di Davide Casati
Fonte: Corriere della Sera
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel corso delle comunicazioni alla Camera di oggi, ha spiegato che il governo ha intenzione di varare un nuovo Dpcm (Decreto della presidenza del consiglio dei ministri) per il contrasto della pandemia.
All’interno di questo Dpcm, che dovrebbe entrare in vigore «entro mercoledì» (e dunque, va ribadito, non è ancora stato varato ufficialmente), Conte ha delineato un nuovo sistema di regole che si baserà su una classificazione delle Regioni in tre «scenari di rischio, con misure via via più restrittive».
Come funzionerà il meccanismo delle «aree di rischio»?
La premessa da cui partire è che, secondo quanto riferito dal presidente del Consiglio, il quadro epidemiologico in cui si trova l’Italia «è in via di transizione verso lo scenario 4».
Che cos’è lo scenario 4?
A definire i diversi scenari — il 4 è il più grave — è il piano «Prevenzione e risposta a Covid-19» redatto dall’Istituto superiore di Sanità: un documento che prevede, appunto, diversi scenari e le relative misure da mettere in campo in base all’andamento dell’epidemia. Lo scenario 4 si verifica in casi di «trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo».
In base a che cosa si definisce che siamo nello scenario 4?
Uno dei parametri tenuti in considerazione è l’indice di contagio Rt, che viene valutato Regione per Regione: si entra in allerta quando viene superato il livello di 1,5, e sono 13 – al momento – le Regioni che nell’ultimo report dell’Iss risultano oltre la soglia: Calabria (1,66), Emilia Romagna (1,63), Friuli Venezia Giulia (1,5), Lazio (1,51), Liguria (1,54), Molise (1,86), Provincia di Bolzano (1,96), Provincia di Trento (1,5), Puglia (1,65), Umbria (1,67) e Valle d’Aosta (1,89).
Due Regioni superano addirittura quota 2: Piemonte, a 2,16, e Lombardia, a 2,09.
L’indice Rt non è però l’unico criterio: per determinare l’entrata nello scenario 4 si devono registrare «incidenza dei casi e gravità cliniche elevate», con «pressione sostenuta per i dipartimenti di prevenzione e i servizi assistenziali» nelle diverse regioni. Conte ha spiegato ad esempio: «Esiste un’alta probabilità che 15 regioni superino le soglie critiche nelle aree delle terapie intensive e delle aree mediche nel prossimo mese».
Che cosa comporta lo scenario 4? Cosa sono le aree?
Lo scenario 4, sempre all’interno del documento dell’Iss, si suddivide in tre fasce o aree di rischio:
— moderata (la chiameremo «verde» per comodità: il termine non è nel documento ISS);
— alta/molto alta per meno di tre settimane consecutive («arancione»);
— alta/molto alta per più di tre settimane consecutive, e situazione non gestibile («rossa»).
In base a che cosa una Regione rientra in una di queste tre «aree»?
A definire la classificazione di una Regione in una di queste aree/fasce sono, ha detto il presidente del Consiglio, 21 criteri, che definiranno un «coefficiente di rischio»: tra questi, ha detto il premier, «il numero dei casi sintomatici, i ricoveri, i casi nelle Rsa, la percentuale di tamponi positivi, il tempo medio tra sintomi e diagnosi, il numero di nuovi focolai, l’occupazione dei posti letto sulla base dell’effettiva disponibilità».
Chi stabilirà che una Regione è in una fascia o in un’altra?
A determinarlo sarà il ministero della Salute — «l’inserimento di una Regione in una delle tre aree, con conseguente attivazione automatica delle misure previste, avverrà con un’ordinanza del ministro della Salute», ha detto Conte — sulla base di un monitoraggio settimanale, coordinandosi con il presidente della Regione stessa.
Per quanto tempo una Regione rimarrà in un’area — ad esempio, «rossa» o «arancione»?
Dipenderà dai dati: il meccanismo di entrata e uscita in una categoria o in un’altra — ha detto Conte — sarà automatico. E automatica sarà dunque anche l’attivazione delle misure che scatteranno, progressivamente, all’ingresso di una Regione in una fascia.
Quali saranno le misure che scatteranno nelle diverse fasce?
Non lo si sa ancora: il governo ne dovrà discutere con le Regioni.
Quello che si può dedurre da quanto detto da Conte è che per le Regioni nella categoria «verde» varranno le misure adottate a livello nazionale (ad esempio: i limiti alla circolazione delle persone nella fascia serale — il cosiddetto «coprifuoco» —, la chiusura dei centri commerciali nei festivi e nei weekend, la chiusura di sale gioco e bingo e dei musei, la riduzione al 50% della capienza dei mezzi pubblici, etc: tutte misure non ancora confermate ufficialmente, ma di cui il presidente del Consiglio ha parlato in Parlamento).
Se la Regione dovesse entrare nella categoria «arancione», scatteranno in automatico misure più restrittive; se poi passasse alla categoria «rossa», le misure si farebbero ancora più rigide.
In quest’ultimo caso, il documento dell’Iss parlava ad esempio di «restrizioni generalizzate con estensione e durata da definirsi rispetto allo scenario epidemiologico», accanto alle «limitazioni della mobilità da/per le zone interessate», ma anche la «chiusura delle strutture scolastiche/universitarie», sempre per l’estensione e la durata richieste dall’andamento dell’epidemia, «ed attivazione della didattica a distanza sempre ove possibile».
Conte ha specificamente parlato, in Aula, di una limitazione della circolazione delle persone da e verso le Regioni considerate più a rischio.
Nelle scorse ore, erano circolate ipotesi relative ad altre norme legate all’appartenenza di una Regione alle aree/fasce più a rischio: tra le altre, la possibilità di estendere alle scuole medie la didattica a distanza, la chiusura di negozi e attività commerciali (fatte salvo le attività essenziali, come farmacie, alimentari, edicole), la chiusura di bar e ristoranti anche a pranzo.
Queste misure — è bene ribadirlo — non sono ancora state confermate.
Quando ogni Regione saprà in quale fascia si trova, ogni settimana?
I dati arriveranno su base settimanale, insieme con il monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità (che usualmente viene pubblicato ogni venerdì pomeriggio).
Se una Regione dovesse rispondere ai criteri per entrare tra le aree a rischio, l’ordinanza del ministero della Salute e del governatore della Regione scatterebbe immediatamente — in modo automatico.
La permanenza di una Regione in una o nell’altra fascia sarà stabilita su base settimanale: insomma, una Regione potrebbe essere «rossa» una settimana, «arancione» quella dopo, o viceversa.
Va precisato che le due fasce a maggior rischio — alta/molto alta per meno di tre settimane consecutive e alta/molto alta per più di tre settimane consecutive — vengono determinate anche in base a una variabile temporale: per entrare nell’area «rossa» una Regione dovrà avere dati molto negativi per più di tre settimane di fila, e dunque le misure restrittive non dovrebbero giungere del tutto inattese.
Al momento, non disponendo dei 21 criteri in base ai quali verrà determinato il fattore di rischio, né del «peso» che a ogni criterio verrà attribuito, il Corriere non è in grado di determinare in modo indipendente né se vi siano già Regioni che ricadrebbero nella «fascia rossa», né se ve ne siano con valori molto negativi già da due settimane, il che porterebbe — in caso di conferma dei dati il prossimo venerdì — l’ingresso automatico in «zona rossa».