L’onore dell’ultima parola
Alfonso Gaetano e il congedo civile che dà lezione alla politica: Per chi non applaude il potere, ma lo guarda negli occhi.
Fonte: U’Ruccularu
Crotone, quartiere Tufolo-Farina.
Un ex operaio, oggi nonno, saluta la comunità che ha rappresentato per anni senza ruoli istituzionali né tornaconti personali.
Lo fa con un messaggio accorato, un ringraziamento sincero, e soprattutto con una lettera aperta al Prefetto di Crotone che — a volerla leggere bene — suona come un manifesto di civismo vero. Di quello che manca sempre più.
Alfonso Gaetano si dimette.
Lo fa dopo mesi di tensioni, richieste inevase, sospetti infondati e accuse striscianti.
Ma soprattutto dopo aver portato, insieme al Comitato di Quartiere Tufolo-Farina, una delle vertenze civiche più dignitose e documentate degli ultimi anni: quella delle strade private a uso pubblico dimenticate dal Comune, quella delle case popolari in via Israele costruite contro ogni logica urbanistica, quella del verde che non c’è e dei bambini che non hanno un parco giochi.
Eppure, alla fine di tutto, l’“avversario politico” diventa lui.
LA LETTERA AL PREFETTO: UN ATTO CIVILE PRIMA CHE POLITICO
Nel suo congedo, Gaetano sceglie di non alzare i toni, ma di scrivere una lettera aperta a Sua Eccellenza il Prefetto.
È una lettera che tutti dovrebbero leggere:
per forma, contenuto e stile.
Nessun attacco, nessun risentimento.
Solo gratitudine istituzionale e richiesta di verità.
È lì che si dissocia con garbo da ogni tentativo di strumentalizzazione.
Il Prefetto viene elogiato per la sua imparzialità e per aver mantenuto, pur in un contesto teso, la dignità del confronto.
Quello che — testualmente — non c’è stato, ma “non per colpa nostra e sicuramente non per colpa della Prefettura”.
Un chiarimento necessario, soprattutto in una città dove ogni gesto rischia di essere letto in modo distorto, se non addirittura sospetto.
IL CIVISMO COME PRESIDIO CONTRO LA RABBIA
Alfonso Gaetano lo scrive chiaramente: il Comitato è stato, per anni, l’argine alla rabbia.
La diga contro il disincanto che dilaga quando le istituzioni ignorano i bisogni concreti della gente. Non ha mai chiesto nulla in cambio.
Non ha mai cercato una candidatura.
E quando qualcuno, con allusioni e insinuazioni, ha provato a ridurlo a un semplice “ambizioso”, lui ha scelto di dimettersi per dignità.
Una scelta che non è fuga.
È una forma di disobbedienza civile morale, rivolta non contro le istituzioni, ma contro chi ne abusa o le riduce a spazi di potere personale.
IL VOLTO DEL NONNO CHE GUARDA OLTRE
Nel passo più intenso della sua lettera, Gaetano ricorda il nipotino.
“Quando lo guardo, penso a tutti i bambini del nostro quartiere e mi chiedo: perché non devono avere un parco giochi? Perché devono camminare su strade rotte?”
Non è retorica. È la domanda che dovrebbe aprire ogni consiglio comunale.
È la vera sostanza dell’impegno civico.
La città vista con gli occhi dei più piccoli e delle loro famiglie.
Ma a quanto pare, in certi uffici, quella domanda fa paura.
Meglio screditare, insabbiare, ridicolizzare.
Meglio dare del “nemico” a chi osa criticare.
IL PARADOSSO DELL’ATTIVISMO NELLA CROTONE DI OGGI
In una città dove il degrado urbano, l’incuria amministrativa e la rassegnazione sociale avanzano, l’unico presidio autentico di partecipazione è stato messo sotto accusa. Perché? Perché troppo attivo.
Perché ha chiesto il rispetto delle norme.
Perché non si è piegato al silenzio.
In fondo, è questo il paradosso più tragico:
in una terra che ha disperato bisogno di cittadini come Gaetano, chi si impegna diventa un problema.
E chi resta in silenzio, magari complice, viene premiato.
UN’EREDITÀ CHE NON PUÒ ESSERE IGNORATA
Il Comitato Tufolo-Farina perde il suo volto più autorevole, ma non può permettersi di perdere la sua voce.
Il rischio, ora, è che l’amministrazione interpreti questa uscita come un’occasione per archiviare tutto: le diffide, le richieste, le battaglie.
Sarebbe un errore gravissimo.
Politico e morale.
Perché se c’è una cosa che Alfonso Gaetano ci lascia in eredità, è la dimostrazione che il civismo non si compra, non si guida, non si cancella.
Si può solo rispettare. E imitare.









