di Elvira Terranova
Fonte: Adnkronos
CROTONE – «Noi ringraziamo di cuore il Presidente Mattarella, che è venuto qui due giorni fa. So che è un uomo di parola, il popolo italiano è un popolo grande e il governo italiano è potente. Noi afghani, parenti delle vittime, chiediamo aiuto al governo e al signor Presidente che è venuto qui e ci ha promesso che avrebbe fatto il possibile. Noi siamo qui per portare queste vittime nei paesi di origine o nei paesi dove vivono». A parlare, in un italiano incerto, è Mohammad Haroon Faizi, un ragazzo afghano che vive in Italia dal 2015. E’ lui il primo a prendere la parola al presidio davanti alla Prefettura organizzata da 277 associazioni riunite sotto la sigla “Rete 26 febbraio”. «Speriamo che il Presidente mantenga la sua parola – dice Mohammad – E la metta in pratica». Poi dice: «Vogliamo due cose: che debbano continuare le ricerche dei dispersi e che le vittime recuperate dal mare vengano trasferite nei paesi di origine. O dove vogliono i parenti. Ancora non è chiaro. Sappiamo che hanno detto ”Faremo prima possibile”, ma non sappiamo nulla». «Ci dicono solo ”dovete essere calmi”. Per avere il certificato di morte deve essere il comune a venire da noi o dobbiamo andare noi dalla Polizia? Non ci dicono nulla».
«Abbiamo il diritto da esseri grattati da esseri umani. Noi siamo qui per chiedere aiuto -dice – e poi le salme iniziano a fare cattivo odore, vanno spostate da lì. Tutti sono preoccupati, i familiari. Noi vogliamo solo sapere cosa fare. Basta saperlo, noi vogliamo che la gente possa portare via i propri cari. Tutti abbiamo un lavoro, e rischiamo di perderlo». E conclude: «Non vi preoccupate, non siamo dei pesi, io lavoro come voi. Tutti volevano una vita come voi». «Brancoliamo nel buio senza alcuna informazione – dice poi Manuelita Scigliano dell’associazione Sabir -. Siamo il loro punto di riferimento. Siamo noi a essere martellati dalle loro richieste. Che documenti dobbiamo preparare? Non sappiamo nulla. Va data la documentazione ma anche le risposte. Mattarella ha promesso di facilitare le pratiche».
«Chiediamo che ci sia un vero coordinamento. Non li si può lasciare soli: servono risposte concrete. Sarà una procedura lunga. Molti speravano di partire oggi ma non è possibile. Va garantito il rispetto: bisogna garantire il rispetto per il culto religioso. Molti lamentano di non avere potuto espletare pratiche del loro culto. Rispetto e risposte».
“Sono arrivata dall’Olanda, perché non vedevo l’ora di riabbracciare dopo anni mia sorella e i suoi figli, avevo anche portato dei giocattoli per le bimbe, ma ora mi ritrovo solo delle bare con dei corpi irriconoscibili”. Piange, Mina, Aisha, una signora di 50 anni con il viso stravolto dalla disperazione, originaria dell’Afghanistan, che da alcuni anni vive in Olanda. Era arrivata sabato a Crotone, in attesa dell’arrivo del barcone con a bordo la sorella e i suoi nipotini, tra cui una bimba di 7 anni. “Ci eravamo sentite anche la sera di sabato e mia sorella mi aveva detto che dopo poche ore sarebbero arrivate sulle coste di Crotone. Poi, all’alba, la tragedia. E ora mi ritrovo qui, al Palasport a piangere sui corpi dei miei cari. Tutto questo non è giusto”, si dispera la donna. Ad occuparsi della donna è Francesca Cardamone di Sos Villaggio dei Bambini, che in questi giorni ha ascoltato molte storie tristi, tutte simili, di mancati ricongiungimenti di famiglie lontane da anni.
Mina sta aspettando da ieri l’avvio delle procedure per il rimpatrio delle salme. Oggi ha partecipato al sit in di protesta organizzato davanti alla Prefettura di Crotone, insieme con tanti altri parenti delle vittime o dei dispersi. Accanto a lei c’è un’altra donna, anche lei vestita di nero. Anche lei ha perso diversi familiari. Le storie si assomigliano tutte, nella loro disperazione. “Siamo arrivati in macchina dall’Olanda – spiega Mina all’Adnkronos – doveva essere una festa, invece è una tragedia”. Ma Mina non è la sola ad aspettare i documenti per potere riportare a casa i propri cari. Sono numerosi i parenti, arrivati soprattutto dalla Germania e dall’Olanda, che stanno cercando di capire come potere riportare in Afghanistan i familiari morti nel naufragio. Fino a questo momento il maggior numero di richieste per il rimpatrio arrivano dalla Germania e dell’Afghanistan. “Sentirò la Farnesina per vedere come risolvere il problema delle salme che torneranno in Afghanistan. Sarà necessario farle transitare attraverso un Paese che abbia rapporti con Kabul”, ha precisato Khaled Zekriya, l’ambasciatore afghano in Italia nominato dal vecchio governo di Kabul prima del ritorno al potere dei talebani, che nei giorni scorsi è venuto a rendere omaggio alle vittime.
L’ambasciatore si è recato sulla spiaggia di Cutro. “I feretri dei familiari che non hanno prestato il consenso alla sepoltura in Italia sicuramente verranno trasferiti a Kabul”, ha spiegato.
“Io sono stato insieme alle persone arrivate in città per identificare i loro cari – spiega Ramzi Labidi, mediatore culturale – e sono stato con loro durante la visita del presidente Mattarella che ha mostrato la sua vicinanza e ha dato disposizioni immediate per sostenere le famiglie per il loro alloggio. Perché ci sono famiglie che non sapevano dove andare e hanno dormito fuori. Un somalo di 14 anni mi sta chiamando tutti i giorni chiedendo informazioni perché suo fratello è disperso in mare – dice -.Bisogna continuare le ricerche, bisogna dare risposte alle famiglie. Qui, Crotone lotta tutti i giorni per l’immigrazione. E’ una terra difficile già per un italiano immaginate per un immigrato! Abbiamo lottato per il decreto sicurezza – precisa – ma ora ci troviamo a lottare per il decreto naufragi! Basta salvare al mare vittime, basta. Date la possibilità alle Ong di aiutare le persone che sono in fuga dalla guerra”.
“Io sono arrivato dal Pakistan da una settimana perché mio nipote è morto – spiega un giovane, ad occhi bassi -. Adesso vorrei il certificato morte ma non si capisce come fare. Volevo chiedere all’ Italia di aiutarci ad avere i documenti dei nostri cari, perché la Prefettura non li da,ma neppure il Comune o la Polizia. Per favore aiutateci”.
Anche Mohammad Haroon Faizi, un uomo afghano che vive in Italia dal 2016, ha chiesto di parlare per ringraziare i crotonesi per l’accoglienza, ricordando al Governo italiano “e al signor presidente Mattarella di mantenere la promessa che ci ha fatto. Di facilitare le pratiche burocratiche per i documenti dei nostri cari e per portare le salme nel paese in cui ora viviamo”.
Tra la folla vi è una comunità curda ben integrata in città che ha subito dato aiuto ai connazionali arriavati a Crotone. Certamente i familiari delle vittime vivono un dramma nel dramma. Hanno dovuto riconoscere i loro cari da una fotografia, saltando i rituali della sepoltura sacri per i musulmani, non possono ancora portare nel loro paese i corpi e non è dato sapere quando si celebreranno i funerali. Un lodevole servizio continuano a darlo le associazioni, i volontari, i mediatori culturali che hanno assistito decine di persone dando loro supporto emotivo e psicologico ma soprattutto un abbraccio e una carezza nel momento del dolore più forte, quello del riconoscimento dei cari. Nella piazza fanno eco le urla “Assassini, assassini” mentre la Rete 26 febbraio chiede giustizia e nessuna passerella politica.