Crotone. Dopo il gong: cosa resta della città di Voce

DOPO IL GONG: COSA RESTA DELLA CITTA’ DI VOCE
Note, voci e dettagli del post-dimissioni che raccontano una città sospesa tra trauma e rimozione.

Fonte: U’Ruccularu

IL TEMPO TECNICO: VENTI GIORNI SOSPESI
Le dimissioni di Enzo Voce non sono ancora definitive.
Per legge, il sindaco ha 20 giorni di tempo per ritirarle o confermarle.
Una finestra che a Crotone vale come un periodo di penitenza collettiva: venti giorni di sospiri, pronostici, dirette Facebook e teorie del complotto.
Infatti c’è chi è pronto a giurare che il sindaco ritirerà le dimissioni nelle prossime ore, addirittura a furor di popolo. Si vedrà.
Nel frattempo, il Comune funziona “a mezzo servizio”: assessori che restano in sella per inerzia, uffici immobili, progetti PNRR in bilico.
Persino la comunicazione istituzionale si è ammutolita: niente post, niente selfie, niente “Crotone positiva”.
Solo silenzio, come in una palestra vuota dopo l’ultimo incontro.

VIA ISRAELE: IL DETONATORE URBANISTICO
L’origine del disastro è in un foglio di carta intestata: la Delibera di Giunta n. 325 del 10 luglio 2025, con cui l’amministrazione approva la costruzione di 24 alloggi di edilizia sociale in via Israele, con fondi di agenda urbana destinati alla Riqualificazione di alloggi popolari a Fondo Gesù.
Un’area che il Piano Strutturale Comunale (PSC) indica come “verde pubblico attrezzato” ma che risulta nei fatti di un privato che gode dei diritti di superficie.
Il Comitato di Quartiere Tufolo-Farina reagisce subito, protocollando un’istanza di annullamento in autotutela e allegando i pareri tecnici contrari degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti.
La loro tesi: il progetto è urbanisticamente illegittimo e socialmente miope.
Ma invece di aprire un confronto, il Comune chiude a riccio e avanti.
Da lì, l’escalation fino al “pugno di troppo”
Nel palazzo della provincia in presenza del neo eletto consigliere Ferrari.
Nel caos generale di queste ore però, qualcuno si sta adoperando per forzare la mano provando a far passare la cessione dei diritti di superficie uno studio notarile anziché dal segretario Generale comunale.

LA MACCHINA AMMINISTRATIVA NEL CAOS
Dopo le dimissioni, la città si ritrova con una giunta decapitata e una struttura dirigenziale paralizzata.
I progetti restano congelati e le scelte di indirizzo politico vengono meno.
Senza un sindaco in carica, la firma politica sui mandati di pagamento e le approvazioni dei SAL (stati di avanzamento lavori) diventano questioni delicate.
Fonti interne al Comune raccontano di un clima da “fine impero”: impiegati disorientati, assessori che non sanno se firmare, dirigenti che aspettano ordini “da chi non c’è più”.
E mentre la città discute dei pugni, la burocrazia rischia il blocco totale.

IL CALCOLO POLITICO: CHI GUADAGNA DAL CAOS
Dietro ogni crollo, c’è sempre qualcuno che fa i conti.
Le dimissioni di Voce aprono una voragine politica a meno di un anno dalle elezioni comunali del 2026.
Tre i blocchi in movimento:
Il centrodestra di Occhiuto e Ferrari, che ora può riscrivere la narrazione: il civismo di Voce era un “fallimento morale”, la destra è la garanzia di stabilità.
Ma dovranno spiegare perché, fino a ieri, quel sindaco lo sostenevano in silenzio.
Intanto si iniziano a fare fanta nomi: chi dice Sergio Torromino, chi riflette su Salvatore Pacenza.
Il centrosinistra, spaccato tra i fedeli del PD provinciale di Leo Barberio vicino alla segretaria cittadina Annagiulia Caiazza, che rivendica il “diritto di dire la verità” e gli scissionisti guidati da Andrea Devona, Giuseppe Scali e Alessandra Pugliese.
Intanto il PD è in attesa di commissariamento mentre Il movimento 5 stelle potrebbe provare ad esprimere un candidato forte moralmente dopo il ripescaggio della Barbuto in consiglio regionale.
I civici orfani di Voce, pronti a riciclarsi come “vittime del sistema mediatico”.
Alcuni già parlano di “macchinazione politica orchestrata dai poteri forti” — la frase preferita di chi non sa chiedere scusa. Cretella rimane sullo sfondo.

LA LETTURA PSICOLOGICA: DALL’IDEALE ALL’IDENTITÀ
Molti si chiedono cosa abbia spinto un professore di liceo, ex attivista ambientalista, a diventare l’immagine stessa del potere aggressivo che un tempo denunciava.
La risposta, forse, sta nel paradosso del civismo assoluto:
quando ti convinci di essere l’unico onesto, ogni critica diventa un insulto personale.
E quando il potere si riduce all’ego, il dialogo finisce.
Crotone, in fondo, è solo lo specchio di un’Italia dove la rabbia è più riconoscibile del ragionamento e dove ogni sindaco si sente un profeta incompreso nonché un padrone della città che amministra anziché un rappresentante delle istituzioni e della costituzione.

COSA SUCCEDE ORA
Entro il 17 novembre 2025, Voce dovrà confermare o ritirare le dimissioni.
In caso di conferma, il Prefetto scioglierà il Consiglio comunale e nominerà un commissario prefettizio fino alle elezioni 2026.
I principali dossier aperti (PSC, PNRR, bilancio, Antica Kroton, impianti sportivi) passeranno sotto gestione straordinaria.
Sul piano politico, invece, è già partita la corsa alla successione.
Da piazza della resistenza filtrano due ipotesi:
un commissariamento lungo fino a maggio oppure la tentazione di qualcuno di convincere Voce a ripensarci per “salvare la continuità amministrativa” ed evitare che un commissario prefettizio possa scoperchiare un vaso di pandora che la guardia di finanza ha posto all’attenzione della Procura e dell’opinione pubblica.
Ma dopo un pugno, la continuità sarebbe un boomerang.

IL SILENZIO DOPO IL RUMORE
Ora che il sindaco si è fatto da parte, resta solo il rumore di fondo:
le tifoserie social, i commenti da tastiera, gli sguardi increduli di chi ancora non capisce come si sia arrivati fin qui.
Ma forse la verità è semplice:
a furia di trasformare la politica in spettacolo, Crotone è diventata il suo stesso pubblico, applaudendo i colpi invece delle soluzioni.