatte prontamente: «lo so chi è! l’ho trovato già!».
Pochi giorni dopo alla redazione vibonese di Calabria Ora veniva recapitato un messaggio anonimo con chiare minacce all’indirizzo di Comito: «O PETRU COMITO TA TAGNU A TESTA SI SCRIVI SUBBA U COMUNI I BRIATICO E FATTI I CAZZI TOI CERCA U MA CAPISCI O TA FACIMU CAPISCIRI NUI CA TESTA TA PENDIMU A SAL LEOLUCA TA PIAZZA U MA VIDUNU CHI SBIRRAZZI COMA A TIA”.
Lo stesso giornalista, in sede di denuncia, ricollegava la minaccia ricevuta proprio agli articoli su Briatico, specie in considerazione del fatto che in quegli stessi giorni era stato avvicinato dall’assessore Marzano, il quale gli riferiva di essersi sentito chiamato direttamente in causa.